Con il ritorno dell’inflazione è tornato anche il fiscal drag. Per lavoratori dipendenti e pensionati è una quota non indifferente di Irpef pagata in più senza un reale aumento del reddito. Lo stato dovrebbe restituirlo: i modi per farlo ci sono.
Autore: Leonzio Rizzo Pagina 1 di 10
Si è laureato in Economia all'Università Cattolica di Milano. Ha conseguito il Master in Economics a Louvain-la-Neuve e il dottorato in Economia Politica all'Università Federico II di Napoli. E' stato Marie Curie post-doc fellow alla LSE. Si occupa di temi di economia pubblica e political economy con particolare riguardo alla finanza locale. Ha insegnato all'Università Cattolica di Milano e all'Università di Novara e Ferrara. E' professore ordinario di Scienza delle Finanze presso quest'ultima Università e research affiliate presso l'IEB dell'Università di Barcellona. Ha svolto e svolge attività di consulenza per vari enti pubblici. È stato membro del comitato direttivo della Siep (Società Italiana di Economia Pubblica) per il periodo 2015-2021. È redattore de lavoce.info. @leonziorizzo su Twitter.
Parte delle coperture previste dalla legge di bilancio per spese certe sono una scommessa. Il governo ipotizza infatti che la riduzione del carico fiscale sul lavoro e le misure di sostegno alle famiglie si trasformino in una crescita del Pil. Ma sarà così?
Quattro regioni hanno chiesto maggiore autonomia su materie non-Lep, quelle che secondo la legge non dovrebbero ledere l’eguaglianza dei diritti civili e sociali. Pur nella totale mancanza di trasparenza del processo, alcuni esempi mostrano il contrario.
Ridurre il carico fiscale su pensionati e lavoratori dipendenti con reddito medio è possibile. Basta portare la tassazione su donazioni e successioni ai livelli di altri paesi europei. Una semplice modifica delle aliquote darebbe un gettito di 3,5 miliardi.
Il confronto tra quanto indicato nel Documento programmatico di bilancio e quanto scritto nel disegno di legge di bilancio rivela alcune differenze. La manovra è più ampia del previsto. Ma è sulle coperture che i cambiamenti sono particolarmente rilevanti.
Il governo ha approvato una manovra per il 2025 da poco più di 28 miliardi. Per una parte verrebbe finanziata in deficit. Ma il problema sono le coperture previste: se si escludono l’utilizzo del fondo per la delega fiscale e i tagli a regioni ed enti locali, non provengono da entrate permanenti.
Il Piano strutturale di bilancio ha aspetti positivi, come il fatto che il percorso di aggiustamento sia più incisivo di quanto richiesto dalla Commissione. Mancano però i numeri su come ottenere i risultati. E le ipotesi fatte potrebbero non realizzarsi.
Con l’autonomia differenziata non diminuiranno le risorse per il Sud. Preoccupa invece la mancanza di criteri per l’attribuzione delle materie. E il fatto che in futuro a decidere sui finanziamenti sia una commissione paritetica tra governo e singola regione.
Come verranno suddivisi i tagli di spesa previsti dalla legge di bilancio per la pubblica amministrazione? Una bozza di decreto prevede che siano maggiori per gli enti locali che sono riusciti ad avviare progetti Pnrr. Ma è una logica che non convince.
L’emendamento che spalma su dieci anni le detrazioni comporta una leggera stretta sul Superbonus. Il problema è che si continua a operare in un’ottica anno per anno e non di medio periodo, come invece richiederebbero le nuove regole europee.