Le incertezze della vigilia sono state spazzate via dal voto: Donald Trump è il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti. Ha superato Harris anche nel voto popolare e avrà un Congresso allineato sulle sue posizioni. Ma il paese resta spaccato a metà.
Autore: Mario Macis Pagina 1 di 3
Laurea al DES in Bocconi e PhD in Economics alla University of Chicago, Mario Macis e’ Professore di Economia alla Johns Hopkins University, Carey Business School. E’ anche Research Associate al National Bureau of Economic Research (NBER) e all’ Institute of Labor Economics (IZA). Il Prof. Macis è un economista applicato con interessi di ricerca in economia della salute, del lavoro, dello sviluppo, e in market design. Ha pubblicato su importanti riviste accademiche, tra cui American Economic Review, Journal of Labor Economics, Journal of Health Economics, Journal of Development Economics, Management Science e Science. I suoi studi sono stati finanziati da agenzie pubbliche e private, tra cui NSF, NIH e Gates Foundation. Il Prof. Macis e’ stato consulente della Banca Mondiale, dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’, dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, del Development Programme delle Nazioni Unite, e del National Marrow Donor Program degli Stati Uniti. Nel 2020-2022 e’ stato membro di una commissione della National Academies of Sciences, Engineering and Medicine incaricata di formulare raccomandazioni al Congresso degli Stati Uniti per un sistema di approvvigionamento e allocazione degli organi per trapianto più equo ed efficiente.
Il 5 novembre l’America vota per eleggere il nuovo presidente. Nonostante tutto, l’andamento dell’economia continua a essere uno dei fattori che determinano le scelte dei cittadini. Vale allora la pena analizzare i programmi economici dei due candidati.
L’economia delle opportunità di Harris o il Maga di Trump? I programmi economici delineano visioni molto diverse della società americana e del mondo. In comune hanno la sottovalutazione delle conseguenze dell’aumento di deficit e debito pubblico.
Il 5 novembre l’America vota per eleggere il nuovo presidente. Nonostante tutto, l’andamento dell’economia continua a essere uno dei fattori che determinano le scelte dei cittadini. Vale allora la pena analizzare i programmi economici dei due candidati.
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Joe Biden si è ritirato dalla corsa presidenziale. La decisione arriva dopo il disastroso esito del dibattito con Trump. Le prossime settimane saranno cruciali per ridefinire la campagna elettorale e il destino del partito. Insieme al futuro degli Usa.
Verso i rifugiati abbiamo sempre lo stesso atteggiamento o siamo più generosi nei confronti di quelli che appaiono più vicini a noi culturalmente ed etnicamente? I risultati di un’indagine fanno propendere per la seconda ipotesi. Il peso della politica.
Biden può vantare successi economici tangibili, ma la percezione dei cittadini è più orientata al pessimismo. Si tratta di un fattore che potrebbe rivelarsi decisivo nelle elezioni presidenziali di novembre. Quanto pesano le crisi geopolitiche.
Per vari motivi il mercato del lavoro Usa non è ancora tornato sui livelli pre-Covid. Le aziende rispondono offrendo salari più alti e benefit, mentre il governo federale allenta alcuni vincoli. Ma il pre-requisito è mettere sotto controllo la pandemia.
Secondo gli ultimi dati, il mercato del lavoro Usa è in crescita. Però, i livelli pre-pandemia non sono ancora stati recuperati e rimangono i divari etnici e di genere. Presto per dire se lo sbilanciamento tra domanda e offerta di lavoro è solo passeggero.