Parte dello spread sui rendimenti dei titoli pubblici è ascrivibile a un deficit sistematico di credibilità delle politiche italiane di riduzione del rapporto debito-Pil. Promesse meno ambiziose farebbero risparmiare miliardi di spesa per interessi.
Autore: Luciano Mauro
Laureato in Economia all’Università degli Studi di Trieste, ha perfezionato gli studi di economia con un Master of Science in Economia presso la Northeastern University, Boston (MA) ed un Visiting Scholar presso la Columbia University, NY. La mia ricerca si focalizza sui temi della teoria della crescita e dello sviluppo con particolare attenzione ai temi dello sviluppo dualistico italiano.
Lo spread Btp-Bund è sceso nettamente negli ultimi tempi. Una buona notizia, ma solo fino a un certo punto. Perché a giocare un ruolo importante sono i differenziali di inflazione tra Italia e Germania. Per il nostro Paese indicano una disinflazione che si avvicina pericolosamente alla deflazione.
Per ridurre il debito pubblico si ipotizza di cedere una parte delle partecipazioni azionarie dello Stato. Ma potrebbe essere meno conveniente di quanto appare a prima vista. Perché i rendimenti sono superiori al costo medio del debito. I parametri che dal 2016 acquisteranno maggiore importanza.
L’evidenza empirica sulle esperienze dei paesi Ocse mostra che le politiche di decentramento non sono associate ad alcun miglioramento significativo della crescita economica. E in Italia il processo di convergenza del Mezzogiorno verso i valori medi del nostro Pil pro-capite si interrompe negli anni Settanta, in coincidenza con la nascita dei governi regionali. Perché quando cresce il ruolo delle istituzioni locali nella fornitura di beni pubblici essenziali, sono le differenze di capitale sociale a entrare in gioco nel determinare i risultati economici dei singoli territori.