Le battaglie societarie sulle banche italiane dimostrano che una buona regolamentazione è fondamentale per il corretto funzionamento dei mercati e la tutela della stabilità degli intermediari. Ma è altrettanto importante avere “buone” Autorità che applichino quelle regole con efficienza e imparzialità. E in un mercato finanziario denominato in un’unica valuta, per una disciplina uniforme e libera da condizionamenti nazionali, sarebbe opportuna la centralizzazione delle competenze di vigilanza in una Autorità europea, “costruita” sull’esempio della Bce.
Autore: Francesco Vella
Francesco Vella insegna Diritto Commerciale e Diritto Bancario all’Università di Bologna. Nella sua attività di ricerca ha prodotto quattro manuali (tutti editi dal Mulino), quattro monografie e numerose pubblicazioni in volumi collettanei e riviste in materia bancaria, finanziaria e societaria. Ha ricoperto e ricopre incarichi in organismi di controllo e di amministrazione, come amministratore indipendente, in società quotate. E’ tra i soci fondatori dell’Associazione Disiano Preite. È membro della redazione della voce.info.
Pur tra innegabili contraddizioni, il disegno di legge sulla tutela del risparmio ha il merito di introdurre alcune importanti novità nella corporate governance delle società quotate. La più coraggiosa è l’introduzione della figura dell’amministratore di minoranza. Una scelta che ha subito risvegliato l’antico timore sui pericoli di una degenerazione dei conflitti societari che potrebbe derivare da un eccessivo spazio riconosciuto alle minoranze. Al contrario, potrebbe invece incoraggiare gli investitori istituzionali a organizzarsi e essere presenti nei consigli.
La tutela del risparmio si realizza con regole efficaci e severe. Ma soprattutto generando fiducia in un funzionamento trasparente e competitivo dei mercati finanziari. La legge approvata alla Camera non raggiunge questo obiettivo. La trasparenza come “bene pubblico” non è adeguatamente valorizzata. Si rinuncia a una seria riorganizzazione delle competenze di vigilanza. E per prevenire il conflitto di interessi tra banca e industria, si impongono vincoli di finanziamento agli imprenditori che partecipano al capitale degli intermediari.
La travagliata vicenda delle primarie del centrosinistra pone un dilemma di rilievo per la “qualità” del nostro sistema democratico: se sia possibile soddisfare la sacrosanta esigenza di rinnovare le procedure di selezione del personale politico, pur continuando a fare affidamento per vincere le elezioni sulle forme organizzative tradizionali. Per superarlo, sarebbe innanzitutto necessario fare delle primarie un metodo che vale sempre e per tutti. E studiare un sistema misto che attribuisca potere di voto direttamente agli elettori, ma anche ai rappresentanti delle “forme organizzate”.
Le autorità nazionali di vigilanza utilizzano spesso i poteri di autorizzazione allingresso nel capitale delle banche, previsti dalle direttive comunitarie, per impedire aggregazioni transfrontaliere. Così in un mercato finanziario denominato da un’unica valuta, prevale la frammentazione e non nasce un polo capace di competere con le grandi banche americane. La soluzione non è la modifica della normativa, ma la integrazione e la centralizzazione della vigilanza, con la creazione di una autorità europea indipendente e autonoma dagli interessi dei singoli Stati.
La durata del mandato del governatore non ha niente a che vedere con la maggiore trasparenza degli investimenti e i più rigorosi controlli societari. Anche se un riassetto della governance delle autorità di vigilanza è utile perché contribuisce a migliorarne lefficienza. Ma nel sistema delineato dal recente progetto di legge è troppo forte e incisivo lo spazio dellintervento governativo. Mentre per tutelare davvero il risparmio vanno rafforzati poteri e indipendenza delle autorità di controllo.
La parte più deludente del progetto di legge sulla tutela del risparmio è quella relativa alla riorganizzazione della vigilanza. Cè il desiderio di recuperare al controllo governativo un terreno che dovrebbe invece rimanere di esclusiva pertinenza delle Autorità. E per evitare che queste agiscano con logiche autoreferenziali è necessario definirne con precisione competenze e poteri, riducendo gli spazi di discrezionalità. Occorrono interventi coraggiosi sulla Consob, ma anche sulla Banca dItalia, per rendere più trasparenti le strutture di governance e i processi decisionali.
La tradizionale suddivisione delle competenze di vigilanza per soggetti è poco funzionale nei mercati finanziari sviluppati. In molti paesi, la scelta è stata dunque tra il regolatore unico e la divisione dei poteri di controllo tra due distinte autorità. LItalia ha mantenuto finora un apparato ibrido e la necessaria riforma può arrivare sullonda della crisi Parmalat. Il modello a due autorità sembra il più adatto al nostro paese, ma non è sufficiente per tutelare i risparmiatori. Serve un ampliamento dei poteri di intervento e sanzionatori, cui deve però corrispondere una più forte trasparenza dei processi decisionali.