Il sistema Sprar è spesso definito una buona pratica, ma i fatti smorzano l’ottimismo. Questa politica non sembra rispondere alle logiche di un’accoglienza che dia benefici ai rifugiati e alla comunità. Manca una sistematica valutazione dei risultati.
Autore: Francesco Longo
Professore associato di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche presso l'Istituto di Pubblica Amministrazione e Sanità (IPAS). Direttore del CERGAS - Centro di Ricerche sulla Gestione dell'Assistenza Sanitaria e Sociale dell'Università Bocconi. Docente senior dell' Area Public Management & Policy della SDA Bocconi. Membro dello Steering Committee European Foundation for Management - Public Sector. Membro del Comitato scientifico dell'associazione nazionale dei direttori di distretto (CARD).
La sanità è sicuramente uno dei settori su cui si concentrano le maggiori aspettative di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica previsti dal decreto sulla spending review. La manovra impone necessariamente a tutte le Regioni, anche a quelle considerate virtuose, di intraprendere un percorso graduale di riorganizzazione dei propri servizi sanitari, in modo da rafforzarne l’efficienza e l’efficacia. Sono molti gli ambiti sui quali agire, pur nel rispetto degli obiettivi di tutela della salute che sono alla base del nostro Servizio sanitario nazionale.
I sensibili differenziali di prezzo nelle forniture di beni e servizi alle aziende sanitarie e ospedaliere spesso non hanno alcuna giustificazione. Tuttavia, le differenze non sono solo funzione di variabili tipiche dei mercati di beni e servizi, dipendono anche da numerosi altri fattori. Agli interventi di razionalizzazione degli acquisti andrebbero dunque affiancati meccanismi di valutazione che siano in grado di valutare tutti gli elementi del costo delle forniture. Guardando soprattutto all’efficacia clinica degli standard tecnologici adottati e ai servizi accessori associati.
La sanità italiana ha un milione di addetti, rappresenta una quota importante del Pil e si segnala per livelli di complessità organizzativa e innovazione tecnologica ben superiori ad altri settori economici. Eppure di rado è vista come volano di sviluppo dell’economia. Perché deve risolvere alcune questioni fondamentali: frammentarietà del sistema di welfare socio-sanitario, federalismo, ambiti di autonomia del management. Sono temi che chiamano in causa in particolare i decisori politici regionali.
Da vent’anni la riforma del welfare socio-sanitario italiano è costantemente al centro dell’attenzione. Ciò non significa, però, che si abbia una chiara rappresentazione del sistema. Se lo si analizza meglio, si scopre un quadro della spesa frammentato tra una molteplicità di attori, famiglie comprese, che gestiscono quote diverse di risorse. E’ arrivato il momento di decidere il livello di governo del settore, di offrire un’interfaccia unica agli utenti e di coordinare l’attività assistenziale direttamente acquistata dalle famiglie con quella pubblica.
Il territorio svolge un ruolo sempre più importante nel sistema sanitario nazionale. L’assistenza territoriale, oggi, impiega infatti più del 50 per cento delle risorse finanziarie destinate alla sanità, e supera perciò l’ospedale. Ma la spesa territoriale non deve più essere considerata come un insieme indistinto. Va invece decodificata nei suoi principali ambiti di attività, valutando il contributo di ciascuno in termini di costi e di appropriatezza delle cure. I risultati del Laboratorio sul governo del territorio.