La riforma della Banca d’Italia presentata dal Governo compie il solo “miracolo” di lasciare tutto come prima, aggravando la situazione. Si definisce il mandato a termine, ma manca la disciplina transitoria per garantire un rapido ricambio. Molta incoerenza anche sulla questione della collegialità nell’esercizio dei poteri di vigilanza. L’intervento sull’assetto proprietario della Banca previene un conflitto di interessi che non c’è. Per infilarsi in un labirinto: come valutare le quote di partecipazione che le banche dovranno cedere allo Stato.
Autore: Francesco Vella Pagina 15 di 16
Francesco Vella insegna Diritto Commerciale e Diritto Bancario all’Università di Bologna. Nella sua attività di ricerca ha prodotto quattro manuali (tutti editi dal Mulino), quattro monografie e numerose pubblicazioni in volumi collettanei e riviste in materia bancaria, finanziaria e societaria. Ha ricoperto e ricopre incarichi in organismi di controllo e di amministrazione, come amministratore indipendente, in società quotate. E’ tra i soci fondatori dell’Associazione Disiano Preite. È membro della redazione della voce.info.
La recente riforma delle diritto fallimentare non interviene sulle procedure speciali e lascia ampio spazio agli interventi della pubblica amministrazione nella gestione delle crisi d’impresa. L’amministrazione straordinaria sta diventando una procedura sempre più adottata non solo per le grandi, ma anche per le medie imprese. Una vera riforma che valorizzi il ruolo del mercato e la funzione di garanzia del giudice deve costringere la mano pubblica a fare un passo indietro e deve imporre una maggiore specializzazione dei giudici.
L’accesso alle attività nel mercato finanziario non snatura le imprese cooperative. E infatti vi operano già da decenni. La loro peculiarità si fonda piuttosto sulla democraticità interna, sulla trasparenza, sulla centralità e il coinvolgimento dei soci. Il vero problema è allora la scarsa contendibilità delle cooperative. Che devono perciò sopportare gli inevitabili costi di un passaggio a regole di governance “democratica” se non vogliono correre il rischio di essere condannate a rimanere piccole da retorici richiami ai principi mutualistici.
I vincoli comunitari tutelano lÂ’autonomia e lÂ’indipendenza delle Banche Centrali degli stati membri, ma non impongono la strada dellÂ’autoriforma. Un parere della BCE del 2004 contiene importanti indicazioni sul mandato a termine, il periodo transitorio e sulle regole di trasparenza e accountability.
Nella vicenda Banca d’Italia il Governo sta a guardare, dando l’impressione di non poter far nulla. E’ un atteggiamento irresponsabile che rischia di dilapidare il grande capitale di competenze e credibilità che rimane nella Banca d’Italia. E’ necessario, invece, che il Governo intervenga su tre aspetti: durata del mandato, collegialità delle decisioni e competenze della Banca. Questi problemi devono essere affrontati prima di una eventuale nomina di un nuovo Governatore. Non è necessario inventare nulla di nuovo: basta applicare le regole già previste per la Banca centrale europea.
Le battaglie societarie sulle banche italiane dimostrano che una buona regolamentazione è fondamentale per il corretto funzionamento dei mercati e la tutela della stabilità degli intermediari. Ma è altrettanto importante avere “buone” Autorità che applichino quelle regole con efficienza e imparzialità . E in un mercato finanziario denominato in un’unica valuta, per una disciplina uniforme e libera da condizionamenti nazionali, sarebbe opportuna la centralizzazione delle competenze di vigilanza in una Autorità europea, “costruita” sull’esempio della Bce.
Pur tra innegabili contraddizioni, il disegno di legge sulla tutela del risparmio ha il merito di introdurre alcune importanti novità nella corporate governance delle società quotate. La più coraggiosa è l’introduzione della figura dell’amministratore di minoranza. Una scelta che ha subito risvegliato l’antico timore sui pericoli di una degenerazione dei conflitti societari che potrebbe derivare da un eccessivo spazio riconosciuto alle minoranze. Al contrario, potrebbe invece incoraggiare gli investitori istituzionali a organizzarsi e essere presenti nei consigli.
La tutela del risparmio si realizza con regole efficaci e severe. Ma soprattutto generando fiducia in un funzionamento trasparente e competitivo dei mercati finanziari. La legge approvata alla Camera non raggiunge questo obiettivo. La trasparenza come “bene pubblico” non è adeguatamente valorizzata. Si rinuncia a una seria riorganizzazione delle competenze di vigilanza. E per prevenire il conflitto di interessi tra banca e industria, si impongono vincoli di finanziamento agli imprenditori che partecipano al capitale degli intermediari.
La travagliata vicenda delle primarie del centrosinistra pone un dilemma di rilievo per la “qualità ” del nostro sistema democratico: se sia possibile soddisfare la sacrosanta esigenza di rinnovare le procedure di selezione del personale politico, pur continuando a fare affidamento per vincere le elezioni sulle forme organizzative tradizionali. Per superarlo, sarebbe innanzitutto necessario fare delle primarie un metodo che vale sempre e per tutti. E studiare un sistema misto che attribuisca potere di voto direttamente agli elettori, ma anche ai rappresentanti delle “forme organizzate”.
Le autorità nazionali di vigilanza utilizzano spesso i poteri di autorizzazione allÂ’ingresso nel capitale delle banche, previsti dalle direttive comunitarie, per impedire aggregazioni transfrontaliere. Così in un mercato finanziario denominato da un’unica valuta, prevale la frammentazione e non nasce un polo capace di competere con le grandi banche americane. La soluzione non è la modifica della normativa, ma la integrazione e la centralizzazione della vigilanza, con la creazione di una autorità europea indipendente e autonoma dagli interessi dei singoli Stati.