Un decreto prevede vantaggi fiscali sui premi di produttività dei lavoratori riconosciuti da contratti aziendali o territoriali. Benefici anche per le imprese se predispongono piani di welfare aziendale per questo scopo. Ma sindacati e piccole aziende sono pronti a una inedita stagione negoziale?
Autore: Francesco Bacchini
Professore Aggregato di diritto del lavoro e relazioni industriali, nell’Università degli Studi di Milano-Bicocca; ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in diritto sindacale e del lavoro presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia; è componente del Consiglio della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Milano-Bicocca, del Comitato Scientifico del Master di I livello in Esperto in processi di formazione e sviluppo della sicurezza sul lavoro dell’Università degli Studi di Bergamo e del Comitato Esecutivo della rivista scientifica "Tutela e sicurezza del lavoro"; è autore di numerose pubblicazioni scientifiche in materia di lavoro e sicurezza; è partner of counsel dello studio legale “Lexellent”.
Il decreto di attuazione del Jobs Act prevede la possibilità di assegnare il lavoratore a mansioni inferiori alla sua qualifica, ma anche un vero e proprio “patto di dequalificazione”. L’obiettivo di rendere il mercato più dinamico creando nuova occupazione e la rinuncia a diritti fondamentali.
Il Jobs act attenua le sanzioni per il datore di lavoro in caso di licenziamento. Ma non è una “licenza di licenziare”. Chi prevede la fine del ricorso al giudice potrebbe essere smentito dai fatti. C’è poi la possibilità di inserire la reintegra nei contratti individuali o in quelli aziendali.
Il Jobs act prevede la revisione della disciplina dei controlli a distanza sui lavoratori. La riforma è necessaria perché dall’approvazione dello statuto dei lavoratori la tecnologia è profondamente cambiata. Ma il compito non è semplice: manca una disciplina specifica e unitaria della materia.
In Italia la normativa sulla sicurezza sul lavoro è ipertrofica e sostanzialmente inapplicabile. Anche perché l’Unione Europa ha adottato misure complesse che ogni paese ha recepito in modo autonomo. Servono norme scritte a livello continentale e con le aziende. Il problema della responsabilità.