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Autore: Maria Cecilia Guerra Pagina 8 di 9

galasso Ha conseguito l’M.Phil in Economics alla Cambridge University (UK). È dottore di ricerca in Economia Politica presso l’Università di Bologna; è docente di Scienza delle Finanze  presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. È membro fondatore del CAPP – Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche presso il Dipartimento di Economia Politica dell’Università di Modena e Reggio Emilia. È stata sottosegretaria al Ministero  del Lavoro e delle Politiche sociali sotto il governo Monti e viceministro presso lo stesso dicastero con Delega anche alle Pari opportunità sotto il governo Letta. È  stata poi Sottosegretaria al Ministero dell'Economia sotto i governi Conte2 e Draghi. Attualmente è membro della Camera dei Deputati. Redattore de lavoce.info.

Si legge taglio, si scrive aumento

L’annunciata svolta epocale in campo fiscale non c’è. Anche accettando le cifre del Governo, la Finanziaria per il 2005 contiene un aumento delle imposte, non una loro diminuzione. Mentre sono andate deluse le aspettative delle imprese per misure sulla competitività, la manovra fiscale ben difficilmente potrà costituire il grimaldello che ci farà uscire dalla crisi economica. Mettendo così in discussione anche alcune voci di autocopertura. Né si sa bene cosa accadrà per studi di settore, revisione degli estimi e inasprimento sulle locazioni immobiliari.

La cura dimagrante dell’Irap

Gli interventi prospettati dal Governo per le imprese ricalcano politiche già adottate e non concentrano le risorse su un obiettivo specifico. E la riduzione dell’Irap è mirata soprattutto ad alimentare l’illusione che possa essere abolita. Sarebbe preferibile utilizzare eventuali risorse per la deduzione dallÂ’imponibile dei contributi commisurati al lavoro. Oppure per concentrare gli incentivi su investimenti qualificati, come quelli in ricerca. O ancora per una riduzione generalizzata dell’aliquota Ires, imposta certamente più distorsiva.

Il prelievo inevitabile

Circa un terzo dell’aggiustamento complessivo previsto dalla Finanziaria proviene dall’aumento delle entrate ordinarie. Non c’erano alternative perché gli impegni comunitari impongono interventi di tipo permanente e sarebbe stato impossibile concentrare tutto sulla spesa. Nonostante la dichiarata volontà di riportare sotto controllo i conti pubblici, resta il rischio che l’inasprimento fiscale di oggi sia seguito da ulteriori sgravi che renderanno inevitabili nuovi aggravi domani, in un circolo vizioso da cui non possono più salvarci le una tantum.

La deriva della riforma fiscale

Mentre si attendono indicazioni credibili sulla prevista riforma dell’Irpef, la manovra già varata prevede maggiori entrate per sette miliardi e mezzo. Dovrebbero arrivare dalla cosiddetta manutenzione della base imponibile e dall’inasprimento di micro-tributi esistenti. Ma la revisione degli studi di settore per i lavoratori autonomi e piccola impresa difficilmente potrà dare un gettito rilevante nel 2005. E gli interventi sul reddito da fabbricati sono estemporanei. Il gettito più certo verrà ancora una volta dall’inasprimento di tributi esistenti.

Le imposte di Tremonti

Il suo progetto di riforma fiscale è rimasto incompiuto non solo perché costosissimo, ma anche perché sono emersi gli importanti effetti redistributivi impliciti nel passaggio a un’imposta sui redditi a due aliquote, 23 e 33 per cento. I tagli alle tasse legati alla Tremonti bis e al primo modulo di riforma Irpef non si sono autofinanziati perché non si sono trasformati in un sostegno alla domanda. Resta, però, la riduzione permanente del gettito. Mentre le conseguenze di scudo e condono fiscale sull’attività di accertamento sono state e saranno molto gravi.

Il nome non fa il reddito

Abbandonato l’esperimento del reddito minimo di inserimento, la Finanziaria 2004 ha istituito il reddito di ultima istanza. Ma poco si sa delle caratteristiche che dovrebbe assumere e di come sarà finanziato. Sembra una pura e semplice delega di iniziativa agli enti locali e non è nemmeno chiaro se le Regioni saranno tenute a istituire la nuova misura. Il rischio è un passo indietro delle politiche di lotta della povertà, con il ritorno a misure, se non occasionali certamente discrezionali, per la disomogeneità di interventi che caratterizza storicamente il welfare locale in Italia e gli squilibri regionali tra aree ricche e aree povere.

Chi ha abolito il fiscal drag

Il ministro dell’Economia sostiene che la restituzione del drenaggio fiscale è stata eliminata con la Finanziaria 2001, l’ultima del Governo di centro sinistra. Ma questa interpretazione si scontra con il fatto che una eventuale abrogazione del decreto che disciplina il rimborso avrebbe dovuto essere esplicita, e non ricavata per estensione da quanto previsto per il 2001. Ogni anno, infatti, la Finanziaria deve indicare la copertura per il rimborso. E l’ammontare dovuto può essere quantificato soltanto una volta che sia noto l’andamento dell’inflazione.

Tra concordato e condono

Scadono i termini per aderire al concordato preventivo. Poche le adesioni rispetto a quanto sperato forse perché nelle aspettative c’è un condono anche per il 2003. La voce aveva già espresso le sue perplessità su questo strumento fiscale. Riproponiamo qui l’intervento di Cecilia Guerra

L’8 per mille dimezzato

Soldi ben spesi quelli dell’8 per mille Irpef destinati a scopi umanitari. Lo ha detto anche il presidente del Consiglio. E per il 2004 la quota appannaggio dello Stato dovrebbe essere intorno ai 140 milioni di euro. Però, la Legge finanziaria, senza dar troppa pubblicità al fatto, l’ha decurtata di 80 milioni. D’altra parte, lo stanziamento previsto per l’introduzione della de-tax ammonta per il prossimo anno a un milione. A conti fatti, sono 79 milioni di euro in meno per gli interventi di interesse sociale.

Finanziaria avara con gli enti locali

Il riaggiustamento dei conti pubblici ricade in prevalenza su comuni e province, secondo una logica centralista che riduce le risorse e impone oneri addizionali senza prevedere l’adeguata copertura, valga per tutti l’esempio del condono edilizio. Ferma da tempo l’attuazione del federalismo fiscale, per gli enti locali è impossibile anche autofinanziarsi. Siamo ben lontani non solo dal riconoscimento del principio costituzionale della pari dignità degli enti territoriali, ma anche dall’attuazione di un corretto rapporto istituzionale fra diversi livelli di governo.

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