In tempi di pandemia, il ministero della Salute ha raccomandato agli italiani di vaccinarsi contro l’influenza. Ma non tutte le regioni si sono procurate dosi sufficienti per coprire le richieste. Le cause? Scarsa preparazione e confusione amministrativa.
Autore: Gilberto Turati Pagina 4 di 9
Gilberto Turati è professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove coordina la Laurea Magistrale in Management dei Servizi e il Master in Economia e Politica Sanitaria di ALTEMS/Coripe presso il Campus di Roma. É vicedirettore dell'Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e membro del Comitato Direttivo della Società Italiana di Economia Pubblica (Siep). Fa parte della redazione de lavoce.info, del comitato di redazione di “Politica Economica - Journal of Economic Policy” e del comitato di direzione del "Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Le cose nuove del XXI secolo". È stato prima ricercatore, poi professore associato all’Università degli Studi di Torino. É stato membro del Board della European Public Choice Society (EPCS) per il term 2012-2015 e Presidente dell’Organismo Indipendente di Valutazione della Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino per il mandato 2019-2022.
Si fa aspro lo scontro sulla possibilità di utilizzare il Mes. Ma favorevoli e contrari non sembrano avere un interesse reale al miglioramento del Servizio sanitario nazionale. Per questo servirebbe un piano particolareggiato, del quale non c’è traccia.
La diffusione del coronavirus in Italia sembra ora sotto controllo. Si può allora pensare alle conseguenze indirette della pandemia su altre gravi patologie. E alle soluzioni che si sperimentano in alcune regioni, a partire dalla telemedicina.
La diffusione di presunti test in grado di identificare anticorpi al Covid-19 rischia di generare nella popolazione false speranze e sicurezze in vista della “fase 2″. Sta alle autorità spiegarne correttamente il significato a cittadini e medici di base.
Il sistema ospedaliero è messo a dura prova dal Covid-19. Sotto accusa sono i tagli ai posti letto degli ultimi anni, anche se quelli in terapia intensiva sono aumentati. Per il dopo-epidemia si profila l’opportunità di un piano Marshall della sanità.
Di fronte al diffondersi dell’epidemia, l’Italia ha scelto la strada più dura, imponendo misure con riflessi molto pesanti sull’economia. Si tenta così di ridurre in maniera drastica il contagio. Ma cosa fanno gli altri paesi, in Europa e nel mondo?
Le attività di contenimento delle epidemie virali richiedono decisioni che travalicano i confini. Per questo la nostra Costituzione prevede che il governo centrale definisca i protocolli da applicare, mentre alle regioni ne è affidata l’attuazione.
Perché i partiti politici ostili all’immigrazione raccolgono voti soprattutto dove gli immigrati non ci sono? Molto dipende dalla concorrenza tra nativi e stranieri sul mercato del lavoro. Favorire la formazione dei lavoratori può essere una soluzione.
La spesa sanitaria pubblica del nostro paese è al di sotto della media dei paesi Ocse e della Ue. Ma la salute dei cittadini non ne ha sofferto. L’esperienza dei piani di rientro potrebbe dunque essere un serio esempio di spending review che funziona.