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Con riferimento allarticolo di Lawrence Bartolomucci Shanno da fare le Olimpiadi a Roma nel 2020? pubblicato sul sito di Lavoce.info e ai molti commenti allo stesso, in qualità di Presidente della Commissione di compatibilità economica sulle Olimpiadi di Roma 2020 tengo a precisare quanto segue.
La Commissione di studio, composta, oltre che dal sottoscritto, da Pierpaolo Benigno, Giulio Napolitano, Fabio Pammolli, Giuseppe Pisauro e Lanfranco Senn, con il coordinamento di Franco Carraro per i rapporti con le varie istituzioni, non ha mai espresso una posizione pubblica né a favore né contro i giochi olimpici di Roma 2020. Invero, non era fra gli obiettivi dello studio quello di esprimere un parere favorevole o contrario all’evento Olimpiadi. La Commissione ha avuto il solo compito di studiare l’impatto economico dei giochi, inteso come impulso al Pil e all’occupazione generato da una determinata spesa pubblica e privata connessa alla preparazione dell’evento olimpico. Altresì, la Commissione non ha avuto il compito né di valutare l’appropriatezza economica delle spese stimate, che sono state fornite dal Comitato promotore dei giochi, né di comparare l’impatto economico delle Olimpiadi con quello di forme alternative di spesa pubblica. Valutazioni del genere sono appunto di pertinenza delle istituzioni politiche in carico delle relative decisioni.
La Commissione, che ha presentato il suo Rapporto al Presidente del Consiglio Mario Monti e ai Presidenti delle due Camere Giuseppe Schifani e Gianfranco Fini il 12 gennaio scorso, non ha inoltre mai affermato che i giochi sarebbero stati a costo zero. Né la Commissione ha mai sottaciuto che lorganizzazione delle Olimpiadi di Roma 2020 avrebbe necessitato di una significativa copertura finanziaria a carico dello Stato, la quale avrebbe richiesto sia nuove entrate sia tagli a spese già esistenti. Lo studio di previsione, realizzato da Prometeia su incarico della Commissione, ha indicato chiaramente la necessità di tale copertura finanziaria, come si può leggere a pagina 60 del nostro Rapporto, che Lavoce.info ha messo utilmente a disposizione dei lettori tra i documenti consultabili sul suo sito. Ed anche se nel lungo periodo il maggior gettito erariale conseguente allaumento del PIL avrebbe potuto compensare gli sforzi di spesa precedentemente sostenuti, è stato da noi chiaramente sottolineato in occasione delle relazioni illustrate al Presidente del Consiglio e ai Presidenti delle Camere che la necessità della copertura finanziaria si sarebbe presentata prima, mentre gli eventuali benefici sarebbero arrivati dopo.
Allo stesso tempo, già nella mia introduzione allo studio (pagg. 9-12), sono espresse in modo esplicito, oltre che le citate ed altre criticità di finanza pubblica nellattuale difficile scenario italiano ed europeo, anche le potenziali opportunità che i giochi olimpici di Roma avrebbero potuto offrire. A parte gli impatti positivi sul Pil e sulloccupazione (questultima, chiaramente, in prevalenza temporanea) previsti da Prometeia, è stato altresì sottolineato il possibile ruolo delle Olimpiadi quale volano di attrazione turistica per i futuri ricchi cittadini dei Paesi emergenti del mondo.
In definitiva, la Commissione è sempre stata, come le era richiesto, indipendente, anche dal Comitato promotore, di cui peraltro ha apprezzato la professionalità e lo spirito di collaborazione. Con il suo rapporto, che include anche unapprofondita nota sulla delicatezza degli aspetti di trasparenza della spesa e dei tempi di esecuzione dei lavori e sulle condizioni di fattibilità amministrativa dei giochi olimpici, la Commissione ha semplicemente svolto un lavoro al servizio del Paese, nellaugurabile intento di poter contribuire a mettere il Presidente del Consiglio, il Governo e il Parlamento nelle condizioni di poter fare una scelta pienamente consapevole.
Non credo perciò che sia utile fare dello scandalismo né verso una commissione che ha lavorato per oltre sei mesi a titolo gratuito e con grande impegno né verso le analisi di Prometeia, che in poco tempo ha condotto uno studio di previsione econometrica allaltezza della sua riconosciuta professionalità.
Marco Fortis
LA RISPOSTA DELL’AUTORE
Con riferimento allarticolo di Lawrence Bartolomucci Shanno da fare le Olimpiadi a Roma nel 2020? pubblicato sul sito di Lavoce.info e ai molti commenti allo stesso, in qualità di Presidente della Commissione di compatibilità economica sulle Olimpiadi di Roma 2020 tengo a precisare quanto segue. La Commissione di studio, composta, oltre che dal sottoscritto, da Pierpaolo Benigno, Giulio Napolitano, Fabio Pammolli, Giuseppe Pisauro e Lanfranco Senn, con il coordinamento di Franco Carraro per i rapporti con le varie istituzioni, non ha mai espresso una posizione pubblica né a favore né contro i giochi olimpici di Roma 2020. Invero, non era fra gli obiettivi dello studio quello di esprimere un parere favorevole o contrario all’evento Olimpiadi. La Commissione ha avuto il solo compito di studiare l’impatto economico dei giochi, inteso come impulso al Pil e all’occupazione generato da una determinata spesa pubblica e privata connessa alla preparazione dell’evento olimpico. Altresì, la Commissione non ha avuto il compito né di valutare l’appropriatezza economica delle spese stimate, che sono state fornite dal Comitato promotore dei giochi, né di comparare l’impatto economico delle Olimpiadi con quello di forme alternative di spesa pubblica. Valutazioni del genere sono appunto di pertinenza delle istituzioni politiche in carico delle relative decisioni. La Commissione, che ha presentato il suo Rapporto al Presidente del Consiglio Mario Monti e ai Presidenti delle due Camere Giuseppe Schifani e Gianfranco Fini il 12 gennaio scorso, non ha inoltre mai affermato che i giochi sarebbero stati a costo zero. Né la Commissione ha mai sottaciuto che lorganizzazione delle Olimpiadi di Roma 2020 avrebbe necessitato di una significativa copertura finanziaria a carico dello Stato, la quale avrebbe richiesto sia nuove entrate sia tagli a spese già esistenti. Lo studio di previsione, realizzato da Prometeia su incarico della Commissione, ha indicato chiaramente la necessità di tale copertura finanziaria, come si può leggere a pagina 60 del nostro Rapporto, che Lavoce.info ha messo utilmente a disposizione dei lettori tra i documenti consultabili sul suo sito. Ed anche se nel lungo periodo il maggior gettito erariale conseguente allaumento del PIL avrebbe potuto compensare gli sforzi di spesa precedentemente sostenuti, è stato da noi chiaramente sottolineato in occasione delle relazioni illustrate al Presidente del Consiglio e ai Presidenti delle Camere che la necessità della copertura finanziaria si sarebbe presentata prima, mentre gli eventuali benefici sarebbero arrivati dopo. Allo stesso tempo, già nella mia introduzione allo studio (pagg. 9-12), sono espresse in modo esplicito, oltre che le citate ed altre criticità di finanza pubblica nellattuale difficile scenario italiano ed europeo, anche le potenziali opportunità che i giochi olimpici di Roma avrebbero potuto offrire. A parte gli impatti positivi sul Pil e sulloccupazione (questultima, chiaramente, in prevalenza temporanea) previsti da Prometeia, è stato altresì sottolineato il possibile ruolo delle Olimpiadi quale volano di attrazione turistica per i futuri ricchi cittadini dei Paesi emergenti del mondo. In definitiva, la Commissione è sempre stata, come le era richiesto, indipendente, anche dal Comitato promotore, di cui peraltro ha apprezzato la professionalità e lo spirito di collaborazione. Con il suo rapporto, che include anche unapprofondita nota sulla delicatezza degli aspetti di trasparenza della spesa e dei tempi di esecuzione dei lavori e sulle condizioni di fattibilità amministrativa dei giochi olimpici, la Commissione ha semplicemente svolto un lavoro al servizio del Paese, nellaugurabile intento di poter contribuire a mettere il Presidente del Consiglio, il Governo e il Parlamento nelle condizioni di poter fare una scelta pienamente consapevole. Non credo perciò che sia utile fare dello scandalismo né verso una commissione che ha lavorato per oltre sei mesi a titolo gratuito e con grande impegno né verso le analisi di Prometeia, che in poco tempo ha condotto uno studio di previsione econometrica allaltezza della sua riconosciuta professionalità.
IL PRESIDENTE INAS-CISL SCRIVE
Leggo con stupore e indignazione larticolo di Andrea Tardiola Linvalidità e la fabbrica delle domande, pubblicato dalla rivista on line La Voce, che contiene affermazioni di carattere denigratorio del ruolo e dellazione dei patronati in tema di invalidità civile. In merito a quanto lautore afferma sulla ripartizione del finanziamento dei patronati, è necessario precisare che, in generale, la distribuzione del fondo non è direttamente proporzionale al numero di domande presentate agli enti previdenziali, ma è collegata al riconoscimento dei benefici economici connessi alla liquidazione delle varie prestazioni assistenziali e previdenziali. Ciò significa che il patronato riceve il finanziamento soltanto se alla domanda di accertamento dello status di invalidità civile presentata corrisponde la liquidazione di una provvidenza economica (pensione di inabilità o assegno di invalidità o indennità di accompagnamento).
Va da sé che la soluzione prospettata dallautore, in ordine a diversi criteri di distribuzione delle risorse riservate ai patronati, è priva di significato in quanto erronee le premesse. In particolare, non risulta conforme al dettato normativo il sillogismo tra riconoscimento dello status di invalido e percezione dei benefici economici connessi , in quanto ad oggi è sufficiente vedersi riconosciuta una percentuale di invalidità pari almeno al 34% per essere ritenuto invalido e poter comunque accedere ad una pluralità di diritti, la maggior parte dei quali è legata allaccesso al mondo del lavoro e ai rapporti ad esso correlati.
In questo contesto, appare opportuno ricordare che, per ottenere un beneficio economico in qualità di invalido civile occorre essere in possesso di una percentuale di invalidità pari almeno al 74% e di redditi non particolarmente elevati.
Per quanto concerne laffermazione che il 95% delle istanze di riconoscimento dello status di invalido è stato presentato dai patronati nel 2010, tale dato corrisponde al vero ed è conseguenza non solo del fatto che il patronato è il primario riferimento in tema di diritti dei cittadini, ma anche del fatto che la procedura per la presentazione dellistanza è esclusivamente telematica. La difficoltà dei cittadini ad utilizzare questo canale e la frequente indisponibilità delle sedi Inps a fornire informazioni allutenza, a causa delle attestate carenze di personale, rendono necessario un forte intervento dei patronati a sostegno dellutenza.
In questa azione, il patronato svolge pienamente la sua funzione di soggetto costituzionalmente deputato ad assistere i cittadini nella richiesta di servizi e prestazioni ai vari enti previdenziali, consentendo a chi è in possesso di adeguata certificazione medica di poter richiedere, allente previdenziale, laccertamento del suo possibile status di invalido.
Nonostante lo sdegno nel leggere queste considerazioni false e approssimative, proprio il ruolo istituzionale che il patronato svolge nel sistema di protezione sociale nel nostro Paese mi impone la responsabilità di essere disponibile a qualsiasi confronto, in sedi istituzionali ed informali, sulle questioni sollevate nel succitato articolo. Potremmo discutere, ad esempio, dellinefficienza del sistema di gestione della presentazione delle domande così come ideato e costruito dallInps – e dei problemi di natura tecnica delle procedure informatiche che, in molti casi, precludono ai cittadini la possibilità di rivendicare un diritto. Mi preme sottolineare, infatti, che lefficacia e lefficienza dellintero sistema di riconoscimento di tutte le provvidenze di natura previdenziale, assistenziale e infortunistica, è questione di primario interesse e rilevanza sulla quale ritengo di avere titolo a portare analisi, opinioni, proposte, a partire dal tema del contenzioso, i cui esiti nella maggior parte dei casi risultano a favore dei cittadini.
Non posso tollerare, invece, qualsiasi opera di disinformazione che tenda a snaturare e svilire loperato dei patronati che – in collaborazione con gli enti previdenziali e, in generale, con la pubblica amministrazione – con responsabilità, abnegazione e spirito di servizio, operano per il mantenimento di un elevato standard qualitativo del sistema di protezione sociale nel nostro Paese. Più di 10 milioni di cittadini, infatti, si rivolgono ogni anno ai patronati, dichiarando un alto livello di soddisfazione dei servizi, come si evince da autorevolissime indagini di customer satisfaction svolte di recente. Non è per caso che proprio la centralità del patronato nella tutela gratuita dei diritti individuali disturbi quei gruppi di interessi che vorrebbero fare di tali diritti un affare?
Antonino Sorgi, presidente Inas-Cisl
IL COORDINATORE REGIONALE PATRONATO INCA-CGIL SCRIVE
Egregio direttore LaVoce.info,
nel pezzo “L’Invalidità e la Fabbrica delle domande” a firma di Andrea Tardiola, si ravvisa una grave imprecisione in relazione al finanziamento dei patronati. Il finanziamento che riceviamo infatti, non è proporzionale al numero delle istanze patrocinate, bensì a quello delle istanze che hanno esito favorevole per il cittadino (articolo 6 comma 1 DM 193/2008). Ecco così smontata la congettura dell’autore in ordine al presunto interesse dei patronati a presentare domande “infondate”. Imprecisa è anche l’affermazione che le pratiche di invalidità sono tra quelle per cui è previsto il maggior punteggio; in realtà, più del 90% delle domande di accertamento dell’invalidità civile, sono orientate al riconoscimento del diritto alla indennità di accompagnamento, per cui è previsto 1 solo punto a statistica, il più basso tra le prestazioni di assistenza e previdenza (una pensione di vecchiaia per esempio, “vale ” 5 punti).
Infine, spiace constatare come nell’articolo manchi una informazione fondamentale sul nostro lavoro: assistiamo ogni giorno in Lombardia, tra mille difficoltà organizzative, centinaia di cittadini in difficoltà e i loro famigliari, inoltriamo all’Inps questa domanda che è necessaria a ottenere non solo la “pensione”, anche l’esenzione dal ticket, il collocamento agevolato per gli invalidi, i permessi ai sensi della L.104, e lo facciamo utilizzando la modalità telematica, che l’Inps con una decisione unilaterale ha reso esclusiva dal 1 gennaio del 2010.
La ringrazio per l’attenzione.
Mauro Paris, Coordinatore regionale Patronato Inca Cgil
LA REPLICA DI ANDREA TARDIOLA
Le lettere di Antonino Sorgi, presidente dell’Inas-Cisl, e di Mauro Paris, Coordinatore dell’Inca-Cgil della Lombardia, rispondono all’articolo Linvalidità e la fabbrica delle domande affermando che i patronati sono finanziati in base al criterio della domanda positiva, cioè andata a buon fine e quindi utile all’erogazione della provvidenza economica. Questo, secondo i due autori, sarebbe sufficiente a dimostrare che non sussiste nel meccanismo di finanziamento del patronato un incentivo occulto che favorisce l’alto numero di domande.
Credo che si confermi, piuttosto, il presupposto dell’articolo: retribuire l’attività dei patronati in ragione delle istanze (sebbene quelle andate in porto) induce ad aumentarle quanto più possibile. Questo per la natura del procedimento di riconoscimento dell’invalidità, che si caratterizza per la sua natura discrezionale, pur trattandosi della discrezionalità tecnica delle commissioni mediche. Infatti, il problema non si presenta nelle attività dei patronati nelle quali non esiste discrezionalità tecnica, cioè le istanze di natura previdenziale; per queste il criterio di finanziamento per pratica non rischia di provocare distorsioni
Diverso è il caso dell’invalidità, per le ragioni che ho appena spiegato. E per questa ragione suggerisco nell’articolo di correggere il criterio inserendo nei criteri di finanziamento degli abbattimenti per le domande negative, intendendo per tali sia quelle che non danno diritto ad un assegno, sia quelle che non consentono l’accesso agli altri benefici in kind, rispetto ai quali, purtroppo, la quantificazione non è consentita allo stato delle informazioni presenti negli archivi amministrativi INPS. Ad esempio: se il punteggio per domanda positiva è pari a 6, per le domande rigettate o con punteggio inutile il punteggio si dovrebbe abbattere per 0,50 (indico questa percentuale a solo titolo di esempio).
Questa soluzione, peraltro, non dovrebbe preoccupare il patronato se, come affermano gli autori delle lettere, lo scarto tra domande e assegni è in gran parte dovuto ai riconoscimenti di invalidità con punteggio più basso ma comunque utile per l’inserimento lavorativo, i congedi parentali ecc.
Ho già ribadito sul sito de lavoce.info che questa analisi non intende mettere in questione il determinante ruolo del patronato come interfaccia tra cittadini e amministrazione. Ciononostante, proprio per la loro prossimità allutenza che si affaccia alla procedura dellinvalidità e per il ruolo che rivestono nella fase iniziale (i patronati in realtà nellintera procedura) cè da chiedersi se la regolamentazione che li riguarda presenti incentivi/disincentivi nel conformare i rispettivi comportamenti. Infatti, non credo che l’incentivo attuale si traduca in una strategia espressa delle organizzazioni nel favorire la presentazione di domande, ma piuttosto che agisca diffusamente nell’operato quotidiano dei moltissimi addetti che si relazionano con l’utenza.
Un’ultima precisazione: Mauro Paris sostiene anche che la maggior parte delle domande in Lombardia è rivolta all’ottenimento dell’indennità di accompagnamento e che per questa prestazione al patronato non è riconosciuto alcun punteggio. Questa seconda considerazione andrebbe a negare ulteriormente l’esistenza di un incentivo a proporre domande. Tuttavia l’indennità di accompagnamento non concorre al finanziamento perché si tratta di una prestazione naturalmente connessa all’invalidità (occorre il riconoscimento del 100 per cento di invalidità per ottenerlo). Non a caso, la nuova procedura telematica INPS a regime dal 2010, conta che grande parte delle domande viene fatta associando queste due prestazioni. Questo mi pare contraddire quanto scritto da Paris.
Il decreto di liberalizzazioni approvato dal Governo Monti è riuscito ad aprire settori della nostra economia finora difficili da toccare. Tra i motivi del ritardo con cui lItalia vara queste norme cè stata senza dubbio la consistente presenza di rappresentanti delle professioni tra le sedie del Parlamento: in Camera e Senato abbiamo 341 tra avvocati, giornalisti, medici, ingegneri, commercialisti, architetti, notai e farmacisti. Si tratta del 36% dei nostri parlamentari, che saranno presto chiamati a sostenere un decreto che li riguarda personalmente, ma che soprattutto interviene su attività che contribuiscono al Pil fino al 22%.
Le liberalizzazioni favoriranno la crescita, come dimostrato da numerosi studi. Proponiamo alcune letture riguardo la struttura di mercato e le performance del commercio al dettaglio. È stato dimostrato, sia nel caso della Francia che in quello dell’Italia, che restrizioni allentrata per i grandi negozi non sembrano aiutare i piccoli commercianti, dal momento che le grandi catene di vendita al dettaglio rispondono alle restrizioni aprendo negozi di minori dimensioni, creando condizioni concorrenziali difficili da sostenere; inoltre, un’eccessiva regolamentazione fa diminuire la crescita occupazionale. Altri studi dimostrano come, nel caso inglese, le regolamentazioni restrittive all’ingresso riducano il numero di grandi supermercati e causino un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, con conseguente perdita di benessere per i consumatori.
Un ultimo studio sulle farmacie in Belgio mostra come le restrizioni all’ingresso abbiano avuto un impatto negativo sul benessere dei consumatori e che l’intensa regolamentazione non sia riuscita a garantire la disponibilità dell’offerta su tutto il territorio: con regole meno restrittive si potrebbero avere il doppio delle farmacie, più posti di lavoro ed una migliore copertura territoriale.
(a cura di Francesca Barbiero, Filippo Teoldi, Guido Zichichi)
Oltre ai commenti sulle dismissioni del patrimonio immobiliare e sulla pubblica amministrazione, pubblichiamo altre due brevi osservazioni sul maxi-emendamento alla legge di Stabilità che risponde alle domande poste dalla Commissione europea. Sugli ordini professionali, se le lobby non la spunteranno anche questa volta, due misure di liberalizzazione che riguardano le tariffe minime e le società di professionisti. Sui servizi pubblici locali, rimane (anzi, si accentua) la natura burocratica del provvedimento, con scarso rilievo per gli incentivi economici che avrebbero consentito, invece, di accelerare il processo di liberalizzazione.
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