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Autore: Francesco Vella Pagina 10 di 15

vella Francesco Vella insegna Diritto Commerciale e Diritto Bancario all’Università di Bologna. Nella sua attività di ricerca ha prodotto quattro manuali (tutti editi dal Mulino), quattro monografie e numerose pubblicazioni in volumi collettanei e riviste in materia bancaria, finanziaria e societaria. Ha ricoperto e ricopre incarichi in organismi di controllo e di amministrazione, come amministratore indipendente, in società quotate. E’ tra i soci fondatori dell’Associazione Disiano Preite. È membro della redazione della voce.info.

NAZIONALIZZAZIONE: C’E’ DA FIDARSI?

Per riavviare le politiche di prestito occorre fare pulizia dei titoli tossici. Ma le banche sono in grado di farlo da sole oppure lo Stato deve gestire direttamente gli istituti, oltre che comprare i titoli? Si tratta di scelte pragmatiche, non ideologiche. E in Italia? Prima di tutto bisogna vedere se c’è davvero necessità di nazionalizzazioni. Poi dare adeguate garanzie sulla salvaguardia dell’autonomia della gestione delle politiche di credito e sulla durata dell’intervento statale. La storia passata e recente del nostro sistema bancario invita alla diffidenza.

LA DISCARICA CHE SI CHIAMA BAD BANK

Torna di moda l’idea originaria del piano Paulson: far acquistare dallo Stato i titoli tossici detenuti dalle banche. Senz’altro può aiutare il sistema bancario a ripulire ulteriormente i bilanci e a ritornare più rapidamente alla normalità. Ma la realtà dei titoli tossici è molto complessa ed è evidente il pericolo di attribuire al pubblico compratore una enorme discrezionalità, con effetti distorsivi sui meccanismi di trasparenza dei salvataggi. Servono criteri chiari per definire bene i confini tra Stato proprietario e Stato regolatore.

ALLA RICERCA DI NUOVE REGOLE. E DI NUOVE CLASSI DIRIGENTI

Il G20 dovrà indicare la nuova architettura delle regole di supervisione del mondo finanziario. Tra le proposte, collegi di supervisori per i grandi gruppi internazionali, codici di condotta per tutti gli investitori istituzionali, armonizzazione delle regole sul capitale delle banche. Ma non basta definire norme condivise, serve qualcuno in grado di applicarle. Un ruolo che potrebbe svolgere il Fondo monetario internazionale, se si procedesse a una revisione dei suoi meccanismi di governo. Necessario anche un profondo rinnovamento delle classi dirigenti.

LO STATO DELLE BANCHE

Lo Stato ha assunto un ruolo da protagonista negli assetti proprietari degli intermediari. Ciò comporta molti rischi e incognite. I recenti decreti salva-banche varati dal governo prevedono correttamente che a tutela del contribuente le azioni pubbliche siano privilegiate nella distribuzione dei dividenti. Manca però un esplicito divieto del diritto di voto. Né si dice niente sulla durata della presenza statale, che dovrebbe essere temporanea e rigidamente delimitata. E le banche dovranno difendere la loro autonomia costruendo una governance virtuosa.

SALVIAMO LE BANCHE E SALVIAMO I MUTUI

L’impegno dei governi europei per varare misure adeguate a contrastare la crisi, potrebbe non essere sufficiente. E’ importante intervenire anche sui mutui, aiutando le famiglie in difficoltà perchè indebitate per pagarsi la casa. Negli Stati Uniti Hillary Clinton ha proposto piano di acquisto e finanziamento dei mutui. Con le dovute differenze, anche i governi europei potrebbero pensare a politiche di sostegno per rinegoziare determinate categorie di prestiti immobiliari.

IL CORAGGIO DI CAMBIARE LE REGOLE

Le risposte comunitarie alla crisi finanziaria sono ancora deboli e incerte. Bisogna rivedere l’organizzazione della vigilanza nell’area dell’euro. Ad esempio, i soli paesi che convergono sull’esigenza di trovare criteri comuni potrebbero istituire propri collegi di controllo sui gruppi che operano nei loro confini, fondati sul principio di maggioranza e sulla delega di poteri a un lead supervisor. Una sorta di vigilanza europea a geometria variabile. Ma anche in Italia è necessario semplificare l’architettura dei controlli, creando un’unica autorità.

FANNIE, FREDDIE E I FRATELLI LEHMAN

Soldi pubblici per Fannie e Freddie e ricerca di un cavaliere bianco per Bear Stearns, mentre Lehman Brothers viene abbandonata al fallimento. Due pesi e due misure e un segnale contraddittorio nella ricerca di un equilibrio tra i bisogni di stabilità del sistema finanziario e i limiti all’intervento pubblico. Ma il perimetro del rischio si è drammaticamente allargato e bisogna mettere in campo nuovi strumenti per far fronte agli shock di liquidità. Soprattutto, definire criteri oggettivi per individuare chi salvare e secondo quali modalità, per dare certezze al mercato.

GRAVISSIME RESPONSABILITA’ SE MANCASSE IL CARBURANTE PER GLI AEREI

Il primo dovere del commissario straordinario di Alitalia è assicurare il funzionamento dell’azienda. L’articolo 52 della legge sull’amministrazione straordinaria consente al commissario di accendere finanziamenti che godono di priorità assoluta su tutti gli altri debiti. Ciò è stato fatto per Parmalat, con una situazione debitoria superiore a quella di Alitalia, ed è atto normale in tante situazioni di dissesto, in Italia e all’estero.
Non era ragionevole ipotizzare che una soluzione definitiva per Alitalia si concretizzasse in sole due settimane dall’apertura della procedura, nemmeno quella della vendita a CAI, che si dice dovrebbe iniziare a volare dal 1° novembre. Per questo, era preciso dovere del commissario sin dal suo insediamento il 29 agosto scorso, assicurarsi che vi fossero risorse sufficienti per la continuità aziendale fino alla vendita, o in mancanza, reperirle sul mercato dei finanziamenti.
Non è chiaro, ora, come l’eventuale firma dell’accordo fra CAI e i sindacati possa generare la liquidità per il carburante, se questa davvero non vi fosse. Le dichiarazioni odierne, secondo cui potrebbe mancare il carburante per gli aerei sin da lunedì, generano dunque seri interrogativi qualunque sia il loro grado di fondatezza.

I DEPOSITI NON VOLANO

Il decreto legge prevede che i piccoli azionisti e obbligazionisti di Alitalia vengano rimborsati con le risorse del fondo dei depositi dormienti. Le modalità operative sono, però, incerte. Come trovare un criterio discriminante per modulare la protezione soltanto in base alla dimensione? E poi azionisti e obbligazionisti non sono in alcun modo soggetti assimilabili. In ogni caso, si corre il rischio di ingenerare una guerra tra poveri con tutti gli altri risparmiatori ai quali quelle risorse erano state originariamente destinate.

QUANDO LA BANCA ENTRA NELL’IMPRESA

Il CICR, Comitato per il credito e il risparmio, si riunisce per liberalizzare – in linea con la normativa europea – la partecipazione delle banche al capitale delle imprese non bancarie. Interventi sul capitale ispirati a logiche imprenditoriali e non di salvataggio possono far bene alla nostra struttura produttiva. A patto che non si abbassi la guardia sulla trasparenza e sulla prevenzione dei conflitti di interesse.

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