La sanità è stata il principale bersaglio nella ricerca della quadratura dei conti pubblici. Con altri tagli i cittadini sarebbero chiamati a pagare prestazioni ora a carico della fiscalità generale. I recuperi di efficienza vanno utilizzati per colmare le carenze più rilevanti del sistema.
Autore: Enza Caruso
Ricercatrice in Scienza delle finanze presso la Facoltà di scienze politiche dell’ Università di Perugia. In precedenza, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, ha fatto parte della Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica; dell’Alta Commissione per l’attuazione dei meccanismi strutturali del Federalismo Fiscale; della Commissione Tecnica per la Spesa Pubblica. E' stata Consigliere di Gabinetto dell’Assessore alla Sanità della Regione autonoma della Sardegna e ricercatrice all’ISTAT. Ha collaborato e collabora con istituzioni pubbliche e centri di ricerca.
Per la sanità quella appena varata non è una spending review, ma una tradizionale manovra di riduzione della spesa. Impone le stesse misure a tutte le Regioni. Non interviene sulla qualità della spesa, rischiando di spostare semplicemente i costi dal bilancio pubblico alle tasche dei cittadini. Con il pericolo di tagliare ciò che serve e costa poco. Si rinuncia a muoversi sulla base delle più recenti evidenze scientifiche internazionali che mostrano come si possa risparmiare aggredendo l’inefficacia di molti trattamenti ancora ampiamente diffusi nei paesi sviluppati.
Con la manovra di luglio, i concetti di fabbisogno sanitario nazionale e regionale standard, introdotti dal decreto legislativo 68/2011 sul federalismo regionale, cominciano a entrare tra le disposizioni di razionalizzazione della spesa sanitaria. Poiché permangono forti ambiguità sulla ricostruzione ex-post dei livelli di fabbisogno sanitario regionale standard rispetto alla distribuzione ex-ante delle risorse ordinarie assegnate alle Regioni, la norma sui tetti di spesa dei dispositivi medici non è esente da distorsioni, che potrebbero favorire le Regioni meno efficienti.
La manovra prevede che nel triennio 2011-13 non vi saranno rinnovi contrattuali per tutti i dipendenti pubblici e, per il personale docente (istruzione e università), anche il blocco degli automatismi stipendiali legati all’anzianità di servizio. Quando si fanno tagli lineari su strutture retributive che progrediscono con l’anzianità si determinano effetti regressivi che ricadono sulle classi di stipendio più basse, determinando forti iniquità. Se invece si recuperasse il valore della capacità contributiva si potrebbero ripartire le perdite secondo proporzionalità. Meglio ancora, secondo progressività.
Nel 2007 la spesa del ministero dell’Interno è stata appena superiore agli 11 miliardi, il 5 per cento in meno dell’anno precedente. Anche perché il ministero accumula debiti. Ma le politiche di taglio indiscriminato degli stanziamenti hanno il fiato corto se non si accompagnano a una reale riconsiderazione delle attività e dei modelli organizzativi. Paradigmatici gli esempi delle prefetture e della pubblica sicurezza. Con la riorganizzazione dell’articolazione dei servizi si possono ottenere notevoli risparmi.
Nel periodo considerato dall’Indagine della Corte dei Conti la popolazione carceraria è aumentata, mentre sono diminuiti, anche in valore assoluto, gli stanziamenti annuali per la sanità penitenziaria. Il personale sanitario assorbe l’81 per cento della spesa, ma non è possibile conoscere quanta parte sia imputabile al numero di ore lavorate e quanta ai compensi orari. L’indisponibilità di questi dati insieme a quella sull’entità e sulle caratteristiche dei soggetti da assistere, configura nel complesso un sistema privo di trasparenza.
Otto anni fa un decreto legislativo prevedeva il passaggio della competenza sulla sanità nelle carceri dal ministero della Giustizia al Sistema sanitario nazionale. Ma la sperimentazione non si è mai conclusa. E’ una questione di democrazia prima ancora che di costi. La tutela della salute delle persone recluse non può essere limitata da esigenze di sicurezza e confinata nei documenti di programmazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ma deve procedere su un binario unitario insieme a quella del mondo libero .
L’indagine conoscitiva sulla legge 194 dà risultati interessanti. In Italia, dal 1983 al 2003 le interruzioni volontarie di gravidanza si sono ridotte in valore assoluto del 43,5 per cento, mentre il tasso di abortività è tra i più bassi del mondo. Il calo però non riguarda le donne con cittadinanza straniera. Gli aborti occupano mediamente meno del 10 per cento dellattività dei consultori. L’altro 90 per cento è dedicato alla procreazione cosciente e responsabile, alle attività di prevenzione oncologica e ai percorsi di preparazione al parto.