Dei due ticket introdotti con la manovra di metà luglio, quello di 25 euro sulluso inappropriato del pronto soccorso è stato ampiamente accettato ma quello di 10 euro per la ricetta con prescrizioni specialistiche (visite mediche, esami di laboratorio, diagnostica per immagini, terapie riabilitative, eccetera) è stato ampiamente contestato. Non solo iniquo ma anche irrazionale, ha scritto su queste colonne Nerina Dirindin ( 19.07). Esso, infatti, devia dalla struttura pubblica molti esami a basso costo e profittevoli, rendendo conveniente effettuarli presso presidi privati senza ricetta. In effetti, varie regioni stanno cercando di evitare o di modulare diversamente tale ticket.
Ma questo mossa avventata del governo non deve ingannare sulla necessità di affrontare con realismo il tema generale del ticket in sanità, data la prospettiva di una crescita della spesa cui il finanziamento pubblico, bloccato dalla necessità di azzerare il deficit ed abbassare il debito, non riesce a far fronte. Del resto, è doveroso ricordare che una stretta molto dura sulla sanità venne introdotta anche dal Governo Prodi nella seconda metà degli anni Novanta, ai tempi della rapida riduzione del deficit per entrare nelleurozona. Orbene, in termini generali siamo tra coloro che giudicano positivamente il ticket, ma chiediamo che ne sia distribuito meglio lonere attraverso una nuova configurazione del rapporto tra ticket e fiscalità.
PRO E CONTRO IL TICKET
Per giustificare tale tesi, richiamiamo i termini del dibattito. Innumerevoli le critiche al ticket: non riduce la domanda, perché le ricette le stila il medico, non il paziente; è regressivo, colpendo relativamente di più il povero del ricco; è dannoso per la salute, perché scoraggia il ricorso a cure tempestive; è negativo per la stessa finanza pubblica perché la mancata cura genera cure tardive più costose; è insensato sul piano gestionale perché comporta costi di esazione quasi pari al gettito.
La tesi a favore del ticket sostiene che tali affermazioni non hanno validità universale, ma dipendono dal reddito medio, dallistruzione e dallorganizzazione sanitaria; e di fatto non sono vere nel concreto contesto della sanità nei paesi europei che al ticket ricorrono sovente. Ma soprattutto va ricordato che da tempo i consumi sanitari nelle società ricche non sono più limitati alle cure necessarie per patologie serie. Alla sanità si ricorre anche nella ricerca della piena efficienza fisica e mentale, con due conseguenze: che una parte significativa della domanda diventa elastica al prezzo e che essa, pur legittima, non è necessariamente più meritevole di tutela di altre domande di servizi pubblici. Allora, di fronte a un grave problema di bilancio pubblico, se non bastano i filtri posti dallautolimitazione del paziente o dalla saggia parsimonia del medico, e di solito non bastano, diventa inevitabile razionare le cure in altro modo, sperando di tagliare o di inviare alla medicina privata solo la domanda meno importante per la salute. I mezzi sono: restrizione dei servizi garantiti, cattiva qualità dei servizi forniti, lunghe code di attesa, ticket. Il ticket può allora avere dei punti di merito rispetto ad altre soluzioni o almeno essere un legittimo ingrediente di una combinazione di strumenti di razionamento, specialmente se si ritiene che il paziente, aiutato dal medico, sappia distinguere tra esami e cure più o meno rinunciabili. Tanto più che se ne può modulare luso, differenziando il ticket per patologie e per livelli di reddito e si può quasi annullare il costo dellapparato di esazione attraverso linformatica.
IL TRATTAMENTO FISCALE
Ciò detto a favore del ticket come opportuno strumento di controllo della domanda, e solo in via subordinata come strumento di finanziamento della sanità, va aggiunto che esso andrebbe diversamente collegato alla fiscalità. Riespongo qui una mia vecchia e inascoltata tesi. (1) Mette al centro il significato dellintervento pubblico in sanità: evitare che il reddito insufficiente distolga dalle cure necessarie e quindi tutelare lindividuo e la famiglia dagli eventi gravi, non già azzerare o attenuare una spesa sanitaria marginale nelleconomia dellindividuo e della famiglia. Saltando per brevità passaggi intermedi e dettagli fiscali, tale approccio porta a configurare un sistema di ticket incisivi e generalizzati, con esenzioni a priori limitate ai casi di povertà e con un conguaglio fiscale in sede Irpef che preveda tre casi: nessuna agevolazione per la spesa annua complessiva inferiore a una prima soglia di incidenza percentuale sul reddito del contribuente; detrazione di una percentuale della spesa dallimposta per la parte di spesa compresa tra la prima e una seconda soglia; rimborso integrale, di norma sotto forma di credito dimposta e quindi con rimborso materiale limitato al caso dincapienza in sede Irpef, per la parte di spesa superiore alla seconda soglia.
Un esempio, immaginando che le soglie siano 1 per cento e 2,2 per cento del reddito e che il contribuente abbia un reddito lordo di 30mila euro. Primo caso, spesa annua per ticket inferiore a 300 euro: tutta a suo carico Secondo caso, spesa di 660 euro: avrebbe lattuale detrazione del 19 per cento sulla seconda tranche di 360, pagando quindi 592 euro. E questa spesa, pari a circa il 2 per cento del suo reddito, sarebbe il limite massimo, perché spese ulteriori gli sarebbero integralmente rimborsate.
Le soglie andrebbero ovviamente definite dopo attente analisi della distribuzione dei redditi e della domanda di cure. Ma lesempio fatto fa intuire che, comunque determinate entro confini ragionevoli, ne deriverebbero entrate più significative di quelle attuali e tuttavia con accettabili impatti sotto il profilo dellequità grazie ai limiti fissati su misura del contribuente. Il sistema proposto porterebbe anche vantaggi sul piano del controllo fiscale, attirando lattenzione sulle domande di rimborso e inducendo pertanto a una autocensura dei contribuenti infedeli. Si potrebbe poi pensare di usare la più significativa entrata da ticket anche come mezzo per premiare la diversa produttività degli operatori sanitari, così stimolando a offrire più servizi nellambito della sanità pubblica e riducendo il fenomeno delle liste di attesa, che è problema grave sotto il profilo dellefficacia sanitaria e dellequità. Ma questo è un tema aggiuntivo su cui converrà tornare.
(1) G. Muraro,”Il valore dell’equità in campo sanitario nelle società contemporanee”, in G. Costa e F. Faggian (a cura di), L’equità nella salute in Italia. Rapporto sulle diseguaglianze sociali in sanità, Fondazione Smith Kline, Franco Angeli, 1994, pp.43-56.