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SPREAD DA INDIGNAZIONE

Le scelte di politica economica che il governo avrebbe dovuto prendere erano chiare fin da agosto. Priorità assoluta ai tagli alla spesa, in primo luogo quella previdenziale, e lotta seria all’evasione fiscale. Per la crescita, liberalizzazione dei servizi e delle professioni, per creare concorrenza dove oggi esistono situazioni di forte potere di mercato, e privatizzazioni. Ma la lettera inviata ai partner dell’Unione Europea parlava d’altro. Neanche l’opposizione sembra avere risposte adeguate. I mercati non hanno apprezzato per nulla e lo spread è arrivato a livelli record.

Il governo italiano aveva ricevuto in modo chiarissimo nello scorso agosto la traccia da seguire nelle sue scelte di politica economica dalla Bce, dai mercati e da praticamente tutti i commentatori.

LA SCELTE OBBLIGATE

Sul fronte conti pubblici, priorità assoluta data a tagliare la spesa, in primo luogo quella previdenziale, con interventi volti all’eliminazione delle pensioni di anzianità, un più veloce adeguamento alla speranza di vita dell’età per andare in pensione e una parificazione tra trattamento del settore privato e pubblico per le donne. Lotta seria all’evasione fiscale, introducendo limiti più severi all’uso del contante per favorire la tracciabilità delle transazioni.
Sul fronte della crescita, liberalizzazione dei settori dei servizi e delle professioni, per creare finalmente concorrenza in mercati in cui oggi esistono situazioni di forte potere di mercato. La concorrenza non solo spinge verso una migliore allocazione delle risorse, ma ha anche l’effetto di impedire la creazione di quelle rendite che giustamente indignano molti cittadini che lavorano duramente per stipendi spesso modesti. Privatizzare alcune imprese ancora sotto il controllo pubblico come Eni e Enel e soprattutto, almeno in forma parziale, la Rai, ridotta ormai a una cassa di risonanza della propaganda del governo. Ridurre, per un imperativo morale prima che economico, i costi della politica, per non lasciare che vi sia una casta isolata dalle conseguenze di una crisi enorme. Queste cose sono state ripetute fino alla noia durante la lunga e calda estate che ci siamo lasciati alle spalle (vedi “Come il peggior governo balneare“, di Panunzi).

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LA LETTERA

Ma sono bastate le prime nebbie autunnali per dissolvere quelle che sembravano certezze. La lettera che Silvio Berlusconi ha inviato ai partner della Unione Europea la scorsa settimana parlava d’altro. Parlava di un “piano straordinario per lo sviluppo del Mezzogiorno”, obiettivo nobile, ma certo non perseguibile nell’orizzonte temporale che dovrebbe dettare oggi le scelte del governo. Parlava di “valorizzazione dei docenti” senza specificare cosa volesse dire e con quali fondi dovesse essere fatta. Parlava di “prevenire le incoerenze tra promozione della concorrenza e disposizioni di livello regionale e locale”, espressione ambigua per non usare la parola liberalizzazione, anatema per questo governo in cui avvocati e notai hanno un potere di veto. Certo, la lettera parlava anche di dismissioni, per dire che entro il 30 novembre il governo preparerà un piano. Dire cosa si volesse dismettere sembrava forse eccessivo. Parlava di riduzione del debito, per dire che ci sarebbe stata una commissione di “personalità di prestigio” incaricata di preparare un piano (un altro!), stavolta però “organico”. E poi la riforma dell’architettura costituzionale, tra cui spicca “la riduzione dell’elettorato passivo per l’elezione al Parlamento”, norma richiesta da Umberto Bossi per poter finalmente portare in Parlamento anche il figlio Renzo. Tutte misure che portano spediti verso la crescita e al risanamento dei conti, come si può notare. Pensioni? Va già tutto bene, secondo la lettera. Lotta all’evasione fiscale? Silenzio nella lettera e voci ripetute di condoni sui giornali. Poi, certo, maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, senza però far capire da dove verranno le risorse per gli irrinunciabili ammortizzatori sociali a essa collegata.
Di fronte a questo sviamento rispetto alla traccia di agosto, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy hanno fatto buon viso a cattivo gioco e hanno fatto finta di apprezzare l’esercizio stilistico. Alcuni commentatori di casa nostra si sono mostrati entusiasti, come quel professore che dopo lunghi silenzi sente uscire dalla bocca dello studente qualcosa di intellegibile. I mercati, però, esaminatori più severi, non hanno apprezzato per nulla e hanno concluso che si era andati fuori tema. E lo spread è arrivato a livelli record e ormai insostenibili. Quando a un esame si è impreparati, meglio uscire dignitosamente e lasciare spazio al prossimo candidato. Purtroppo, neanche l’opposizione attuale sembra molto preparata, pronta com’è a sparare sulle ricette economiche degli anni Ottanta, cioè le liberalizzazioni e le privatizzazioni , quelle che peraltro hanno poi ispirato in larga parte le politiche economiche di Bill Clinton e Tony Blair negli anni Novanta. Ma si sa, evocare Clinton e Blair ha un effetto urticante su gran parte della sinistra italiana. Il futuro dell’Italia oggi sembra relegato all’alternativa tra scene mute e letterine fuori tema. Di questo, ragazzi che protestate per il vostro avvenire, occorrerebbe indignarsi e indignarsi sul serio.

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14 commenti

  1. franco caratozzolo

    Gentile dott. Panunzi, ma queste cosucce, non aveva cominciato a farle un certo Prodi ed il suo staff solo in presenza di qualche segnale di crisi, e contro il becero negazionismo di un certo Berlusconi e che fino a qualche mese fa sosteneva la tesi che stiamo meglio degli altri? io ritengo che il cs abbia le idee chiare su ciò che deve fare al governo nonostante le baruffe chiozzotte giornaliere che regalano immagini diverse.

  2. Nicola

    Ad una rapida disamina, credo che solo quattro misure possano rispondere ai requisiti di rapidità, certezza dell’effetto e ridotto impatto depressivo: (A) una patrimoniale (ad aliquota omogenea e mantenuta per più anni); (B) il posticipo dell’età di ottenimento della pensione pubblica (il più possibile verso i 65 anni, ma anche più); (C) regole di universalismo selettivo per l’accesso alle prestazioni finanziate dal pubblico (non solo Stato ma anche Regioni e Enti Locali); (D) lotta all’evasione stabilendo che, al di sopra dei 50-100 Euro, ogni transazione deve avvenire per via elettronica (abbattimento drastico dell’uso di contante). La domanda delle centro pistole è: tutto ciò è fattibile senza un governo tecnico di urgenza, sotto il patrocinio del Presidente della Repubblica? Io credo di no. E credo che anche un governo delle larghe intese possa non essere all’altezza. Un saluto!

  3. Emanuele Montresor

    Ma siete sicuri che liberalizzare le professioni sia la strada giusta? Secondo me sono fin troppo liberalizzate! Siamo il paese che ha più avvocati al mondo! oltre 200.000 ne 2010! http://www.albonazionaleavvocati.it/html/statistiche.html Per tacere del fatto che la sola Lombardia ha la metà degli avvocati di tutta la Francia! (Vedi qui) E voi li vorreste liberalizzare e aumentare? Ma per carità! Riduceteli, riduceteli! Finora questa fin troppo folle liberalizzazione ha solo fatto disastri! E vogliamo parlare degli architetti? La situazione è la stessa! Numero spropositato e disastro assoluto! Ridurre, altro che liberalizzare.

  4. Marco Nordio

    Articolo molto condivisibile, spero che si faccia strada tra i giovani in Italia una maggiore lucidità sul dove stanno i pericoli maggiori per il loro avvenire. Le misure proposte sono necessarie e urgenti però ho l´impressione che potrebbero anche non bastare per rimettere in carreggiata l’Italia e l’euro. Resta il problema enorme di un mancato equilibrio istituzionale tra rischio di moral hazard e unione fiscale tra i vari paesi membri. Ovviamente questo non puo essere una giustificazione per non fare quello che tu proponi ma ho l’impressione che i critici delle ricette liberali prenderebbero (con poca onesta´intellettuale) la prosecuzione della crisi come una riprova delle loro ragioni!

  5. Luciano Trani

    Come scolari sfogliati ci apprestiamo a fare qualche sforzo dell’ultimo quadrimestre. La presunta nuova classe politica insediatasi dopo tangentopoli non è riuscita (non ha voluto) varare misure infrastrutturali. Nessun passo sostanziale verso la soluzione dell’unica vera emergenza nazionale: la legalità. Un governo dal bassissimo profilo in termini di credibilità si appresta ad approvare qualche drastica misura tentando di ridurre al minimo il relativo prezzo politico: inevitabilmente saranno colpiti il pubblico impiego e i servizi pubblici (aree con scarso apporto elettorale verso il centro destra). Basterà far pagare il conto a monsù travet? Temo che manchi ancora un termine dell’equazione: lo sviluppo.

  6. Savino

    Chiedo la testa dell’intera classe politica italiana attuale e mi rifiuto di esprimere ogni riconoscimento storico alla classe politica italiana degli ultimi 100 anni. Questi signori, irresponsabilmente, ci hanno trascinato verso la deriva quartomondista che stiamo vivendo. Basta con le guarentigie per i politici, che vanno inchiodati alle loro responsabilità. Stiamo assistendo al risultato pietoso del troppo garantismo e del troppo perdonismo che il popolo italiota ha riservato ai politici durante la stagione di “mani pulite” (ricordo che all’epoca i “cattivi” erano considerati i magistrati che, si diceva “violavano i diritti umani”, penso, invece, che stia emergendo la verità), anche grazie all’ “orientamento” di certi mass-media (Minzolini, Vespa, Ferrara, Fede, Sgarbi ecc.,), che, pagati con la moneta del padrone (cioè, le nostre tasse e i nostri consumi), continuano a giustificare l’ingiustificabile, dal punto di vista politico, morale e penale.

  7. Matteo Callegari

    Buongiorno, lascio una breve proposta/provocazione che voi redattori saprete sicuramente valutare e, se utile, pubblicizzare. I presupposti: ad oggi è difficile riempire le piazze, il voto non è un opzione ad oggi percorribile. Che mezzo che resta a un cittadino per esprimere il suo dissenso verso un governo che adotta misure di politica ecomoica palesemente inconsistenti e raffazzonate? Ad oggi servono politiche chiare e credibili. Qulunque considerazione si possa fare sul centrosinistra, è chiaro che la credibilità è ad oggi il punto debole del nostro governo e in primis del nostro presidente del consiglio. L’ultima ‘arma’ che resta al cittadino è il suo risparmio. Perchè non lanciare una proposta di acquisto di debito italiano da parte dei cittadini stessi, a patto di un passo indietro da parte dell’attuale premier. Strumenti di investimento chiari, semplici e accessibili penso ne esistano. (ad esempio i Buoni fruttiferi Postali)…

  8. Cosimo Benini

    Quel che è evidente in Italia è l’atrito fra le sovrastrutture corporative di un paese immobile e la velocità dei meccanismi finanziari internazionali oltre ad un netto riequilibrio di peso politico a favore di una Germania forse non ancora pronta a “germanizzare” l’Europa culturalmente (ironia della sorte: dove fallì la Wermacht, riesce oggi l’economia del debito). L’Italia ha bisogno di generare avanzo (e ci riesce), ma anche di produrre incrementi di PIL: per riuscirci serve un governo autorevole sostenuto da un forte consenso politico, anche senza il sacro lavacro delle urne, va benissimo una grosse koalition che punti su Monti. Poi però si deve essere consapevoli che molte cose devono cambiare nei fatti, prima che nella cultura (quella verrà dopo), molte rendite di posizione abbattute, molti capitali liberati dal mercato immobiliare e avviati all’investimento produttivo, molti dogmi sul lavoro (compreso quello pubblico) cancellati. Prima di tutto però serve che la classe dirigente si renda conto che è ora di compattarsi per smuovere il paese. Meglio tirare a campare che tirare le cuioa? Al momento è una pessima scelta.

  9. Maurizio Viutti

    Solo l’eliminazione della cartamoneta e la totale tracciabilità delle transazioni economiche con moneta elettronica consente di azzerare l’evasione fiscale. Sulla concorrenza mi permetto di osservare che la questione non è così semplice in ambito professionale. Nelle professioni non può esistere un’allocazione efficiente al minor costo visto che nessuno è in grado di valutare il professionista sulla base della capacità (per incompetenza del cliente). Valutarlo sulla base del minor costo non significa avere un buon risultato professionale. Il minor costo può essere dettato dal bisogno, dalla crisi, dal numero eccessivo di professionisti. In tal caso è un problema e non consente di sapere se il risultato è di qualità. Serve un controllo a monte che garantisca che solo persone competenti possono svolgere certe professioni. Il mercato non sa valutare, se non per il costo. Le professioni intellettuali non sono come la produzione di bulloni, un tanto al chilo. Corretto chi dice che non c’è nulla da liberalizzare in certi campi. Abbiamo più avvocati e architetti di Francia, Germania e Inghilterra messe assieme. Prova provata che la concorrenza non funziona nelle professioni.

  10. Piero

    Un aumento delle imposte provocherebbe in Italia seri danni, il pagamento del debito dovra’ avvenire con l’aumento del PIL, quindi se l’obbiettivo è la crescita della produzione le misure sono queste:
    – arretramento dello stato dall’economia
    – eliminare le rigidita’ sul lavoro in Italia
    – eliminare gli ostacoli burocratici all’attivita imprenditoriale
    – rendere più produttivi i servizi pubblici
    – ridurre i costi della politica
    – accelerazione della realizzazione delle infrastrutture pubbliche già finanziate

    I moniti della Merke e Sarko vengono spediti al mittente, poi se la Bce vuole acquistare i titoli italiani bene, altrimenti dobbiamo accettare gli spread attuali che come precisato da Visco per il sistema Italia sono anche sostenibili. Oggi sono venuti alla luce i difetti della meta unica, tutti hanno brindato al momento della sua adozione, perche’ la moneta unica ci permetteva di pagare meno interessi, oggi cio’ non e’ piu’ vero, ma ancora politici ed economisti affermano che e’ stata una scelta giusta, personalmente non sono contrario all’euro, ma sicuramente come e’ nato, si e’ partorito un mostro ( vedi il mio arti del 2007 ” l’Italia e l’euro” in risposta a Giavazzi)

  11. Elena

    Come mai i rischi di fallimenti sovrani sono concentrati nell’Euro-zona (nei Paesi “periferici”) posto che, per esempio, gli Stati Uniti hanno un deficit pubblico che è secondo solo alla Grecia e un debito pubblico che (se correttamente misurato) è superiore al 100% del PIL? (per non parlare dell’Inghilterra o del Giappone) . Come mai la Turchia (da molti non reputata degna di far parte della zona euro) ha visto aumentare il proprio rating da S&P lo scorso 20 settembre? Sono questi i rischi che si corrono a stare fuori dall’euro? La vera, grande sorpresa, secondo me, è che ci sono voluti quasi 13 anni per capire che sarebbe andata a finire così con l’euro. L’Italia è entrata a far parte della zona euro il 1° gennaio 1999 sulla base dell’assunto che anche un Paese con la sua “storia finanziaria” (fatta di svalutazioni e inflazione più elevata della media) avrebbe tratto vantaggio dall’adozione della stessa moneta della Germania. Anche il più sprovveduto avrebbe capito che l’Italia avrebbe sofferto un’enorme perdita di competitività e, quindi, di potenzialità di crescita economica.

  12. LUCIANO GALBIATI

    Tutti i presunti punti di forza del turbo-capitalismo – deregolamentazione dei mercati, smantellamento del welfare, finanziarizzazione – si sono rivelati causa della crisi e ostacolo alla ripresa globale. Il liberismo ha fatto flop. Molti “avvocati” del mercato sembrano invece prigionieri di un passato (pre-crisi) da cui stentano ad emanciparsi. Il “miracolo” americano (così come quello irlandese, spagnolo, greco, islandese, ecc) è ancora l’ indiscutibile modello da ri-proporre. Questo il “background culturale” che informa l’entusiasmo/fascinazione (dei paladini dell’ortodossia neoliberista) per la lettera della BCE all’ Italia. In Italia tutto ciò che si poteva “liberalizzare/privatizzare” (massacrare) è stato “liberalizzato/privatizzato” (massacrato); ciò che resta è sparare sulla croce rossa. Previdenza e mercato del lavoro sono gli esempi più eloquenti

  13. alfonso

    La credibilità è fortemente lesa dai troppi privilegi della politica, e purtroppo dalla convivenza di gran parte dei controllori: giornali e magistratura.

  14. Sandro

    Più che indignarsi per la mancata applicazione di ricette neoliberali, trovo indignante che l’economia di una nazione debba sottomettersi all’andamento oscillante di un indice le cui oscillazioni dipendono da chiacchere, illusioni, panico, voglie speculative e altri fattori che sono piuttosto carenti di “razionalità economica”, almeno intesa nel senso classico. Trovo indignante che la politica economica dell’Italia sia dettata dallo spread e non dai bisogni reali del paese. Applicare misure politiche neoliberali non farà altro che tranquillizzare quelli che con la crisi o si sono fatti i quattrini o hanno visto le proprie contraddizioni venire a galla. é oggettivamente una vergogna.

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