Lavoce.info

Autore: Fausto Panunzi Pagina 8 di 15

panunzi Ha conseguito il PhD presso il Massachusetts Institute of Technology. Attualmente insegna Economia Politica presso l'Università Bocconi. In precedenza ha insegnato presso l'Università di Bologna, l'Università di Pavia, Lecturer all´University College London, Research Fellow presso IDEI (Toulouse ) e IGIER. Le sue aree di interesse scientifico sono la teoria dell'impresa, finanza d'impresa e teoria dei contratti. Redattore de lavoce.info.

IL PATRIOTTISMO ECONOMICO È UN’ALTRA COSA

Grande impatto mediatico ha avuto l’annuncio a pagamento sul Corriere della Sera alcuni giorni fa dal signor Giuliano Melani, che invitava gli italiani a comprare i titoli di Stato del nostro Paese, al fine di ridurne il tasso, giunto ormai a livelli quasi insostenibili per la nostra economia. “Compriamoli anche a tasso zero”, arriva a dire l’imprenditore toscano, in un impeto di patriottismo. Non dubitiamo che sia solo l’amore per l’Italia a muovere Melani, ma il suo patriottismo è male orientato.

SPREAD DA INDIGNAZIONE

Le scelte di politica economica che il governo avrebbe dovuto prendere erano chiare fin da agosto. Priorità assoluta ai tagli alla spesa, in primo luogo quella previdenziale, e lotta seria all’evasione fiscale. Per la crescita, liberalizzazione dei servizi e delle professioni, per creare concorrenza dove oggi esistono situazioni di forte potere di mercato, e privatizzazioni. Ma la lettera inviata ai partner dell’Unione Europea parlava d’altro. Neanche l’opposizione sembra avere risposte adeguate. I mercati non hanno apprezzato per nulla e lo spread è arrivato a livelli record.

Un tunnel scavato alla velocità della luce

Ricordate Dan Quayle? E’ stato tra il 1988 e il 1992 il Vice Presidente degli Stati Uniti durante il mandato di George Bush padre ed è rimasto celebre per le sue gaffes. Una volta, entrato in una scuola elementare, suggerì ad un malcapitato alunno di aggiungere una “e” alla fine della parola “potato” (patata) . Che i politici siano spesso ignoranti non è un novità. Ma di solito si tratta di peones o Scilipoti. Più raramente a personaggi di imbarazzante incapacità sono assegnate cariche importanti. Ma ogni Paese ha il suo Dan Quayle e il nostro è il Ministro Gelmini. Commentando l’esperimento del Cern e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha scritto, “Alla costruzione del tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno al 45 milioni di euro”. Un tunnel dal Gran Sasso a Ginevra! Più di 700 km di scavi senza che nessuno ne sapesse niente. Lo avranno fatto per non allarmare i No-Tav. Naturalmente il tunnel esiste solo nella fervida immaginazione del Ministro. Ma i 45 milioni che abbiamo speso per l’inesistente tunnel erano immaginari o reali? E se erano reali, che fine hanno fatto? Non è che li hanno dirottati ad altro uso? Ovviamente all’insaputa del Ministro, nella migliore tradizione di questo governo. Ma poi in fondo questo esperimento che importanza aveva? Che si possa superare la velocità della luce lo sapevamo già. Bastava vedere la rapidità con la quale il Ministro Gelmini nel 2001 passò da Brescia a Reggio Calabria per superare l’esame di abilitazione alla professione di avvocato.

IO NON C’ERO E SE C’ERO DORMIVO

 L’ex-ministro Scajola, lo scorso anno, dopo aver saputo che la sua casa romana era stata pagata in parte dal costruttore Anemone, disse: “Se dovessi acclarare che la mia casa è stata pagata da altri senza saperne io il motivo, annullerei il contratto di acquisto”. Non potendo farlo, ripiegò sulla vendita della casa. Oggi, dal Corriere, leggiamo che la vendita non è stata ancora ultimata. Si sa, il mercato immobiliare è in crisi e ci vuole tempo per trovare un compratore. Ma l’ex-ministro in ogni caso non vuole più approfittare del possesso della casa romana. “Io sono uscito da lì subito dopo aver dato le dimissioni”. Beh, non proprio. “Ultimamente durante le trasferte a Roma sono rientrato. Ma solo a dormire.” Caro ministro, le do una notizia. Sono tanti gli italiani che si trovano nella sua stessa condizione, quella di vedere la propria casa solo per dormire. Gente che lavora fino a tardi la sera per fare gli straordinari e poi deve anche prendere un treno o guidare per tornare a casa. Che torna a casa e trova i figli a letto. Per poi alzarsi presto la mattina dopo e ricominciare la stessa routine. Magari proprio per pagare il mutuo della casa. Ma a loro non risulta che il prezzo della casa sia stato ridotto dal venditore né che la banca invii loro una rata ridotta a causa di tale limitato uso. Lei dice che possono sperare nel suo stesso trattamento?

SE SOLO I CALCIATORI RESTANO SOTTO L’OMBRELLONE

Lo sciopero dei calciatori sembra ormai inevitabile e con esso il rinvio della prima giornata di campionato. Il contrasto tra società e giocatori è su punti importanti quali gli allenamenti dei calciatori che non rientrano più nei piani delle squadre e il pagamento del contributo di solidarietà. C’era però tutto il tempo per arrivare a un accordo, che in ogni caso non può essere trovato sulla base di sussidi ai club.

COME IL PEGGIOR GOVERNO BALNEARE

I cittadini italiani e i mercati internazionali si aspettavano una manovra che tagliasse la spesa pubblica ed in particolare i costi della politica. Si ritrovano con una classica manovra da governo balneare, fatta di nuovi balzelli che ricadono sulle spalle dei soliti noti, i lavoratori dipendenti. Era difficile fare peggio.

PAREGGIO DI BILANCIO: È MEGLIO FARLO SUL CAMPO

C’è solo un modo con cui il nostro Governo può acquistare credibilità rispetto a chi ritiene alto il rischio di un ripudio del nostro debito pubblico: mostrandosi capace di contenere le spese e di raggiungere un bilancio in pareggio fin dal 2012. Non è introducendo nella Costituzione l’obbligo del bilancio in pareggio che si esce dalla crisi.

LA DISCONTINUITÀ PUÒ ATTENDERE

Nel giorno dell’appello di industriali, sindacati e banche a favore di un segnale di discontinuità nella politica economica italiana è passata in secondo piano un’altra notizia. Ieri il consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti ha approvato la creazione della Società per le partecipazioni “strategiche”. Sarà una spa con un capitale di 1 miliardo di euro con l’obiettivo di investire in quote di minoranza di imprese operanti in settori “di rilevante interesse nazionale”, quali la difesa, la sicurezza, l’energia, ecc. L’obiettivo è creare valore attraverso una maggiore efficienza e l’aumento di competitività. La Cassa depositi e prestiti specifica che “i requisiti fondamentali delle imprese target sono una situazione di equilibrio economico-finanziario, adeguate prospettive di redditività e significative prospettive di sviluppo”. Resta solo un dubbio: ma se una società ha i conti in ordine adesso e ha ragionevoli prospettive di crescita e di reddito, perché non dovrebbe riuscire a trovare capitali sul mercato? Perché gli investitori privati non dovrebbero finanziare tali imprese? Qual è il fallimento del mercato che sta operando? In che modo questa società riuscirà ad aumentare l’efficienza delle partecipate e la loro competitività? Nulla di questo si evince dal comunicato della Cdp. Tenendo conto che nell’aprile scorso si pensava di usare questo fondo per “salvare” Parmalat dall’Opa di Lactalis, c’è da pensare che questo sarà l’ennesimo strumento per buttare soldi pubblici in operazioni dissennate dal punto di vista economico e selezionate solo in base a criteri politici. Insomma, un’altra delle tante operazioni che hanno caratterizzato la politica economica nella prima e nella seconda Repubblica. Dopo questa fondamentale operazione, tutti in vacanza. La discontinuità può attendere.

CONSOB: INDIPENDENZA È CREDIBILITÀ

Ieri la Consob ha convocato i rappresentanti dell’agenzia di rating Standard & Poor’s Italia per chiedere delucidazioni su un report diffuso dall’agenzia lo scorso primo luglio sulla manovra correttiva varata dal governo. Il report sosteneva essenzialmente, l’inefficacia della manovra ai fini della riduzione del rischio sul debito. Due erano i punti sollevati dalla Consob, che ha il potere di vigilanza sulle agenzie di rating, insieme all’Autorità per i mercati e le borse europee (Esma). Il primo era quello relativo alla tempistica del comunicato di S&P, arrivato a mercati aperti. Il secondo riguardava l’affidabilità del report, dato che il testo della manovra non era ancora ufficiale al momento della diffusione del report. Non è ovvio che la prima obiezione sia corretta. I titoli di Stato italiani sono trattati su tutti i mercati mondiali e pertanto è difficile che tutti i mercati in cui essi sono trattati siano chiusi. Più fondata sembra la questione dell’affidabilità delle informazioni su cui S&P ha basato il suo report. Questo episodio si aggiunge alla lunga lista di critiche che le agenzie di rating hanno ricevuto in questi anni. Giudizi su società rimasti positivi fino a pochi giorni prima di insolvenze o scoperta di gravi irregolarità, conflitti di interesse e, come denunciava ieri il Corriere Economia, scarsa trasparenza sulla struttura interna.
Ma, al di là della fondatezza delle obiezioni sollevate,  la decisione della Consob lascia spazio a interpretazioni meno che nobili sulla sua reale motivazione. È difficile resistere alla tentazione di pensare che l’ex sottosegretario all’Economia, Giuseppe Vegas, adesso Presidente della Consob, abbia voluto spezzare una lancia a favore del ministro Tremonti e della sua manovra correttiva. Ed è anche difficile non ricordare come l’ultimo gesto di Vegas prima di diventare Presidente sia stato quello di votare la fiducia al governo Berlusconi. Insomma, un’azione che potrebbe avere una interpretazione perfettamente plausibile può essere vista in una luce meno favorevole a causa del passato di chi compie tale scelta. Sarebbe bene tenere in mente questa considerazione anche nella scelta del futuro Governatore della Banca d’Italia.

CONTRORDINE CONSOB: LE SCALATE NON FANNO BENE

L’Opa è stata al centro della relazione del presidente Consob al mercato finanziario. Preoccupa il rischio di distruzione di valore e di inefficienze nella governance post-Opa. Preoccupazione certamente condivisibile, ma è rivolta solo agli investitori stranieri o anche agli italiani? Alcune soluzioni sono già nelle modifiche al regolamento emittenti. E se la maggiore tutela delle minoranze non ha dato i frutti sperati, non si capisce perché aumentare gli ostacoli a chi voglia lanciare un’Opa dovrebbe indurre i risparmiatori italiani a investire nella Borsa.

Pagina 8 di 15

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén