Le classificazioni usate per definire e valutare le politiche economiche appaiono obsolete. Se decidesse di classificare come investimenti alcune spese oggi definite correnti, l’Unione europea dimostrerebbe che i suoi valori stanno veramente cambiando.
Autore: Enrico Giovannini Pagina 1 di 2
È stato ministro del Lavoro e delle Politiche sociali dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014. È stato Presidente dell'ISTAT dal 2009 al 2013. Dal gennaio 2001 è stato Chief statistician dell’OCSE e direttore della Direzione statistica, che si occupa dello sviluppo e coordinamento delle attività statistiche dell’Organizzazione. In questa posizione, è stato responsabile della vasta produzione statistica dell'OCSE e ha rappresentato l'Organizzazione in tutti i maggiori comitati statistici internazionali (ONU, Commissione Europea, etc.), contribuendo allo sviluppo della statistica a livello mondiale. Dal novembre 2002 è anche professore straordinario di statistica economica all'Universita' di Roma "Tor Vergata".
La Ue dovrebbe affrontare la crisi da coronavirus con un approccio sistemico, volto alla ricostituzione della quantità di capitale economico, umano e sociale preesistente. Sarebbe un impegno nello spirito del Trattato di Lisbona. Ecco come quantificarlo.
L’introduzione di indicatori di benessere equo e sostenibile nella definizione delle linee programmatiche del governo segnala l’ambizione di considerare grandezze che vadano oltre il Pil anche nella fase di disegno delle politiche. Sfide metodologiche che necessitano di investimenti in ricerca.
Con riferimento allarticolo Se lIstat (si) rifà il trucco non posso che dissentire dallautore per almeno tre ragioni:
– in primo luogo, trovo assolutamente fuori luogo il titolo dellarticolo, il quale tende a far credere al lettore che lIstat abbia scelto il grafico del tasso di variazione invece che quello in livello per fare trucchi: voglio rassicurare i lettori che tali giochetti sono al di fuori della cultura e della pratica dellIstituto e sfido lautore a dimostrare il contrario;
– secondariamente, vorrei far notare che nel comunicato stampa sui conti trimestrali vengono regolarmente riportati i grafici relativi alle variazioni percentuali tendenziali e congiunturali, nonché ai livelli del Pil ai prezzi dellanno precedente, cioè esattamente quello che lautore suggerisce allIstat di usare;
– infine, lautore non rileva che per sei delle otto variabili considerate nei grafici posti al centro della home page, a cui si fa riferimento nellarticolo, lIstat utilizza le variazioni percentuali oltre che per il PIL, anche per prezzi al consumo, prezzi alla produzione, produzione industriale, retribuzioni e vendite al dettaglio e i livelli per le altre due (occupazione e tasso di disoccupazione), seguendo in questo le pratiche tipiche di altri istituti nazionali di statistica e di vari istituti di ricerca. Dovendo scegliere un solo grafico riguardante il PIL per lhome page, si è ritenuto opportuno concentrare lattenzione sul dato sintetico più significativo, cioè sul tasso di variazione tendenziale, più che sul livello assoluto (a tale proposito segnalo allautore che, per doverosa omogeneità, anche nel comunicato stampa dellindice della produzione industriale sono riportati i grafici sia dei livelli, sia delle variazioni percentuali).
Spero che La Voce, alla quale ho avuto il piacere di contribuire personalmente e della quale apprezzo il lavoro, eviti in futuro di giocare con titoli ambigui, ma continui ad alimentare, anche in campo statistico, un serio dibattito su come lIstat possa servire meglio lutenza. Lattenzione dellIstituto, infatti, è da sempre rivolta a migliorare la fruibilità dei propri dati, come dimostra lampliamento del numero dei comunicati stampa (quasi 300 allanno), la realizzazione del data warehouse I.Stat, del nuovo sito e dellarchivio storico (oltre 1500 serie storiche di lungo periodo), la messa a disposizione gratuita dei file dei microdati per la ricerca, solo per citare le innovazioni degli ultimi mesi. Daltra parte, laumento del numero di visitatori giornalieri (+32% nel primo semestre 2011 rispetto al 2009), delle pagine visitate (+76%), dei Mbyte scaricati (+170%), nonché le 15mila richieste estemporanee di dati (evase per 2/3 in 24 ore) testimoniano il crescente ruolo svolto dallIstituto nel soddisfare la domanda di informazione statistica.
Consci della complessità dei bisogni dellutenza, lIstat accoglie favorevolmente ed incoraggia ogni forma di scambio di informazioni che possa portare ad un miglioramento del servizio. Visto che lautore segnala di avere difficoltà a trovare certi dati sul nuovo sito, lo pregherei di segnalarcele, così da migliorare il servizio offerto. Naturalmente, tale invito è esteso a tutti i lettori de LaVoce.info, i quali possono scrivere allindirizzo comunica@istat.it
L’Istat ha affidato ad una società privata, tramite gara, alcune fasi della rilevazione delle forze di lavoro. Nulla cambia rispetto alla piena titolarità dell’indagine, che resta all’Istituto. Sempre Istat determina i contenuti e le metodologie della rilevazione ed effettua i necessari controlli di qualità in tutte le fasi del processo. La scelta ha comunque suscitato un acceso dibattito. Ma i problemi della statistica sono altri: dal continuo taglio di risorse che mette l’Italia all’ultimo posto per spesa pro-capite tra tutti i paesi europei alla scarsa flessibilità organizzativa.
Un’indagine promossa dall’Ocse rivela che gli italiani hanno un grado di conoscenza approssimativo di variabili macroeconomiche fondamentali come inflazione, disoccupazione e Pil. Solo un terzo degli intervistati accetta di rispondere alle domande su questi temi e quelli che lo fanno tendono a sovrastimare tutti i dati statistici ufficiali. Quasi la metà del campione non è interessata ad avere più informazioni. Questi risultati confermano l’impressione comune che il dibattito politico si svolga senza punti di riferimento chiari e condivisi dalla società.
Studi empirici dimostrano che i cittadini non esprimono le proprie preferenze politiche sulla base di dati di fatto, ma fondano le loro scelte sull’ideologia o la propaganda. Alcuni paesi hanno avviato un monitoraggio della loro situazione economica, sociale e ambientale basato su un numero limitato e condiviso di indicatori statistici. Con l’obiettivo di comprendere meglio i problemi e consentire decisioni più informate e razionali. E’ un percorso da seguire anche in Italia. Perché la costruzione di un paese moderno richiede una piena coscienza della realtà.
Visione strategica del ruolo della statistica pubblica, adeguati investimenti e rispetto dell’indipendenza della funzione statistica sono condizioni ineludibili per una società dell’informazione efficiente e per una democrazia moderna e funzionale. Un serio ripensamento dell’assetto istituzionale del Sistema statistico nazionale alla luce delle modificazioni della società e della politica sarebbe dunque auspicabile, magari a partire dai principi posti alla base della statistica comunitaria e contenuti nella nuova Costituzione europea.
Negli ultimi anni, statistiche ufficiali, sondaggi dopinione, commenti raccolti per la strada, stime econometriche sono diventate “realtà” indiscutibili, finendo però per rendere tutto indeterminato. Ora è necessario arrivare alla definizione di un insieme condiviso di dati e indicatori statistici per vagliare la situazione di un paese sotto vari aspetti. Anche lItalia deve accelerare la riflessione su questo tema chiave. Perché lo sviluppo di scelte politiche valutabili su dati di fatto è una caratteristica irrinunciabile di un paese moderno.
Verso la comunicazione delle pensioni attese
Di Enrico Giovannini
il 20/12/2013
in Commenti e repliche
“In un’epoca e in un paese in cui tutti si fanno in quattro per proclamare opinioni o giudizi, il signor Palomar ha preso l’abitudine di mordersi la lingua tre volte prima di fare qualsiasi affermazione. Se al terzo morso di lingua è ancora convinto della cosa che stava per dire, la dice; se no sta zitto.” Italo Calvino, Palomar.
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