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VOLTREMONT E IL CALICE DELL’ECONOMIA

Si intitola “Tremonti: istruzioni per il disuso” il libro scritto da cinque economisti. Passa in rassegna in modo impietoso le affermazioni contenute negli scritti del nostro ministro dell’Economia. E dimostra che le sue tesi e le sue previsioni sono molto spesso lontane dalla realtà di dati, numeri e statistiche. Eppure si tratta proprio di quelle stesse affermazioni che hanno contribuito a rendere il ministro l’intellettuale più influente della attuale maggioranza. Perché allora in pochi finora hanno messo in luce le sue incongruenze?

 

“Tremonti ha francamente scocciato”. Questo è l’incipit del libro “Tremonti: istruzioni per il disuso”. Gli autori sono cinque economisti (Alberto Bisin, Michele Boldrin, Sandro Brusco, Andrea Moro e Giulio Zanella) che si sono firmati come “Collettivo noiseFromAmerika”. E il libro cerca di spiegare perché siano stanchi di Giulio Tremonti. Non tanto, o non solo, per le politiche che ha adottato nella sua ormai lunghissima esperienza come ministro dell’Economia, criticate in questo anni sul sito www.noisefromamerika.org animato dagli autori del libro insieme ad altri economisti italiani che lavorano in università americane, ma per il suo ruolo di ideologo e pensatore.
Giulio Tremonti è uno dei pochi intellettuali che hanno grande ascolto nell’attuale maggioranza e senz’altro quello con maggiore influenza. Un’autorevolezza alimentata da alcuni libri scritti in questi ultimi anni in cui il ministro sostiene di aver previsto la crisi finanziaria e molto altro ancora. Anche a causa di questi auto-attribuiti poteri di chiaroveggente, nel loro libro i cinque economisti chiamano Tremonti Voltremont, l’Oscuro Signore, come il Voldemort della saga di Harry Potter. Dove l’aggettivo “oscuro” viene usato dagli autori nel senso di “non chiaro”, confuso, impreciso.

L’ANALISI DELLE TESI DEL MINISTRO

Il volume passa dunque in rassegna in modo impietoso gran parte delle affermazioni contenute nei libri di Tremonti. Sottolineando come esse non siano quasi mai basate su fatti, numeri, statistiche (e d’altra parte sappiamo dell’avversione nutrita dal ministro verso l’Istat e le sue cifre. Evidenziando come gli apocalittici proclami del ministro sulle conseguenze per l’Italia e per l’Europa dell’apertura commerciale verso la Cina siano in contrasto con le più semplici nozioni di commercio internazionale. Mostrando come le previsioni del ministro siano spesso più erronee di quelle degli economisti da lui tanto disprezzati. E d’altra parte la lungimiranza di chi ha istituito la Robin Hood Tax per tassare i profitti eccessivi di banche e compagnie petrolifere pochi giorni prima che scoppiasse la crisi finanziaria e crollasse il prezzo del petrolio risulta assai dubbia anche a un osservatore poco attento.
E tuttavia il vero punto centrale del libro è un altro. Se gli autori sanno quello che dicono, e non è facile argomentare il contrario, la domanda ovvia diventa: perché in pochissimi hanno messo in luce le imprecisioni e le incongruenze di Tremonti? Perché, al contrario, la lista dei suoi ammiratori – il libro usa per la verità la parola adulatori – è lunghissima? Il ministro Tremonti sembra aver ragione di temere i giornalisti economici italiani principalmente perché lo costringono a ritirare premi su premi. È questo il ruolo della stampa in un paese normale? E hanno ragione gli autori a dire che l’animosità di Tremonti verso gli economisti è solo la manifestazione del fastidio che si prova davanti a chi chiede spiegazioni in un paese in cui ciò sembra essere considerato poco opportuno?
Ma val la pena di chiudere su una nota positiva. Il successo di siti come noiseFromAmerika.org, come lavoce.info, la sorprendente partecipazione di pubblico al Festival dell’Economia di Trento mostrano quanto sia diffuso il desiderio di imparare e saperne di più su una materia considerata ostica come l’economia. Sta allora agli economisti fare uno sforzo di divulgazione. Questo libro fornisce certamente un contributo in questa direzione.

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PERCHÉ LA CRISI RIMANE FUORI DALLE AULE DI ECONOMIA

29 commenti

  1. nino

    Per fortuna qualcuno si sveglia (non voglio offendere nessuno!) da questo torpore che avvolge ormai tutto il paese (con la p minuscola). Qualsiasi, ma proprio qualsiasi individuo che mastica appena di economia sa che il ministro non ne dice una esatta e, aihime!, non ne fa una buona.

  2. Giovanni La Torre

    Sono veramente spiacente di constatare che abbiate recensito, peraltro meritatamente, il nuovo libro sul “pensiero” di Tremonti mentre non avete minimamente preso in considerazione il mio “Il Grande Bluff. Il Caso Tremonti” (Melampo Editore) con prefazione di Curzio Maltese in libreria sin dalla fine di Novembre. Tra l’altro è un libro che sta incontrando un certo successo se solo si pensa che il sito http://www.egeaonline.it lo dà al sesto posto tra i libri più venduti di dicembre. Per me restano sempre misteriosi i criteri che sottostanno alla scelta dei libri da recensire. Se qualcuno vuol dare una risposta avrà dato un contributo alla comprensione. Un caro saluto.

    • La redazione

      Gentile lettore,
      vorrei tranquillizzarla. Non c’è stata nessuna discriminazione nei confronti del suo libro. In realtà lavoce non ha una procedura da seguire per scegliere i libri da recensire. E’ un processo del tutto decentrato in cui ciascun redattore è libero di proporre delle recensioni di libri che possono essere interessanti per i nostri lettori.

  3. anna

    Infatti non ho mai capito per quale motivo viene universalmente lodato per la sua politica lungimirante e perché si dice che l’Italia uscirà meglio degli altri dalla crisi: il fatto che la disoccupazione in Italia sia inferiore ad altre nazioni secondo me è falso, se i disoccupati sono solo quelli iscritti alle liste dei centri per l’impiego non si tiene conto della quantità di persone che non si iscrivono perchè è assolutamente inutile; il debito pubblico sta schizzando alle stelle, non è vero che Tremonti l’abbia tenuto sotto controllo ; i Tremonti bond non li ha voluti praticamente nessuno, a che cosa sono serviti? la social card è costata molto per la gestione e ha distribuito briciole. Come lui, avrei potuto anch’io fare il ministro dell’Economia.

  4. giuppe

    Tremonti non teme soltanto le domande dei giornalisti economici o i giudizi dei suoi colleghi, ma a quanto pare non gradisce che nelle scuole si studi l’economia, infatti con il riordino del quadro orario nei licei, le discipline economiche sono sparite.

  5. aris blasetti

    Certo c’era da aspettarselo, dopo le critiche di Tremonti ai Soloni che non avevano previsto la crisi ecco arrivare le critiche al ministro Tremonti. Ogni critica e’ legittima ma questo sembra proprio il film" La vendetta". Tremonti avra’ molti difetti ma sicuramente ha tenuto l’Italia piu’ al riparo dalla crisi di tanti altri cosiddetti statisti che si vantavano di aver superato il nostro Paese (vedi il Zapatero). Mi aspetto una pronta reazione pepata da parte di Tremonti. Saluti
    P.S. A scanso di equivoci, non sono un militante o iscritto al PDL, ma un libero pensatore in tutti i campi.

  6. CARMINE

    Anche se non condivido quasi nessuna delle idee/tesi degli autori di Noisefromamerika, c’è da dire che hanno scritto un libro – da comprare – il quale mette in luce, la mediocrità culturale ed intellettuale del dibattito economico italiano. Un paese che ha avuto economisti del calibro di Sraffa e Sylos Labini – sempre troppo dimenticati – oggi premia, un ministro che sarà ricordato per i condoni.

  7. loremaf

    Ho comprato e letto il libro la scorsa settimana: che dire.. Tant’è se vi pare! Poi l’altra sera, mercoledì, ho ascoltato in un piccolo paesino della bassa Tito Boeri, molto lucido e non banale nelle sue riflessioni. Il mio cruccio personale è il servilismo dell’informazione, sia quella economica che quella generalista. Il giornale economico per eccellenza addirittura ha osannato il ministro nominandolo uomo economico dell’anno 2009, c’è da resatre esterefatti, per non dire altro. Il bello della vicenda è che il nostro ministro dell’economia rispetto agli altri ministri che circolano, fa perfino bella figura in rapporto ad altri personaggi che si autocandidano al Nobel dell’economia e vanno dicendo di averlo perfino sfiorato. Qui l’unica verità è che rasentiamo il ridicolo con questi ragazzotti pieni di velleità e potere smisurato. Ma dove sono i cani da guardia, il quinto potere? In crociera, su costa crociere!

  8. loredano

    Si è sottilineato un possibile aspetto di inferiorità della stampa nei confronti del potere; forse andrebbe tenuto presente il livello qualitativo dei giornalisti che si limitano a riportare dichiarazioni più o meno contrapposte senza un approfondimento serio. Riporto per analogia la costante esperienza della notizie mediche: a chi come me è un professionista risultano quasi sempre infarcite di errori e imprecisioni senza una minima revisione dei contenuti. Forse è bene chiedersi se un giornalista non debba chiedere una seconda opinione dopo aver scritto il pezzo e prima di pubblicarlo.

  9. Silvestro Gambi

    …e a me sembra sempre più vera l’affermazione "l’economia è quella scienza che consente di prevedere i fatti una volta che sono avvenuti". Siamo nella più perfetta normalità: uno che afferma di aver previsto svariati fatti economici e cinque che si prendono la briga di verificare se è vero, e, potendo di smentirlo.. Tutti insieme operano nella stessa lunghezza d’onda: l’effetto mass mediatico. Personalmente avrei un’idea più noiosa forse ma anche più seria di come è fatto uno studioso di economia. Come le previsioni dei vari maghi che a inizio d’anno vengono intervistati per sapere come saranno i prossimi dodici mesi le verifiche sulle previsioni dell’anno precedente oltre ad essere del tutto inutili sono anche poco educate. Un po’ di spirito di corpo, perbacco!

  10. marco parigi

    Nondimeno, pur tra le giuste critiche (e io non condivido la visione del mondo di Tremonti, ciò che dice quando parla della Cina, le stupidate sull’Istat, etc…), forse c’è un aspetto su cui val la pena stemperare i toni e ammettere, invece, che T. ha avuto una certa lungimiranza: la prudenza e la disciplina di bilancio negli scorsi 16 mesi, la spinta ad allungare la vita media del debito e l’insistenza sul contenimento del deficit entro un certo limite, ovvero senza raggiungere Spagna, Grecie e Portogallo in "doppia cifra". Mi sembra sia ciò che, tra gli altri, riconosce anche Pier Carlo Padoan quando dichiara alla Reuters, "Italy’s prudent fiscal policy is proving a precious commodity saving it from risk premiums which have shot up for countries like Greece". E’ un’idea che ho cominciato a riscontrare anche in alcuni ambienti finanziari londinesi con cui mi confronto lavorando nel settore. L’onestà dell’analisi impone di on fare sconti, come giustamente si fa nel libro, ma a un tempo di non disconoscere i meriti qualora ve ne siano e io credo che quelli di cui sopra lo siano a tutti gli effetti.

  11. federico bernardi

    Finalmente leggo roba seria, finalmente leggo parole associate a dati e statistiche reali, finalmente leggo qualcosa che formalmente e sostanzialmente mette in luce gli aspetti oscuri dei fatti, finalmente l’Italia ha a disposizione un libro che chiarisce, una volta per tutte, il grado di ignoranza e di mancanza di metodo scientifico nel realizzare "analisi" da parte del nostro Ministro dell’Economia e delle Finanze. Leggendo il libro chi non capisce un piffero di economia ha l’opportunità di capire come si ragiona da economista, come si analizzano i fatti, come la realtà descritta da Voltremont sia, di fatto, una fantasia che ci vuole propinare. Le ragioni le conosciamo tutti, cari "colleghi" (e)lettori, il populismo facile facile è una brutta piaga per le sorti del paese, in questo campo il Ministro ha buon gioco. Questo libro dimostra, ancora una volta, che prima di andare a votare è necessario (indispensabile) armarsi di informazioni più o meno dettagliate sui fatti, di onestà intellettuale (per ricordare le parole di Mourinho) e di coscienza sociale.

  12. Luigi Calabrone

    L’attuale ed incancrenita situazione di stallo ed impotenza della politica italiana (e non solo italiana: vedi i PIGS, ecc.), dovuta all’impossibilità dei governi (di destra e di sinistra) di frenare la crescita della spesa pubblica, situazione maturata nel corso degli anni ’80 e cui il paese non è in grado di porre rimedio, fa sì che nessuna misura razionale possa essere presa dai governi e dal parlamento per risalire la china e reindirizzare l’azione verso il progresso del Paese, anziché, quando va bene, operare fortunosamente al solo fine di rallentarne il declino, iniziato, non a caso, in tali anni (Vedi recente analisi di Ricolfi). In questa situazione – dato anche il modesto livello del personale politico di cui si dispone (a destra e sinistra) – Tremonti ha almeno il merito, nell’ambito dell’attuale governo, di comportarsi con il massimo grado di realismo possibile e per questo viene inoltre periodicamente contestato dai suoi. Credo che noi Italiani ce lo meritiamo, e, per quanto riesce a fare, dobbiamo anche essergli grati. Ciò che scrive non è importante.

  13. ROBERTO

    Io non ce la faccio più a sentire commenti politici ed economici ognuno diverso dall’altro. Chiunque parla dice di avere la ricetta della verità. Io vi dico la mia verità e poi siete liberi di tirarmi addosso le pietre. 1) Riduciamo i costi della politica: 100 deputati, 40 senatori, 7 ministri, nei comuni 5 consiglieri comunali, sembrano calcoli strampalati ma provate a fare il conto sul numero dei politici che esistono in Italia dal Premier fino all’ultimo dei consiglieri circoscrizionali; 2) pubblica amministrazione: dirigenti e funzionari devono aver il posto a rischio come nelle aziende private, devono controllare quello che fanno i dipendenti pubblici – non in termini di orario (leggi Brunetta) ma in termini di produttività fisica – e se sbagliano perdono il posto; vedrete come cominciano a correre gli impiegati pubblici; 3) privatizzazioni e servizi pubblici: la Rai spenda i nostri soldi per fare i telegiornali e programmi culturali e di approdondimenti; in poche parole non voglio pagare i divi Tv Rai con le mie tasse; 4) tetto agli stipendi: il tetto non va messo solo ai dirigenti pubblici ma anche a quelli delle aziende "pubbliche" di fatto, tipo Eni, Ferrovie, Enel. E poi l’ultima parola riguarda il fisco. Fateci detrarre in minima parte tutto quello che spendiamo, creiamo una contrapposizione tra cliente e fornitore e tutti chiederanno la fattura o lo scontrino. Alleggerite gli adempimenti e le aliquote. Polizza fideiussoria chiesta al contribuente quando apre la partita Iva. Le sanzioni per chi sbaglia al 10000%. Non evade più nessuno.

  14. aris blasetti

    Mi pare che il libro recensito sia chiaramente come un attacco politico all’attuale ministro dell’economia per le sue impietose critiche ai signori economisti accademici sempre pronti a pontificare dall’alto della loro supposta scienza infusa. Spiace vedere che le critiche non sono ben viste in un sito che pensavo libero da condizionamenti e che, per altro, mi è sempre gradito leggere. Saluti

  15. clodoveus

    A proposito delle mancate domande scomode da parte dei giornalisti al ministro Tremonti, ed alla conseguente disinformazione, vorrei citare il caso della lettura dell’acronimo "PIGS" a seguito del tracollo delle economie di Portogallo, Grecia e Spagna. La "I" è stata collegata dalla stampa "specializzata" all’"Irlanda". Ma fino a ieri la "I" non stava per "Italia"? E se l’Irlanda si fosse chiamata Eire, quale sarebbe diventato lo stato "I"? Islanda, Iraq, Iran, Indonesia?

  16. Marco Cavallero

    Spesso ci dimentichiamo che Tremonti non è un economista, ma bensì un fiscalista mediocre che si fece le ossa con Franco Reviglio e Rino Formica. Possiamo considerare un guru chi afferma di essere colberterista nel 2010? Mi viene da ridere.

  17. Marcello Novelli

    Io sono un economista dilettante, ma dopo aver letto "La paura e la speranza" di Tremonti penso che anch’io potrei fare il ministro dell’economia in Italia. All’epoca lo definii il peggior libro che avevo letto (e ne ho letti tanti di tutti i tipi), un polpettone di idee non fondate sui numeri e di ideologia da bar. Comprero’ questo libro (e anche l’altro suggerito nei commenti) non tanto per convincermi della pochezza del nostro, ma piuttosto per avere un punto di vista da parte di chi di economia ne capisce davvero (http://www.staimanzo.com/art.asp?an=159).

  18. francesco scacciati

    Il libro di questi rappresentanti dell’estrema destra economica (e dunque direi ormai dell’estrema destra tout court), sta a dimostrare come ormai sinistra e antiberlusconismo presentino un overlapping tutt’altro che assoluto. La destra economica è ferocemente anti tremontiana, soprattutto per le sue esternazioni "antimercatiste". In particolare, questi economisti italiani espatriati negli anni 80 verso il paradiso del liberismo (da esportare insieme alle altre libertà, vedi i loro amici Pinochet e relativi Chicago boys) – diciamo con un lieve understatement – "non più sulla cresta dell’onda" nella loro patria di adozione, sperano, temo con successo, di riciclarsi nel loro paese d’origine, ottenendo anzi, di avere la botte piena e la moglie ubriaca: riseminare le loro idee aberranti e ricevere il plauso dei democratici (e soprattutto degli economisti che fanno riferimento al PD) per il loro antitremontismo (e dunque, per interposta persona) antiberlusconismo.

  19. Charly

    Se Tremonti avesse veramente previsto la crisi dovrebbe forse spiegare perchè come primo provvedimento ha defiscalizzato gli straordinari. I casi sono 2, o non ha previsto una fava, o è un truffatore, che ha impegnato soldi facendosi bello, ben sapendo che tanto non li avrebbe spesi, visto che con la crisi nessuno fa straordinari.

  20. Nicole Kelly

    Uno dei mantra del nostro è la storia che siamo messi meglio perchè il debito privato non raggiunge i livelli di altri paesi, una cosa che a me sembra senza senso, una cosa detta tanto per fare annunci con i numeri. Che significa? Che, siccome famiglie e aziende sono poco indebitate possono essere spremute ancora un po’ con tasse e bazelli? Mi sembra un enunciato che fa il paro con quello che metà del debito pubblico italiano è posseduto dagli stranieri. Ok. Va bene. Però questo vuol dire che l’altra metà è posseduta da famiglie, aziende e, guarda un po’, anche da istituzioni pubbliche italiane, che è come dire che la Pubblica Amministrazione ha crediti con se stessa e che gli italiani sono creditori del loro stesso stato. Una cosa che gli economisti dovrebbero valutare.

  21. Alessandro Sciamarelli

    Personalmente, non posso che rallegrarmi per un libro che finalmente fa un minimo di giustizia e ridimensiona come si deve un simile personaggio, mettendone a nudo tutte le incongruenze e l’inconsistenza degli argomenti da bar dello sport, sempre avulsi da qualsiasi riferimento fattuale o empirico. Il suo disprezzo populista per gli economisti è pari alla sua nota maleducazione. Sinceramente, credo che solo in Italia possa godere di tanto credito, a motivo della pusillanimità della nostra stampa, in primis (il caso Riotta la dice lunga). Non riesco poi a capire di cosa si debba ‘ringraziarlo'(?),come leggo in un commento. Riepilogo: la pressione fiscale nel 2009 è rimasta invariata (42.8% del Pil). Il deficit nel 2009 (secondo l’Istat) sarà al 5.2% del Pil. Il debito, al III trim.2009 è al 116.3% (!! roba da pazzi), ed era al 105.6% nel II trim.2008. L’economia quest’anno farà -4.7% dopo un bel -1.0% nel 2008. Ce n’è abbastanza per rimandarlo nella sua baita a discettare di massimi sistemi e luoghi comuni. Ma ci lasci in pace, per favore.

  22. Gaetano Criscenti

    Alla domanda iniziale si risponde semplicemente citando il tg1 di qualche settimana fa che, introducendo un servizio sull’avvocato tributarista di cui al titolo, dice: "Tremonti ha avuto idee vermente profonde al seminario di Davos" e ci meravigliamo che tutti lo considerino un novello Keynes? Piuttosto bisogna che i giornalisti economici, posto che esistano in questo paese e che non siano già comprati, rivendichino con maggior forza il loro diritto di scrivere d’economia e far domande al ministro dell’economia. Ma si sa, questo è un governo che le domande difficili non le vuole sentire.

  23. Marco Boleo

    Forse la lettura del libro avrebbe evitato a qualche frettoloso commentatore di farla fuori dal vasino. Il giudizio sul Tremonti ministro è di sufficienza. Il libro invece critica le analisi economiche di Tremonti contenute prevalentemente nei suoi due libri: "Rischi fatali" e "La paura e la speranza". In un passo del libro si legge: "Giulio Tremonti, in Italia, gode d’un silenzio-assenso sempre più vasto. A noi questo sembra deleterio, quindi proviamo a criticarlo. Lo facciamo prendendo in esame i suoi principali scritti e atti di governo. Il risultato è un testo irriverente e pignolo, ma che speriamo sia chiaro. La nostra critica si basa su logica, aritmetica e quel poco di economia che basta" (p.7). Quello che si dovrebbe fare prima di criticare è vedere se l’analisi contenuta nel libro è fondata o se è campata in aria. Sugli economisti che non hanno saputo prevedere la crisi consiglierei a qualcuno senza andare troppo lontano uno scritto di Gilles Saint-Paul apparso su questo sito.

  24. MONACUS

    Le voci autorevoli si dovrebbero e si possono levare dalle aule universitarie dicendo che il ministro Tremonti è nudo. Ma il silenzio talvolta confina con la compiacenza aspettando che il ministro chiami a consigli e consulenza. E a questo punto la nudità non si rivelerebbe.

  25. Antonio Aghilar

    Da wikipedia: "La meritocrazia è una forma di governo dove le cariche amministrative, le cariche pubbliche, e qualsiasi ruolo che richieda responsabilità nei confronti degli altri, è affidata secondo criteri di merito, e non di appartenenza lobbistica, familiare (nepotismo e in senso allargato clientelismo) o di casta economica (oligarchia)." Ora: qualcuno sa dirmi quali siano i meriti di uno che fa il ministro dell’economia senza neanche essere laureato in economia e che si contraddice ogni giorno? Un esempio su tutti? La sparata sui derivati. "Sono armi di distruzione di massa" disse una volta il "genio". Quello che però nessuno si premurò di ricordargli, è che fu proprio Lui a permettere con apposita legge la sottoscrizione di derivati da parte degli Enti locali (cosa che ha provocato disastri ancora non ben quantificati). In un altro Paese uno così non farebbe certo il ministro. E pensare che c’è davvero chi lo sta a sentire…

  26. dreag

    Dire che Tremonti non è un’economista è affermare una cosa di cui lui stesso si vanta. Quello che veramente mi indigna è che il Nostro come fiscalista abbia insegnato alle imprese a costituire fondi neri all’estero (perchè questo i fiscalisti fanno, altro che tax-planning) e che poi in qualità di ministro abbia prodotto una serie di condoni per "legalizzare" i capitali evasi.

  27. luigi zoppoli

    Liberale o liberista. Non basta di per sé a qualificare qualcuno? E questo se classificare o attribuire apprtenenze invece chu un giochino inutile avesse un senso. E non ce l’ha. Questa è la consueta scappatoia che, chi ne fa uso, ritiene utile in luogo dell’entrare nel merito delle cose aggiungendo a diversivi dietrologe da bar. Il libro contiene precise critiche a precise affermazioni del ministro. Il merito del discorso dovrebbe essere quello.

  28. Antonio Aghilar

    Il fatto che Tremonti si vanti di non esserre un economista, non vorrebbe dire di per sé nulla (anche io mi "vanto" di non essere un giurista…) se non fosse per il "piccolo" e non trascurabile particolare che Tremonti fa il Ministro dell’Economia e non quello della Giustizia… Non so se mi spiego: quello che questo post (ed il libro di noisefromamerika) credo vogliano porre in evidenza, non è il fatto che Tremonti non abbia dimistichezza con i metodi (quantitativi) propri dell’economia, a cominciare dalla capacità di elaborare le statistiche economiche, ma il fatto che, pur non possedendo tali competenze, egli vanti immaginarie competenze alter-native ed altrettanto immaginari risultati raggiunti nel suo ministero, che lo porrebbero, sempre a suo dire, "al di sopra", appunto, degli economisti. Insomma questa sopravvalutazione narcisistica del personaggio, alimentata anche da certa stampa "ossequiosa", non è dannosa in sé, ma lo diventa (e tanto) nel momento in cui, essendo il Paese in difficoltà serie a causa della totale inadeguatezza delle politiche economiche fin qui adottate, impedisce un lucido ragionamento sul da farsi.

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