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Autore: Mario Macis

Macis Laurea al DES in Bocconi e PhD in Economics alla University of Chicago, Mario Macis e’ Professore di Economia alla Johns Hopkins University, Carey Business School. E’ anche Research Associate al National Bureau of Economic Research (NBER) e all’ Institute of Labor Economics (IZA). Il Prof. Macis è un economista applicato con interessi di ricerca in economia della salute, del lavoro, dello sviluppo, e in market design. Ha pubblicato su importanti riviste accademiche, tra cui American Economic Review, Journal of Labor Economics, Journal of Health Economics, Journal of Development Economics, Management Science e Science. I suoi studi sono stati finanziati da agenzie pubbliche e private, tra cui NSF, NIH e Gates Foundation. Il Prof. Macis e’ stato consulente della Banca Mondiale, dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’, dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, del Development Programme delle Nazioni Unite, e del National Marrow Donor Program degli Stati Uniti. Nel 2020-2022 e’ stato membro di una commissione della National Academies of Sciences, Engineering and Medicine incaricata di formulare raccomandazioni al Congresso degli Stati Uniti per un sistema di approvvigionamento e allocazione degli organi per trapianto più equo ed efficiente.

Il mercato non va all’università

La proposta del ministro Mussi sul reclutamento dei ricercatori universitari ha alcuni elementi di indubbia novità che si richiamano al sistema anglosassone. Ma è un errore adottare solo alcune caratteristiche di altri modelli, senza coglierne lo spirito complessivo. Più in generale, la riforma tradisce una profonda diffidenza verso un meccanismo genuinamente di mercato, la sua capacità di autoregolarsi e correggersi, e il nesso inscindibile tra autonomia, potere e responsabilità.

Una bussola nella giungla dei blog

La diffusione dell’uso di internet ha portato alla proliferazione di siti di informazione e opinione. Per discriminare le buone fonti da quelle sì gratuite, ma fondamentalmente inutili, il primo consiglio è privilegiare i blog nei quali gli autori firmano con nome e cognome e hanno interesse a mantenere una reputazione. Oppure quelli nei quali esiste un filtro all’ingresso. Da prendere con cautela invece quelli curati da individui che rimangono anonimi o usano pseudonimi, specie se non accettano il contraddittorio con gli altri utenti.

Un referendum da riformare

Innalzare il numero di firme necessarie a supporto di un referendum da 500mila a un milione, e abolire il quorum. Due semplici modifiche che portano notevoli benefici. Il costo di proporre un referendum sarebbe più alto, e di conseguenza la “qualità” o rilevanza media dei referendum aumenterebbe. Il risultato della consultazione sarebbe deciso solo dagli elettori effettivamente interessati, e non più dagli indifferenti e disinformati. Sarebbe più lineare l’analisi del voto, mentre i partiti dovrebbero prendere posizioni più chiare.

Quote rosa in modica quantità

Il nuovo Governo ribadisce l’intenzione di approvare una legge per garantire l’ingresso delle donne in politica. Se da una parte le quote riservate permetterebbero di aumentare subito la rappresentanza femminile nelle sedi istituzionali, esiste anche il rischio di avere donne scarsamente qualificate in ruoli importanti. Una possibile soluzione è l’introduzione di quote modeste, ma via via crescenti. Le donne interessate avrebbero così il tempo di acquisire l’esperienza e le competenze necessarie allo svolgimento dell’attività politica.

La campagna elettorale passa in tv

La nuova legge elettorale proporzionale prevede liste bloccate: gli elettori votano per un partito, senza la possibilità di indicare preferenze. I candidati non hanno così incentivi a svolgere campagna elettorale. Il sistema danneggia i partiti più radicati nel territorio e accresce invece il potere di quelli di livello nazionale, privi di una base. Il primo effetto sarà uno “spostamento” della campagna elettorale. Si svolgerà sempre meno nelle piazze delle città e sempre più sui grandi mezzi di comunicazione nazionali. Ovvero, soprattutto in televisione.

L’Aids e il vaccino che non c’è

Debellare l’Aids è una priorità ed è considerato l’intervento dai maggiori benefici economici in termini assoluti. Eppure il vaccino ancora non c’è. Perché? Sicuramente ricerca e sviluppo sono estremamente costosi. Ma soprattutto è diversa la redditività di un farmaco post-contagio e di un vaccino. E dunque per le imprese farmaceutiche è più conveniente investire nella ricerca di cure. A questo fallimento del mercato potrebbe rimediare l’operatore pubblico. Un intervento giustificato anche dagli alti costi di prevenzione e cura della malattia.

Par condicio con l’handicap

Per garantire effettiva parità di accesso ai mezzi di informazione a tutti i partiti e candidati si potrebbe ricorrere a logiche simili all’handicapping sportivo. Significherebbe assegnare più spazio ai gruppi meno rappresentati in Parlamento. E se il leader della maggioranza controlla gran parte delle televisioni, i prezzi degli spazi tv potrebbero essere determinati in funzione inversa rispetto alle capacità finanziarie dei singoli soggetti politici. Esattamente il contrario di quanto proposto da Berlusconi e Fini.

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