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Autore: Giovanni Siciliano

siciliano Giovanni Siciliano è laureato in economia all’Università Bocconi dove ha poi conseguito un Master in economia internazionale. Ha lavorato in Banca d’Italia dal 1992 al 1995 e poi presso la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) dove è attualmente Responsabile della Divisione Studi. Ha insegnato Finanza Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e presso la Luiss. E’ autore di numerosi saggi in materia di economia e regolamentazione dei mercati finanziari.

Dall’euro alla lira? I rischi sul debito pubblico*

Con l’uscita dalla moneta unica non sarebbe possibile mantenere il debito pubblico in euro, né ridurlo attraverso una ristrutturazione. L’unica strada sarebbe allora la ridenominazione in lire. Ma si tratterebbe comunque di una scelta molto pericolosa.

Vite parallele: Unione monetaria e Unione bancaria*

Come l’Unione monetaria, anche l’Unione bancaria rimane a metà del guado. È un progetto incompiuto, la cui piena realizzazione presuppone non solo modifiche dei Trattati, ma anche la volontà politica di procedere verso forme di integrazione fiscale.

Perché gli italiani tengono i soldi nel conto corrente*

Le famiglie tengono i risparmi nei depositi e le banche, prese tra stringenti requisiti patrimoniali e rischi di liquidità, investono in titoli di stato invece di erogare nuovo credito. Una combinazione che non aiuta la ripartenza dell’economia.

Cosa c’è dietro il mistero delle passività verso l’Eurosistema

La questione dei saldi debitori sul sistema Target 2 sembra un mistero. In realtà, la loro crescita segnala la debolezza del sistema bancario italiano e la sua incapacità di rispondere alle sfide dell’integrazione europea. Ed è un indicatore della perdita di competitività del sistema produttivo.

Quanto pesano le clausole di azione collettiva sul debito

Una eventuale uscita dall’euro sarebbe possibile solo con una ridenominazione del debito pubblico in lire. Ma dal 2013 sono in vigore le clausole di azione collettiva. Avrebbero effetti sulla ristrutturazione del debito? Sembra di no, a giudicare dai rendimenti dei titoli a parità di vita residua.

Oro delle banche centrali? Mettiamolo in vendita

Non c’è alcuna ragione che impedisca alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali di vendere l’oro che custodiscono nei loro forzieri, seguendo l’esempio di altri paesi. Il ricavato, però, va utilizzato per progetti di utilità sociale, non per finanziare spesa pubblica improduttiva.

Uscita dall’euro? Benvenuti all’inferno*

Una eventuale uscita dell’Italia dall’euro avrebbe gravi conseguenze. Gli investitori esteri abbandonerebbero il nostro paese e si avrebbe una forte riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, con effetti su consumi e attività produttiva. Scenari peggiori con la dissoluzione della moneta unica.

In equilibrio tra conti pubblici e utili delle banche centrali*

La politica monetaria molto espansiva adottata nell’area euro dal 2008 ha comportato un forte aumento degli utili delle banche centrali. Solo in parte distribuiti agli stati e con modalità decise a livello nazionale. Accantonamenti per garantire l’indipendenza ed esigenze di finanza pubblica.

Quanto vale la Banca d’Italia *

Il tema delle riserve della Banca d’Italia è complesso e rilevante sul piano finanziario. Ma non può essere di competenza di soggetti privati. Solo lo Stato può decidere sulla destinazione di risorse prodotte con beni pubblici. E per questo deve essere il solo azionista della Banca d’Italia.

Politica monetaria: se le banche vanno sul mercato aperto *

Nonostante la liquidità fornita al settore bancario con le aste a lungo termine della Bce, nell’area euro il credito al settore privato continua a contrarsi. Da ripensare gli strumenti della politica monetaria. Eliminando gli incentivi delle banche a investire in titoli di Stato.

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