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Autore: Fausto Panunzi Pagina 11 di 15

panunzi Ha conseguito il PhD presso il Massachusetts Institute of Technology. Attualmente insegna Economia Politica presso l'Università Bocconi. In precedenza ha insegnato presso l'Università di Bologna, l'Università di Pavia, Lecturer all´University College London, Research Fellow presso IDEI (Toulouse ) e IGIER. Le sue aree di interesse scientifico sono la teoria dell'impresa, finanza d'impresa e teoria dei contratti. Redattore de lavoce.info.

Un quiz per i nostri lettori

Chi è il settantaquattrenne che ha dichiarato nei giorni scorsi: “La mia missione non è ancora finita; ho ancora la forza, le energie e l’’entusiasmo per candidarmi a un nuovo mandato. Se qualcuno vorrà sfidarmi sarò contento di confrontarmi con lui e, se verrò eletto io, non è scontato che sarà il mio ultimo mandato da presidente. C’’è ancora tanto da lavorare e intorno a me avverto un clima di unità e amicizia che in passato non esisteva”. La soluzione è in fondo all’’articolo.

Quelli che i mondiali…

Ci sono problemi più importanti, lo sappiamo. La manovra finanziaria (chi crede al taglio delle Province?) o le dichiarazioni di Berlusconi (per lui “Governare con la Costituzione è un inferno”. Per noi l’’inferno sarebbe se governasse senza). Ma la notizia oggi è che cominciano i Mondiali di calcio in Sud Africa. Per quattro settimane entreranno nella vita di tutti noi.

Siamo un paese ridicolo

Il ministro per la Semplificazione Calderoli se la prende con il presidente dell’’Inter, Massimo Moratti. Il problema, secondo il ministro, è che i soldi – tanti- che l’’Inter spende per i suoi calciatori e per i suoi allenatori vengono (anche) da incentivi pubblici per l’’energia prodotta con fonti rinnovabili e assimilate. Tra cui il “tar”, l’’ultima scoria della lavorazione del petrolio. “Questa è roba che un’azienda dovrebbe pagare per smaltire. Invece, grazie a una legge, c’’è chi la brucia e prende pure i soldi dallo stato per produrre energia pulita. Ma chi vogliono prendere in giro?”. Onestamente si fa fatica a capire. Calderoli è ministro. Se questi incentivi sono sbagliati, perché il Governo non li elimina subito? Chi dovrebbe farlo? Invece che queste sparate o le stucchevoli Robin Hood tax sui petrolieri, non sarebbe meglio che il Governo promuovesse una maggiore liberalizzazione del settore in modo da ridurre la bolletta delle famiglie? I soldi che ottiene dall’’attività di famiglia, Moratti è libero di spenderli come vuole. Perché non dovrebbe spenderli per calciatori e allenatori stranieri, cosa che sembra irritare Calderoli? Secondo il ministro, Moratti rimpiange i soldi spesi per il portoghese Mourinho? E allora perché il Milan aveva lo scorso anno il brasiliano Leonardo come allenatore? E che dovrebbero dire gli inglesi o gli irlandesi che hanno un allenatore della loro Nazionale italiano? Certo, l’’Inter ha avuto in questi anni delle grosse perdite. Tutte però ripianate dai soldi di Moratti. Molto peggio ha fatto il Real Madrid, con perdite ancora maggiori e con una esposizione verso le banche sempre crescente. Nel calcio, in tutto il mondo, non c’’è ancora un salary cap, cioè un monte salari che nessuna squadra può superare. Ciascuna squadra spende quanto vuole. Le regole possono essere cambiate – e il Presidente dell’’Uefa, Platini, sta lavorando a quello che lui definisce il fair play finanziario –  ma al momento Moratti non ha violato nessuna regola. Ha ragione Fabio Cannavaro quando dice che siamo un paese ridicolo. Solo noi abbiamo il ministro Calderoli, l’’amichevole Padania – Regno dei Borboni e un capitano delle Nazionale (quella vera) che, commentando un contratto milionario con una squadra araba sottoscritto a fine carriera, dice: “L’’ho fatto per una scelta di vita”.

Se la tessera del tifoso non piace alle società

Dal prossimo campionato le società di calcio dovranno emettere per i propri sostenitori una tessera del tifoso, nominativa e rilasciata solo dopo il nulla-osta della questura. A opporsi allo strumento sono però alcuni presidenti di club, in nome della libertà dei cittadini. Che è certo un valore da difendere. Ma lo è anche la sicurezza all’interno degli stadi, affidata finora ai poliziotti e pagata dai contribuenti. Perché allora se la tessera non piace, non se ne assumono l’onere le società, come già accade in Inghilterra?

L’Italia meritava l’Euro 2016?

La Francia organizzerà l’Europeo di calcio del 2016. I paesi in gara erano Turchia, Francia e Italia. La decisione dell’Uefa è essenzialmente politica, ma conta anche la valutazione di aspetti più tecnici della candidatura. A partire dalla situazione di stadi e infrastrutture di trasporto. Su questa base non c’erano grandi possibilità per il nostro paese. Eppure l’organizzazione di Euro 2016 poteva essere l’occasione per ristrutturare gli impianti. Con una partnership, però, pubblico-privato per impedire il ripetersi degli sprechi dei Mondiali 1990.

INDIETRO TUTTA

Ieri il Ministro Bossi ha annunciato che i partiti della maggioranza prenderanno il controllo delle banche. Pare che i loro elettori glielo chiedano. In realtà è una vecchia ossessione della Lega. Bossi comunque mette il dito su un punto importante: le fondazioni bancarie sono oggi del tutto auto-referenziali. I loro vertici sono spesso l’ultimo baluardo dei vecchi partiti, un pezzo della Prima Repubblica che è ancora con noi. Chi rappresentano? Quali sono i loro obiettivi? Sono domande legittime. Le fondazioni influenzano, come azionisti, le scelte dei vertici e le strategie delle loro banche da una parte e spendono la loro quota di profitti per attività sociali. Il loro potere è dunque notevole ma a fronte di esso non si capisce a chi rispondano del proprio operato dei vertici delle fondazioni. Le convulsioni di questi giorni all’interno della Compagnia di San Paolo lo dimostrano in tutta evidenza. Bossi, in modo populista, dice essenzialmente: i politici hanno almeno ricevuto i voti dei cittadini. Dunque ad essi devono rispondere i vertici delle banche. Ma come utilizzerebbero i partiti il loro potere? Facile. Come facevano i partiti della prima Repubblica: per favorire imprenditori e società a loro amici e sfavorire quelli nemici. Per far deviare le banche dal perseguire l’obiettivo di profitto a favore di fini sociali non meglio identificati. Come del resto farà la nascitura Banca del Mezzogiorno. Insomma, questo è il sigillo finale, quello che chiude la breve stagione italiana delle privatizzazioni. Indietro tutta, senza pudore, verso il controllo politico del mercato del credito. Le banche, non solo quelle italiane, hanno dato una pessima prova di sé negli ultimi anni. I salvataggi fatti con i soldi dei contribuenti hanno giustamente posto il problema di definire un miglior sistema di controllo dell’attività bancaria. Ma la risposta non è certo una maggiore presenza dei partiti nella vita delle banche. Dalla politica ci si dovrebbe aspettare la lungimiranza di fare un passo avanti, mettendo mano al nodo delle fondazioni e salvaguardando al contempo l’indipendenza delle politiche del credito dall’ingerenza dei partiti. E anche le fondazioni potrebbero beneficiare da un maggior distacco dalle banche, dato che in ogni caso i dividendi che esse pagheranno nei prossimi anni saranno presumibilmente ridotti.  Ma questo è chiedere troppo ai nostri politici. Perché il vincitore delle elezioni dovrebbe rovesciare il tavolo quando è il suo turno di mangiare?

PIL PRIVATI E PIL PUBBLICI

L’Amministratore di Banca Intesa, Corrado Passera ha tenuto una lezione magistrale a Lucca, ampiamente ripresa sulle colonne del Sole24ore. Occasione offerta dall’apertura dell’Anno accademico dell’Institute for Advanced Studies, istituto finanziato dalla sua banca e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, azionista di Banca Intesa. Passera ha sostenuto che il Pil è un indice senza qualità, che il reddito pro capite non tiene conto di molti altri fattori che contano molto di più sul benessere degli individui. In sintesi, forse sarebbe meglio dire in soldoni, non c’è solo il reddito. Bene. Ma mentre pronunciava la sua prolusione, venivano resi pubblici i dati sul compenso che lo stesso Passera si è riconosciuto per il 2009, l’anno più nero per le banche di tutto il mondo. Si tratta di quasi 4 milioni di euro, con un incremento del 27 per cento rispetto ai compensi che l’AD si era riconosciuto l’anno precedente. Se il Pil pubblico è senza qualità, sembrerebbe che il Pil privato non gli dispiaccia poi tanto…

GLI ECONOMISTI E LA PREVISIONE DELLE CRISI. DI FAMIGLIA

Nell’estate del 2007, ad un convegno in Svizzera, presentavamo per la prima volta il nostro lavoro Inheritance Law and Investment in Family Firms, scritto insieme a Andrew Ellul e di prossima pubblicazione sull’American Economic Review. Il lavoro mostra come leggi restrittive sull’eredità, che obbligano il testatore a lasciare una elevata frazione dei suoi beni a ciascuno dei suoi eredi legittimi, abbiano in genere effetti negativi sull’investimento delle imprese familiari intorno al momento della successione. La conclusione principale del nostro lavoro è che ridurre la quota di legittima ha effetti benefici sull’investimento delle imprese familiari (ne avevamo parlato anche su lavoce). Il problema è molto rilevante in Italia dove la quota di legittima è molto elevata. E proprio per motivare la rilevanza del nostro lavoro, avevamo messo nella presentazione del lavoro un lucido che illustrava la complicata situazione della divisione patrimoniale della famiglia Berlusconi, in cui 5 figli nati da due diversi matrimoni si contendevano i beni del premier. Leggiamo su Repubblica dell’11 febbraio che il governo Berlusconi sta studiando una proposta per ridurre la quota di legittima per attenuare i problemi legati alla sua successione. Dopo le norme ad personam, adesso quelle ad familiam. Come cittadini siamo un po’ perplessi dal vedere che il Parlamento vagli quasi esclusivamente norme legate ai problemi del premier. Come economisti, siamo molto soddisfatti. A chi dice che gli economisti non sanno prevedere le crisi e dare consigli utili per affrontarle sappiamo ora come rispondere. Quelle globali forse no, ma quelle familiari alla grande.

PERCHÉ LA CRISI RIMANE FUORI DALLE AULE DI ECONOMIA

Non si parla della crisi nelle facoltà di economia italiane. Rimane una sostanziale impermeabilità dei contenuti dei corsi di microeconomia e macroeconomia. Perché? Contano certo le resistenze di studenti e docenti e il perpetuarsi degli steccati corporativi all’interno della disciplina. Ma la verità è che una buona didattica non è in alcun modo incentivata dal nostro sistema universitario e non lo sarà nemmeno dopo la riforma Gelmini.

VOLTREMONT E IL CALICE DELL’ECONOMIA

Si intitola “Tremonti: istruzioni per il disuso” il libro scritto da cinque economisti. Passa in rassegna in modo impietoso le affermazioni contenute negli scritti del nostro ministro dell’Economia. E dimostra che le sue tesi e le sue previsioni sono molto spesso lontane dalla realtà di dati, numeri e statistiche. Eppure si tratta proprio di quelle stesse affermazioni che hanno contribuito a rendere il ministro l’intellettuale più influente della attuale maggioranza. Perché allora in pochi finora hanno messo in luce le sue incongruenze?

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