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Autore: Francesco Vella Pagina 10 di 16

vella Francesco Vella insegna Diritto Commerciale e Diritto Bancario all’Università di Bologna. Nella sua attività di ricerca ha prodotto quattro manuali (tutti editi dal Mulino), quattro monografie e numerose pubblicazioni in volumi collettanei e riviste in materia bancaria, finanziaria e societaria. Ha ricoperto e ricopre incarichi in organismi di controllo e di amministrazione, come amministratore indipendente, in società quotate. E’ tra i soci fondatori dell’Associazione Disiano Preite. È membro della redazione della voce.info.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

UNA NUOVA RISPOSTA DEGLI AUTORI

Desideriamo ringraziare i lettori dei commenti ricevuti che ci hanno sollecitato nuove riflessioni.
A differenza dei fiaccherai che dovevano far riposare il cavallo (e il cocchiere) per un certo numero di ore al giorno, i tassisti (che sono i loro successori per quanto riguarda gli assetti regolatori) hanno  tutto l’interesse a sfruttare il loro bene capitale (l’auto) 24 ore al giorno (o per lo meno tanto quanto trovano conveniente). Il problema è che  il valore dell’auto decresce col chilometraggio e con l’età. Vincolarne l’uso a un numero prefissato di ore giornaliere tende ad aumentare i prezzi per gli utenti dei servizi di taxi, dovendo i costi fissi essere spalmati su un fatturato più basso. 
Il superamento della licenza individuale separa la proprietà dell’auto dall’autista e favorisce un più intenso sfruttamento del bene capitale costoso (suddividendo la giornata di guida tra una pluralità di autisti). Tali evoluzioni non hanno effetti sulla qualità del servizio che dipende dal controllo esercitato dai Comuni sulle caratteristiche e sulle conoscenze (stradali) degli autisti. Peraltro eliminare lÂ’obbligo della licenza individuale, non conduce alla sua scomparsa, ma, come avviene per esempio nella distribuzione commerciale, consente la coesistenza di strutture organizzative diversificate e in grado di servire clientele di tipologie diverse.
In ogni caso, anche con assetti di mercato meno irrigiditi dovrebbe essere mantenuto a tutela degli utenti il controllo sulle tariffe massime, lasciando liberi i tassisti di abbassare le tariffe se lo desiderano. Relativamente agli altri obblighi di servizio pubblico (servizio notturno o festivo per esempio), essi potrebbero essere gestiti attraverso opportuni sventagliamenti tariffari.
In relazione al numero ottimale di licenze, la teoria economica sostiene che, non essendoci un costo (né privato né sociale) associato all’emissione  della licenza, il suo valore di mercato dovrebbe essere prossimo allo zero. Ne consegue che un valore della licenza di centinaia di migliaia di euro è una misura dell’inefficienza del mercato innescata dalla regolazione. In Irlanda, per esempio, a seguito della liberalizzazione, una licenza di taxi a Dublino era passata da circa 150000 EUR a 30000.
In Irlanda la liberalizzazione ha condotto a vantaggio degli utenti a riduzioni delle tariffe e, soprattutto, dei tempi di attesa. Tuttavia i tassisti esistenti rischiavano di subire perdite considerevoli come conseguenza della riduzione di valore della licenza, indebolendo la “protezione assicurativa” che il possesso della licenza garantiva loro. Per evitarlo, l’aumento del numero delle licenze, ottenuto concedendo gratuitamente a ciascun tassista una licenza in più e poi liberalizzando il mercato, è stato  accompagnato da interventi di sostegno per rimborsare  i tassisti più anziani delle perdite in conto capitale subite. Si è trattato di provvedimenti essenziali per il successo e l’accettazione della riforma.
In questo senso, la famosa lenzuolata di Bersani aveva permesso che i Comuni mettessero all’asta le nuove licenze, con ristorno di parte del ricavato a favore dei tassisti esistenti per compensarli della riduzione del valore delle loro vecchie licenze. Ricordiamo la fiera opposizione delle organizzazioni dei tassisti e il mancato utilizzo della possibilità offerta dalla norma da parte delle amministrazioni comunali.

 

LA RISPOSTA DEGLI AUTORI – 1 MARZO

I tassisti forniscono un servizio pubblico. Non sono un’associazione a delinquere. Il termine non doveva essere usato. Si tratta di una categoria in difficoltà che, al calare dei ricavi e del chilometraggio, cerca di difendere il proprio reddito reclamando un aumento delle tariffe. L’articolo sostiene che in tali circostanze l’aumento dei prezzi è una risposta miope che rischia di ridurre ulteriormente ricavi e profitti. All’aumentare dei prezzi infatti il chilometraggio diminuirà  ancora ed è un’illusione ritenere che esso abbia raggiunto il fondo. Una riduzione dei prezzi, peraltro la risposta di mercato agli eccessi di offerta,  potrebbe risolvere il problema, rendendo il servizio taxi  più attraente per tanti utenti, già oggi scoraggiati dalle tariffe elevate. L’articolo intendeva essere a favore dei tassisti romani, non contro di loro.
Molti commenti ricevuti riguardano la  liberalizzazione del servizio taxi, questione che non è stata affrontata nel nostro scritto. E’ utile ricordare al riguardo che ogni liberalizzazione del servizio taxi deve quanto meno:  1) condurre al superamento dell’individualità della licenza e consentire la nascita e la crescita di società di taxi; 2)  considerare l’importanza sociale di rimborsare i tassisti, per lo meno in parte e probabilmente solo i più anziani, della corrispondente riduzione di valore delle licenze. Le caratteristiche del servizio richiedono in ogni caso e a beneficio degli utenti una qualche forma di controllo amministrativo sulle tariffe.

FINANZIAMENTI PRIVATI PER UNIVERSITÀ PUBBLICHE

La riforma prevede la presenza obbligatoria di un numero minimo di rappresentanti esterni nei consigli di amministrazione delle università. I portatori di interessi dovrebbero assicurare un vero impegno attraverso adeguati investimenti. Che naturalmente dovrebbero inserirsi in un quadro regolamentare che ne preveda una specifica finalizzazione. Perché inutile illudersi: non si può fare affidamento sulle sole risorse statali. Meglio allora chiamare gli stakeholder realmente interessati all’istruzione superiore ad assumersi fino in fondo le loro responsabilità.

CERCASI AUTORITÀ AUTOREVOLE

Il mondo della finanza è in un periodo di radicali trasformazioni: si gioca una partita importante non solo sul terreno delle regole, ma anche su quello meno visibile dei rapporti di potere tra le autorità che dovranno applicarle. Vale a livello sia internazionale sia nazionale. In Italia siamo alla prossimi a un cambio al vertice della Consob, dove il mandato del presidente e di un commissario sono in scadenza. Due i passaggi fondamentali nella scelta dei successori: nella composizione degli organi di vigilanza la strada obbligata è la scelta secondo criteri di professionalità, indipendenza ed esperienza. Ma servono anche specifiche procedure improntate alla trasparenza e un più generale adeguamento organizzativo della nostra struttura dei controlli.

IDEE NUOVE IN BANCA

Uscite tutto sommato indenni dalla crisi grazie alla loro prudenza, le banche italiane sono ora sotto accusa proprio per un eccesso di prudenza. Ovviamente, devono garantire un equilibrato e diffuso accesso al credito che in questo momento è l’unica garanzia per la sopravvivenza di molte piccole imprese. Ma è importante che mantengano l’autonomia nelle scelte di allocazione e nelle valutazioni delle strategie, senza subire surrettizi condizionamenti. E’ il momento per tutti gli attori del sistema di trovare nuove idee. E il coraggio di realizzarle.

UN GRANDE SINDACATO PER UNA GRANDE FIAT

Nella nuova Fiat-Chrysler i lavoratori avranno la quota di maggioranza e un loro rappresentante nell’organo amministrativo. In questo clima di entusiasmo anche i sindacati vedono aprirsi nuove prospettive di partecipazione diretta al capitale e al governo delle imprese. Ma non mancano i rischi. Serve un grande sforzo di elaborazione e fantasia, affinché la partecipazione non si risolva in uno slogan buono per tutti gli usi, ma rappresenti invece una strada realistica per l’affermazione di una vera democrazia economica.

A PICCOLI PASSI VERSO NUOVE REGOLE

La riunione del G20 punta a riscrivere le regole sulla finanza internazionale. Innumerevoli le proposte contenute nella mole di rapporti che l’accompagna. Ma sarebbe meglio partire dalle misure già da tutti condivise, dal loro stato di avanzamento per indicare i necessari, ulteriori, passi da fare. Il capitolo sul quale il vertice di Londra può incidere di più è quello del rischio. L’importante è ricordarsi che non esistono né i miracoli né le regole perfette, soprattutto quando la loro elaborazione coinvolge sistemi e culture giuridiche molto diversi.

NAZIONALIZZAZIONE: C’E’ DA FIDARSI?

Per riavviare le politiche di prestito occorre fare pulizia dei titoli tossici. Ma le banche sono in grado di farlo da sole oppure lo Stato deve gestire direttamente gli istituti, oltre che comprare i titoli? Si tratta di scelte pragmatiche, non ideologiche. E in Italia? Prima di tutto bisogna vedere se c’è davvero necessità di nazionalizzazioni. Poi dare adeguate garanzie sulla salvaguardia dell’autonomia della gestione delle politiche di credito e sulla durata dell’intervento statale. La storia passata e recente del nostro sistema bancario invita alla diffidenza.

LA DISCARICA CHE SI CHIAMA BAD BANK

Torna di moda l’idea originaria del piano Paulson: far acquistare dallo Stato i titoli tossici detenuti dalle banche. Senz’altro può aiutare il sistema bancario a ripulire ulteriormente i bilanci e a ritornare più rapidamente alla normalità. Ma la realtà dei titoli tossici è molto complessa ed è evidente il pericolo di attribuire al pubblico compratore una enorme discrezionalità, con effetti distorsivi sui meccanismi di trasparenza dei salvataggi. Servono criteri chiari per definire bene i confini tra Stato proprietario e Stato regolatore.

ALLA RICERCA DI NUOVE REGOLE. E DI NUOVE CLASSI DIRIGENTI

Il G20 dovrà indicare la nuova architettura delle regole di supervisione del mondo finanziario. Tra le proposte, collegi di supervisori per i grandi gruppi internazionali, codici di condotta per tutti gli investitori istituzionali, armonizzazione delle regole sul capitale delle banche. Ma non basta definire norme condivise, serve qualcuno in grado di applicarle. Un ruolo che potrebbe svolgere il Fondo monetario internazionale, se si procedesse a una revisione dei suoi meccanismi di governo. Necessario anche un profondo rinnovamento delle classi dirigenti.

LO STATO DELLE BANCHE

Lo Stato ha assunto un ruolo da protagonista negli assetti proprietari degli intermediari. Ciò comporta molti rischi e incognite. I recenti decreti salva-banche varati dal governo prevedono correttamente che a tutela del contribuente le azioni pubbliche siano privilegiate nella distribuzione dei dividenti. Manca però un esplicito divieto del diritto di voto. Né si dice niente sulla durata della presenza statale, che dovrebbe essere temporanea e rigidamente delimitata. E le banche dovranno difendere la loro autonomia costruendo una governance virtuosa.

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