L’organizzazione Rai è caratterizzata da dirigenti e giornalisti con forti fedeltà politiche, che si frappongono a ogni ipotesi di cambiamento. Intanto, il mondo della televisione si cimenta con il tramonto del duopolio e l’affacciarsi di nuove crisi.
Autore: Marco Gambaro Pagina 1 di 2
Marco Gambaro è professore associato presso il dipartimento di Economia Management e Metodi quantitativi (DEMM) dell'Università Statale di Milano dove insegna Economia della Comunicazione. I suoi interessi di ricerca riguardano concorrenza, struttura dei mercati e antirust nelle industrie dei media e delle telecomunicazioni.
Si profila una battaglia per il controllo del gruppo Rcs, con le due principali banche creditrici schierate su fronti opposti. Però, per la prima volta gli eventuali vantaggi ricadranno su tutti gli azionisti e non solo su una cerchia privilegiata. Ma ancor più importante è la partita industriale.
Da diversi anni alla Rai manca chiarezza strategica. Gli altri paesi europei hanno già abbandonato il sistema ibrido. Anche per la Rai si tratta dunque di scegliere tra una soluzione di servizio pubblico o una più prettamente commerciale. Entrambe le opzioni hanno conseguenze non indifferenti.
La Legge di stabilità introduce la cosiddetta “Google tax” e al contempo prevede interventi a sostegno dei libri. L’intento è apprezzabile, ma si tratta di misure estemporanee, che non prefigurano una strategia di lungo periodo su obiettivi chiari ed espliciti.
Si torna a parlare di Rai. Ma per mettere mano al coacervo di problemi della televisione pubblica non basta cambiare il sistema di nomina degli amministratori. Da tempo la Rai è un’azienda paralizzata dai veti incrociati, bloccata dalle incertezze strategiche, dove ogni decisione importante viene rinviata. Mentre i cambiamenti intervenuti nel mercato televisivo richiederebbero scelte che investono il modello di servizio pubblico e sono spesso alternative tra loro. Da prendere sulla base di un orientamento chiaro dell’azionista di riferimento.
In modo goffo e prudente, i politici degli Stati Uniti sono stati i primi a usare Twitter per comunicare con elettori e opinione pubblica. Da qualche mese anche gli italiani: circa metà dei nostri deputati ha un account di Twitter, ma le modalità sono simili a quelle dei colleghi americani. Il profilo tipico del deputato utilizzatore è: di centro o centrosinistra, giovane, uomo. L’adozione del mezzo da parte della politica è dunque in una fase iniziale, in cui i meccanismi d’uso non sono ancora consolidati e l’apprendimento è in corso.
Twitter è un social network in grande espansione. È anche quello che permette una diffusione virale delle notizie e che tende a rendere inutile la mediazione oggi esercitata da agenzie di stampa e giornalisti. È difficile da controllare, tanto che è considerato un fattore di successo delle primavere arabe. Ma è presto per formulare un giudizio sugli effetti benefici, malefici o neutri del mezzo. La brevità dei messaggi potrebbe alla fine rivelarsi negativa, perché mette tutte le notizie sullo stesso piano. L’utilizzo di Twitter nella comunicazione politica.
Avere informazioni credibili e obiettive costituisce un modo con cui i cittadini possono osservare e controllare le decisioni politiche ed economiche. Se la pubblicità può influenzare i contenuti editoriali, si produce un cortocircuito pericoloso dove assumono importanza le informazioni riservate. Una ricerca mostra che i quotidiani pubblicano più articoli sulle società quotate che fanno più pubblicità sulla loro testata.
Per ogni copia venduta di un quotidiano politico, ce ne sono tra le sette e le nove che tornano indietro. I giornali politici non hanno infatti una focalizzazione territoriale né un pubblico omogeneo. Due caratteristiche che pesano sulla distribuzione e sulla raccolta pubblicitaria. A cui si aggiunge una costosa e forse inutile vocazione generalista. Sopravvivono solo grazie ai contributi pubblici. Che però dovrebbero incentivarli a trovare nuove forme di diffusione, più adatte alle loro caratteristiche. Come gli abbonamenti o i siti internet.