Disuguaglianza e povertà sono un ostacolo allo sviluppo umano e alla crescita economica. Lo afferma l’Ocse, che sostiene la necessità di contrastarle con politiche che favoriscano socializzazione, scolarizzazione, inserimento lavorativo e tutela della salute. Un approccio mai applicato in Italia.
Autore: Emanuele Ranci Ortigosa
Direttore scientifico IRS Istituto per la Ricerca Sociale
direttore Prospettive Sociali e Sanitarie
Oggi quasi la metà delle famiglie in povertà assoluta non percepisce alcun trasferimento monetario. Mentre un quarto della spesa assistenziale nazionale va a nuclei familiari con redditi nettamente superiori. Serve dunque un nuovo sistema di politiche per chi è in difficoltà. Risorse e resistenze.
Che si cominci dalle famiglie povere con figli, come prevede la legge di stabilità 2016, o dai pensionati, l’importante è avviare un percorso che riveda in modo ampio e approfondito il nostro sistema assistenziale. Per sanare le iniquità e per rispondere al complesso dei bisogni delle persone.
L’introduzione di un reddito minimo è quanto mai urgente e necessaria. Ma come disegnare la misura? Universalismo selettivo e risorse da recuperare secondo una logica redistributiva sono i criteri guida. L’erogazione monetaria va affiancata da interventi di promozione sociale e lavorativa.
Anche in un periodo di crisi e tenendo conto delle esigue risorse disponibili, si può riformare l’assistenza sociale, in modo da garantire efficacia ed equità. Purché non si persegua solo il contenimento della spesa pubblica. La proposta dell’Irs prevede il decentramento di funzioni e risorse alle istituzioni del territorio. Tra le misure, un sostegno monetario alle famiglie con figli complementare a politiche di conciliazione dei tempi di lavoro e cura; l’introduzione di un reddito minimo di attivazione per il contrasto alla povertà e una dote di cura per anziani non autosufficienti.
I diritti ignorati dalla sentenza della Consulta
Di Emanuele Ranci Ortigosa
il 22/06/2015
in Commenti e repliche
La sentenza 70/2015 della Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale della legge 214 del 2011 laddove limita o annulla la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo Inps. Il rimborso integrale dei trattamenti bloccati – comprendendo tutto è stimato in circa 18 miliardi – metterebbe in seria difficoltà la nostra finanza pubblica.
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