Della lotta ai falsi invalidi si parla con una determinazione insolita in un Paese come l’Italia che considera la possibilità di ottenere una pensione, il più presto e il più a lungo possibile, alla stregua della prenotazione, nell’Aldilà, di un posto in Paradiso o almeno in Purgatorio.
Nella presentazione del Rapporto annuale dell’Inps il presidente-commissario, Antonio Mastrapasqua, ha denunciato che nel 2009, nel settore dell’invalidità civile (pensioni e assegni di accompagnamento), sono stati spesi 16 miliardi, pronti a salire a quota 17 miliardi nell’anno in corso, mentre i beneficiari si avvicinano ormai a 3 milioni di persone. Ecco, allora, la necessità di contrastare gli abusi, le clientele, le frodi e persino le organizzazioni criminali (sono parole contenute nella relazione di Mastrapasqua) che sono presenti ed operanti in un comparto assistenziale in grande espansione. Così, i Governi si sono messi a cifrare, nelle manovre, riduzioni di spesa derivanti dai controlli e dalle verifiche sugli accertamenti. Si dice che la situazione sia parecchio migliorata - non è difficile crederlo - da quando i servizi dell’Inps sono subentrati alle Asl, solitamente di manica più larga nel riconoscere le invalidità e nel liquidare i relativi sussidi (come si vede il federalismo non fa sempre risparmiare). L’attuale Governo sembra deciso ad insistere in una battaglia di trasparenze e correttezza, tanto da affidare - con un po’ di esagerazione - alla lotta ai falsi invalidi un ruolo significativo nell’ambito della manovra in preparazione. Insomma, si sta creando, in tutti i modi, anche con l’aiuto dei media, un clima di sospetto diffuso e generale intorno all’istituto dell’invalidità civile, nonostante che i risultati delle revisioni siano limitati (sia parla di meno di 20mila assegni revocati nell’anno).
Il CONTESTO FAMILIARE
Viene naturale, a questo punto, porsi una semplice domanda: se è vero che, soprattutto nelle regioni del sud, in tanti casi gli invalidi civili sono ricorsi a vere e proprie truffe pur di farsi riconoscere la pensione e/o l’indennità di accompagnamento (la sola prestazione assistenziale sganciata del reddito), che cosa si può dire del loro contesto familiare? In sostanza, se tanti sono gli invalidi che mentono sulle loro condizioni di salute, anche i loro familiari soffriranno del medesimo vizio. Ebbene, proprio nelle stesse ore in cui tutti i quotidiani riproducevano nei titoli le dichiarazioni di guerra del ministro Tremonti contro i falsi invalidi, la Camera (lo scorso 19 maggio) ha approvato all’unanimità una proposta di legge che unifica una dozzina di testi di tutti i gruppi, con la quale si riconosce il diritto di andare in pensione di vecchiaia con 5 anni di anticipo al parente (coniuge, genitore, fratello o sorella, figlio, comunque uno solo) che si è preso cura, in famiglia, di un disabile grave, per almeno 18 anni. Questo per i dipendenti privati e i lavoratori autonomi; per i dipendenti pubblici è previsto un regime di aspettativa retribuita. La proposta (AC 82 e abbinate, relatore Teresio Delfino dell’UdC) è stata in gestazione per 22 mesi; ha subito, strada facendo, dei correttivi importanti, grazie al dibattito in Commissione Lavoro e alla vigilanza della Commissione Bilancio, per quanto riguarda sia i requisiti, sia la platea degli aventi diritto, sia la copertura finanziaria. Una cautela importante è stata quella di farne una misura di carattere sperimentale per un triennio (2010-2012), onde poterne valutare in concreto gli effetti (ammesso che anche il Senato approvi il provvedimento). Che altro dire? Che cosa si può replicare a quanti rappresentano la storia di famiglie che assistono per lungo tempo un handicappato grave? Che al rientro dal lavoro devono anche accudire una persona bisognosa tutti i giorni dell’anno? Certo, si può rispondere che tra le pieghe delle norme si potranno determinare dei veri e propri abusi, magari portando anche degli esempi concreti. Ma alla fine, quando si mette in moto la gara del consenso (si ha a che fare con associazioni di categoria agguerrite e decise), restano soltanto angusti spazi per una debole testimonianza. L’opposizione è stata in prima linea, ma anche la maggioranza non si è fatta mancare nulla.
* vice presidente Commissione Lavoro della Camera