Fonte: Istat
Il grafico mostra l’evoluzione nel tempo dei contributi alla crescita proveniente dalle varie componenti del Pil dal 2010 ad oggi. Il contributo alla crescita del Pil della variabile X si calcola come il prodotto della crescita in punti percentuali della variabile X per la quota della variabile X sul Pil. Il grafico mostra chiaramente come la ripresa tra la seconda metà del 2009 sia stata trainata dal contributo della domanda estera netta, che però diminuisce nel corso del tempo, fino a diventare negativo nel primo trimestre 2013.
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Il primo “decreto sviluppo” che ricordo era del maggio 2011 (il DL 70, finito poi in Gazzetta Ufficiale il 12 luglio). Conteneva, tra l’altro, “zone a burocrazia zero”, interventi sulla scuola e interventi di semplificazione. Poi nel giugno 2012 abbiamo avuto un altro decreto sviluppo (il DL 83, andato in G.U. l’11 agosto 2012) al cui centro si trovavano “Misure urgenti per l’agenda digitale e la trasparenza della pubblica amministrazione”. Ora un altro decreto sbandierato come ugualmente orientato allo sviluppo (no, scusate: stavolta si chiama “crescita”) promette finalmente semplificazione nei rapporti con la pubblica amministrazione e digitalizzazione dell’amministrazione e della scuola.
Massimo rispetto per tutti, per carità, soprattutto per chi ha in mano il difficile compito di raddrizzare questo paese. Ma la stanchezza di fronte agli slogan è grande. Abbiamo visto molti più “decreti sviluppo” che sviluppo; non sarebbe meglio evitare di sbandierare etichette di seconda mano e purtroppo logore? Anche il contenuto purtroppo, stanti gli insuccessi del passato, perde di credibilità. Anni di tentativi di digitalizzazione non hanno prodotto gran che (sarei tentato di dire “nulla”, ma non esageriamo). Mentre il tira-e-molla su chi debba guidare l’agenzia digitale continua ad assomigliare ad una rissa da basso impero, e gli investimenti per colmare il digital divide rimangono a livelli (come giustamente dice Squinzi) da aperitivo.
Allo stesso modo lascia perplessi il fatto che l’ennesimo tentativo di semplificare i rapporti tra cittadino e burocrazia non abbiano fatto tesoro degli errori del passato. Credevamo che la legge Bassanini del 1997 avesse messo la parola fine a un rapporto cittadini-amministrazione simile a quello che avevamo nel periodo feudale. Purtroppo la burocrazia è molto più forte del nostro legislatore e ha disfatto tutto quanto si era cercato di fare, come ben sa chi ha a che fare quotidianamente con i processi amministrativi.
Perché l’attuale tentativo di riforma digitale dovrebbe funzionare? Sono stati modificati in profondità i sistemi di incentivi, remunerazione e controllo all’interno delle pubbliche amministrazioni? Questo Governo riesce a farci rimpiangere Brunetta! Inutile mettere su carta tante riforme se poi la loro attuazione resta nella totale discrezionalità della nostra burocrazia, il cui potere risiede non certo nella semplificazione ma -al contrario- cresce proprio quando i processi sono oscuri e incontrollabili. Come dicono gli americani, è inutile pensare che il tacchino apparecchi la tavola per Natale.