I dati diffusi dall’Istat sull’andamento dell’economia nel 2005 spengono ancora una volta i facili ottimismi. A evitare una caduta del Pil contribuiscono le voci meno virtuose: i consumi collettivi e l’accumulazione di scorte. Gettando un’ombra sulle prospettive per il 2006. Per i conti pubblici, rispetto alle previsioni di settembre, peggiora l’avanzo primario. Il miglioramento dell’indebitamento netto è dovuto a una diminuzione imprevista della spesa per interessi, agevolata da operazioni di finanza straordinaria. E aspettiamo la Trimestrale di cassa.
Autore: Giuseppe Pisauro Pagina 6 di 8
Si è laureato in Scienze Statistiche all'Università "La Sapienza" di Roma e ha proseguito gli studi di Economia presso la London School of Economics. Professore di Scienza delle Finanze presso l'Università "La Sapienza" di Roma (in precedenza ha insegnato all'Università di Campobasso, alla LUISS di Roma, alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e all'Università di Perugia). Si occupa prevalentemente di temi di finanza pubblica. Ha svolto attività di consulenza per istituzioni italiane e internazionali (IMF, Camera dei Deputati, Presidenza della Repubblica). Ha fatto parte della Commissione tecnica per la spesa pubblica (Ministero del Tesoro) dal 1991 fino al suo scioglimento nel 2003. Dal luglio 2006 dirige la Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze. Redattore de lavoce.info.
È stato Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio dal 2014 al 2022.
La manovra di finanza pubblica è ora molto diversa da quella presentata a settembre. Si è scongiurato il pericolo di una Finanziaria elettorale. Ma le previsioni di tagli alle spese e maggiori imposte per quasi 28 miliardi si realizzeranno? E saranno permanenti? L’impressione è che nei tagli vi sia ben poco di strutturale. Sulle entrate pesa il punto interrogativo del gettito della lotta all’evasione. L’eredità per la prossima legislatura resta pesante. Soprattutto, c’è bisogno di eliminare l’opacità e la frammentarietà dell’informazione sulle attività pubbliche.
La manovra di finanza pubblica, dopo le modifiche subite, è certamente più solida dal lato delle entrate, anche se appare ancora insufficiente a raggiungere lobiettivo sul disavanzo. Permane un pesante deficit di trasparenza che genera incertezza sui conti pubblici e, quindi, sulle caratteristiche delle politiche fiscali future. Rimuovere questa incertezza sarebbe più vantaggioso per le prospettive di crescita dell’economia di quanto non siano le varie misure “per la famiglia e lo sviluppo” presenti nella Finanziaria.
Dopo la pubblicazione di tutti i documenti di bilancio la copertura della manovra di finanza pubblica per il 2006 continua ad apparire debole. Intanto, si parla di un possibile intervento correttivo sul 2005, per rimediare al mancato realizzarsi delle misure previste dalla Finanziaria dello scorso anno. E’ un problema che potrebbe ripresentarsi anche nel 2006. In particolare suscitano interrogativi le entrate da vendite di immobili, la regolazione dei flussi di Tesoreria, il co-finanziamento dei progetti comunitari, la lotta all’evasione e la riforma della riscossione.
La Finanziaria dovrebbe ridurre il disavanzo di 11,5 miliardi. E’ una cifra insufficiente e che comunque difficilmente sarà realizzata, poiché contemporaneamente si destinano altri 11 miliardi a nuove spese e agevolazioni fiscali, la cui copertura è tutto fuorché solida. Sarebbe meglio, per una volta, abbandonare la retorica della Finanziaria per lo sviluppo e limitarsi a una correzione reale del disavanzo.
La riforma della Banca d’Italia presentata dal Governo compie il solo “miracolo” di lasciare tutto come prima, aggravando la situazione. Si definisce il mandato a termine, ma manca la disciplina transitoria per garantire un rapido ricambio. Molta incoerenza anche sulla questione della collegialità nell’esercizio dei poteri di vigilanza. L’intervento sull’assetto proprietario della Banca previene un conflitto di interessi che non c’è. Per infilarsi in un labirinto: come valutare le quote di partecipazione che le banche dovranno cedere allo Stato.
Laudizione di Siniscalco alle commissioni Bilancio di Camera e Senato è reticente sullo stato dei nostri conti pubblici. Per questo non serve a rassicurare i mercati. Né a valutare se è davvero possibile fare a meno di una manovra correttiva. Le prospettive negative dei conti pubblici non dipendono solo dalla crescita economica, ma anche dalla politica di bilancio seguita negli ultimi anni: un’ipoteca sul futuro che stiamo cominciando a pagare.
Dopo la revisione del Patto di stabilità, difficilmente l’Italia potrà beneficiare di maggiori margini di manovra rispetto a quelli che ha già utilizzato. La flessibilità per i paesi con un debito elevato non è aumentata, semmai è diminuita. Intanto, le previsioni della Commissione europea danno il nostro disavanzo pubblico al 3,6 per cento del Pil nel 2005. Il ciclo elettorale, con il promesso taglio delle imposte, potrebbe portarlo intorno al 6 per cento nel 2006. Ancor prima che dall’Europa, le sanzioni potrebbero arrivare dai mercati, con un incremento del costo del debito.
Eurostat non ha convalidato i dati su disavanzo e debito pubblico resi noti dallIstat. E’ una vicenda molto preoccupante per la possibilità concreta di una violazione del Patto di stabilità europeo negli ultimi due anni e per la credibilità dellItalia di fronte ai partner europei e ai mercati. Il divario tra indebitamento (di competenza) e fabbisogno (di cassa) della Pa potrebbe alla lunga far nascere il sospetto che si tratti di un tentativo italiano di addomesticare i conti. Forse varrebbe anche la pena di ripensare allo status di indipendenza dellIstat.
Dalla revisione sui dati di finanza pubblica del triennio 2001-2003 e dall’andamento nel 2004 apprendiamo di aver vissuto gli ultimi anni sul filo del rasoio del limite del 3 per cento. Per il 2005, le maggiori incertezze riguardano leffettiva realizzabilità di alcune misure decise nella Finanziaria. E non mancano le una tantum, comprese quelle che producono costi per il futuro. Ancora una volta si conferma che il sistema di controllo della spesa pubblica è poco efficace e trasparente, incapace di raccogliere le informazioni in modo completo e tempestivo.