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Autore: Marzio Galeotti Pagina 15 di 16

galeotti Professore ordinario di Economia politica presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli studi di Milano. Dopo la laurea in Discipline economiche e sociali presso l’Università Bocconi di Milano ha conseguito il dottorato in economia (Ph.D.) presso la New York University di New York. È Direttore della ricerca scientifica della Fondazione Eni Enrico Mattei, dopo essere stato in passato coordinatore del programma di ricerca in modellistica e politica dei cambiamenti climatici. È Fellow del Centre for Research on Geography, Resources, Environment, Energy & Networks (GREEN) dell’Università Luigi Bocconi e Visiting Fellow presso il King Abdullah Petroleum Studies and Research Center (KAPSARC). È Review Editor del capitolo 4 (“Mitigation and development pathways in the near- to mid-term”), Sixth Assessment Report (AR6), IPCC WGIII, 2021. È stato fondatore e primo presidente dell’Associazione italiana degli economisti dell’ambiente e delle risorse naturali, è membro del comitato scientifico del Centro per un futuro sostenibile e della Fondazione Lombardia per l’Ambiente. È componente del comitato di redazione de lavoce.info.

L’ambiente e il tabù delle tasse

La riduzione di cinque punti del cuneo fiscale sul lavoro è uno dei temi che hanno tenuto banco nella campagna elettorale. Per finanziare l’operazione si può ricorrere alla tassazione ambientale. Per esempio, alla carbon tax, introdotta nel nostro paese nel 1999, ma mai entrata in vigore. Aveva la duplice finalità di migliorare l’ambiente e contribuire ad aumentare l’occupazione. Il suo gettito era destinato a ridurre gli oneri sociali. Uno strumento utile, soprattutto con programmi elettorali ricchi di obiettivi, ma parchi nell’indicare i modi per raggiungerli.

Energia, ambiente e territorio: prove di futuro Governo

I programmi di centrodestra e centrosinistra, pur così diversi tra loro, si dilungano nell’esporre che cosa intendono fare in tema di energia e di ambiente, ma sono assai parchi nello spiegare come vogliono realizzare i loro propositi. Di conseguenza è impossibile una valutazione dei costi delle politiche proposte. Forse, almeno in questa materia, pronunciare la parola “tasse” non sarebbe stato inappropriato. Appare comunque chiaro il diverso rilievo che le due coalizioni danno ad ambiente e tutela del territorio.

Clima di allarme

A pochi giorni dal primo anniversario della entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il negoziato sui cambiamenti climatici fa un passo avanti e uno indietro. Il giudizio degli osservatori ricorda la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Intanto, si moltiplicano gli allarmi e si considerano le possibili soluzioni. D’altra parte, non è facile trovare un’intesa sulle emissioni nocive. I costi di una loro riduzione sono vicini e certi, i benefici sono lontani e incerti. La spaccatura verte essenzialmente sul dilemma “vincoli sì-vincoli no”.

Effetto caro-petrolio

Il greggio è rincarato di oltre il 60 per cento nel 2005. Ma le conseguenze per crescita e inflazione non sono le stesse registrate in altre crisi petrolifere. Soprattutto perché quello attuale è uno shock da domanda e non da offerta. Resta però una sostanziale vulnerabilità dei paesi occidentali. Prezzi crescenti del petrolio agiscono come una potente tassa sui consumatori che comprimono così la spesa per altri beni. La stagnazione dell’economia, poi, non consente di attutire l’impatto attraverso un incremento dei redditi. Con riflessi anche sui risparmi.

Un clima da accordi paralleli

Arrivano nuove certezze sul fenomeno del riscaldamento globale. Nel frattempo, a luglio, c’è stato il vertice dei G8 e la presa di posizione ufficiale sul problema dei cambiamenti climatici. Ma, a sorpresa, anche il “contro-accordo” di alcuni paesi sviluppati, tra cui gli Usa. Secondo tale patto la riduzione delle emissioni si ottiene attraverso lo sviluppo di tecnologie pulite. Non vi è bisogno di impegni vincolanti di riduzione delle emissioni, come vuole il protocollo di Kyoto. In Italia, invece, il dibattito sul clima vola molto più in basso.

Una rivoluzione copernicana per il traffico urbano

I blocchi del traffico servono nell’immediato a ridurre le polveri sottili nell’aria e le loro conseguenze sulla salute dei cittadini. Ma un dibattito serio dovrebbe puntare a convincere l’opinione pubblica che gli attuali trend di traffico non sono sostenibili. E partire dal problema del congestionamento invece che dall’inquinamento. Un utile strumento sono le politiche di prezzo. Ticket d’ingresso e pedaggi differenziati non sono tasse inique e regressive, ma il pagamento di un servizio. Soprattutto se i proventi vanno a potenziare il trasporto pubblico.

Fisco e benzina, un Giano bifronte

A ogni rincaro del prezzo del petrolio corrisponde un’invocazione al Governo. Perché introduca un meccanismo automatico di variazione dell’accisa per mantenere stabile il prezzo dei carburanti. Ma c’è il rischio che si scelga un livello sbagliato. Per esempio, facendo dimenticare ai cittadini che il petrolio è una risorsa esauribile, il cui prezzo è destinato inevitabilmente a crescere. Se si vuole davvero calmierare il prezzo della benzina, l’unica alternativa è una apertura dei mercati a nuovi entranti e una maggiore concorrenza tra i venditori.

Effetto tsunami

Esiste un nesso tra tsunami e cambiamenti climatici? Le opinioni sono contrapposte, la cautela è d’obbligo. Più interessante e utile è chiedersi se le conseguenze socio-economiche dei disastri naturali possano illuminare circa le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti del clima. E lo tsunami offre una opportunità quale esperimento naturale per valutare le conseguenze nefaste dei mutamenti climatici. La chiave di lettura che proponiamo è che ripensare agli effetti dello tsunami è come vedere il film degli effetti del riscaldamento globale a velocità accelerata.

Petrolio senza alternative

Nonostante la più diffusa consapevolezza ambientale, è ancora l’aumento del prezzo del petrolio il maggior fattore di risparmio energetico. Mentre in questo campo scendono gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo, le fonti rinnovabili resteranno relativamente insignificanti almeno per i prossimi vent’anni. Anche perché nessuno dei nuovi sistemi energetici sembra in grado di sostituire le fonti fossili in termini di costi e quantitativi. E l’ipotesi idrogeno procede con gli stessi tempi del volo umano su Marte.

Un futuro di gas, carbone e nucleare

Negli scenari energetici futuri, il carbone torna a essere una possibile alternativa al petrolio, grazie a nuove tecnologie che ne riducono l’impatto ambientale e rendono più vantaggiosa la sua estrazione. Ma sono in molti a puntare anche sul nucleare. Remota la possibilità di nuove Chernobyl, resta però la preoccupazione per alcuni paesi nei quali dalla produzione di energia si potrebbe facilmente passare a quella di armamenti. Infine, si guarda al gas naturale, dalle riserve meno concentrate geograficamente, più pulito e meno costoso.

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