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Autore: Luca Clementi Pagina 3 di 5

FAMIGLIE A DISAGIO IN ITALIA*

In Europa, governi conservatori e progressisti hanno fatto proprio l’obiettivo di dare una risposta al disagio sociale delle famiglie. Non in Italia. Eppure, le disparità di reddito tra ricchi e poveri sono maggiori da noi che nella media dei paesi Ocse, le diseguaglianze nella distribuzione del reddito sono aumentate nel tempo e il rischio povertà è al 14 per cento per le famiglie con figli. Il costo dello status quo per la crescita economica futura potrebbe essere ben più salato di quello di riforme ambiziose, soprattutto se ben concepite.

IL PREMIO NOBEL A PAUL KRUGMAN

E’ il capofila della nuova teoria del commercio internazionale. Mostra come in un settore competa una moltitudine disparata di imprese alla ricerca continua di modi per creare, difendere e accrescere il loro potere di mercato attraverso l’innovazione, la differenziazione del prodotto, lo sfruttamento di economie di scala e di scopo. Fondamentale anche il contributo all’analisi del fenomeno dell’urbanizzazione. E ha denunciato il rischio che governi e banche centrali si trovino impotenti di fronte agli umori del mercato in un mondo globalizzato.

NAUFRAGIO AL GIRO DI DOHA

Il negoziato del Doha Round è fallito non sulla questione dell’apertura “tout court” dei mercati agricoli dei paesi in via di sviluppo alle produzioni dei paesi industrializzati, né sulla riduzione dei sussidi agricoli europei ed americani. Il vero motivo del contendere era una la revisione del cosiddetto “meccanismo di salvaguardia speciale” per l’agricoltura. Vediamo di cosa si tratta e di chi è l’effettiva responsabilità di questo insuccesso del WTO. A cominciare dalle lobby dei produttori agricoli nei maggiori paesi industrializzati e nei principali paesi emergenti.

PER CHI SUONA IL NO DELL’IRLANDA

Gli interessi economici sono stati uno dei fattori che hanno determinato l’esito del referendum irlandese sul Trattato di Lisbona. La distribuzione del voto mostra una larga maggioranza di sì nelle aree più ricche, mentre in quelle più povere ha prevalso il no. Come in Francia, i lavoratori non qualificati si sono sentiti minacciati dalla concorrenza e dall’immigrazione dai paesi dell’Est Europa. Ma se gli elettori della classe operaia e delle campagne votano sistematicamente contro una maggiore integrazione europea, i leader politici non possono far finta di niente.

BENZINA CARA, MA NON TROPPO

Negli ultimi cinque anni, i rincari dei carburanti sono stati molto inferiori a quelli della materia prima, soprattutto grazie all’apprezzamento dell’euro. Le politiche ambientali, poi, hanno garantito ulteriori risparmi agli automobilisti. In tutti i paesi, però, le compagnie petrolifere tendono ad adeguarsi rapidamente ai rincari, mentre sono molto lente a trasferire i ribassi sui clienti finali. E in Italia resistono posizioni di rendita e meccanismi di formazione dei prezzi che finiscono per penalizzare i consumatori e le imprese, anche rispetto ai partner europei.

UNA CRISI COME TUTTE LE ALTRE

Niente di nuovo sotto il sole con il pasticcio dei subprime: le crisi economiche seguono lo stesso modello nei diversi paesi e attraverso i secoli. Riduzioni nel valore delle attività, comprese quelle immobiliari, sono indicatori comuni dell’insorgenza di una crisi bancaria. Le conseguenze sono pesanti: una caduta del Pil ampia e prolungata. Non c’è alcun dubbio della necessità di correre ai ripari. Ma una reazione decisa sull’onda dell’emozione può rivelarsi eccessiva e inefficiente.

ASPETTANDO UNA LOTTIZZAZIONE ROSA

Il nuovo governo dovrà provvedere a una serie di nomine in posti chiave di aziende e società controllate dallo Stato e dell’amministrazione pubblica. Perché non assegnare queste posizioni a donne? Sarebbe un importante segnale di cambiamento. Mentre si parla di declino, il nostro paese continua a privarsi delle competenze, capacità e conoscenze delle donne, per motivi culturali, di carenze istituzionali, di preservazione e conquista del potere da parte di élites chiuse. Non a caso, dopo Malta, abbiamo la più bassa occupazione femminile.

ATLANTIDE: UNA PARABOLA SUL FEDERALISMO*

Diversi stati europei ripensano la loro organizzazione federale. Mentre in Italia si discute dell’istituzione di un senato federale, in Germania si cerca di distinguere in modo più netto tra le competenze del governo centrale e quelle dei länder. In Gran Bretagna si riformula il sistema di finanziamento delle amministrazioni locali. Per valutare questi interventi è però necessario avere un modello comune di federalismo. E se come punto di partenza si considerano gli individui, si scopre che molti problemi istituzionali finiscono per scomparire.

IL DECLINO DEL DIPLOMATO AMERICANO*

Secondo le statistiche ufficiali le scuole degli Stati Uniti diplomano oggi circa l’88 per cento degli studenti e negli ultimi quaranta anni il tasso di diplomati fra i neri ha registrato una tendenza a convergere verso quello dei bianchi. Dati che però sono ribaltati da studi più approfonditi: le percentuali di chi completa gli studi superiori sono in calo, soprattutto per le minoranze. Un fenomeno che ha ripercussioni sul livello di qualificazione della forza lavoro. E che rischia di ridurre la produttività e di favorire la disuguaglianza nell’America di domani.

PER LA RIFORMA DEL MODELLO CONTRATTUALE

Le trattative tra le parti sociali per spostare il baricentro della contrattazione collettiva a livello locale sono in stallo. Si potrebbe ripartire dal potenziamento di un istituto già previsto dal contratto dei metalmeccanici: l’assorbimento. Il contratto nazionale continuerebbe a fissare i livelli minimi nazionali e a determinare tutti gli aumenti retributivi nelle piccole aziende. Altrove sarebbe la contrattazione aziendale a influenzare la dinamica salariale, con uno scambio virtuoso tra retribuzione e produttività. Minimi contrattuali e salario minimo.

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