Si torna a parlare di modifiche dell’assetto penale tributario. Si andrebbe verso un inasprimento delle pene per rendere più efficace la lotta all’evasione. Nell’illusione che la sanzione penale incrementi di per sé la capacità dissuasiva del sistema.
Autore: Marco Di Siena
Marco Di Siena è avvocato in Roma –socio dello studio legale Chiomenti- e dottore di ricerca in diritto tributario all'Università La Sapienza a Roma.
Il decreto legislativo 158/2015 ha modificato la disciplina penale su imposte dirette e Iva. Ma è un semplice restyling dell’esistente, mentre era auspicabile un intervento più incisivo, con una maggiore pervasività dei criteri di sussidiarietà ed extrema ratio. Le novità sui delitti collaterali.
La riforma del sistema penale tributario richiede un difficile equilibrio fra l’esigenza di scoraggiare e punire sofisticate strategie di pianificazione fiscale assimilabili all’evasione e quella di ridurre l’incertezza che grava su chi intraprende investimenti in organizzazioni complesse.
Si può pensare di attrarre in Italia più investimenti esteri con l’attuale disciplina dei reati tributari? Non ricadono in ambito penale solo i comportamenti criminali, ma anche altri privi di caratteristiche fraudolente.
La legge e i decreti attuativi hanno deluso chi riponeva aspettative salvifiche nel federalismo fiscale. Anche la meritoria sostituzione della spesa storica con il meccanismo dei costi standard incide solo sul lato della spesa degli enti locali ma non su quello delle loro entrate.