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Autore: Marzio Galeotti Pagina 15 di 16

galeotti Professore ordinario di Economia politica presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli studi di Milano. Dopo la laurea in Discipline economiche e sociali presso l’Università Bocconi di Milano ha conseguito il dottorato in economia (Ph.D.) presso la New York University di New York. È Direttore della ricerca scientifica della Fondazione Eni Enrico Mattei, dopo essere stato in passato coordinatore del programma di ricerca in modellistica e politica dei cambiamenti climatici. È Fellow del Centre for Research on Geography, Resources, Environment, Energy & Networks (GREEN) dell’Università Luigi Bocconi e Visiting Fellow presso il King Abdullah Petroleum Studies and Research Center (KAPSARC). È Review Editor del capitolo 4 (“Mitigation and development pathways in the near- to mid-term”), Sixth Assessment Report (AR6), IPCC WGIII, 2021. È stato fondatore e primo presidente dell’Associazione italiana degli economisti dell’ambiente e delle risorse naturali, è membro del comitato scientifico del Centro per un futuro sostenibile e della Fondazione Lombardia per l’Ambiente. È componente del comitato di redazione de lavoce.info.

Una rivoluzione copernicana per il traffico urbano

I blocchi del traffico servono nell’immediato a ridurre le polveri sottili nell’aria e le loro conseguenze sulla salute dei cittadini. Ma un dibattito serio dovrebbe puntare a convincere l’opinione pubblica che gli attuali trend di traffico non sono sostenibili. E partire dal problema del congestionamento invece che dall’inquinamento. Un utile strumento sono le politiche di prezzo. Ticket d’ingresso e pedaggi differenziati non sono tasse inique e regressive, ma il pagamento di un servizio. Soprattutto se i proventi vanno a potenziare il trasporto pubblico.

Fisco e benzina, un Giano bifronte

A ogni rincaro del prezzo del petrolio corrisponde un’invocazione al Governo. Perché introduca un meccanismo automatico di variazione dell’accisa per mantenere stabile il prezzo dei carburanti. Ma c’è il rischio che si scelga un livello sbagliato. Per esempio, facendo dimenticare ai cittadini che il petrolio è una risorsa esauribile, il cui prezzo è destinato inevitabilmente a crescere. Se si vuole davvero calmierare il prezzo della benzina, l’unica alternativa è una apertura dei mercati a nuovi entranti e una maggiore concorrenza tra i venditori.

Effetto tsunami

Esiste un nesso tra tsunami e cambiamenti climatici? Le opinioni sono contrapposte, la cautela è d’obbligo. Più interessante e utile è chiedersi se le conseguenze socio-economiche dei disastri naturali possano illuminare circa le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti del clima. E lo tsunami offre una opportunità quale esperimento naturale per valutare le conseguenze nefaste dei mutamenti climatici. La chiave di lettura che proponiamo è che ripensare agli effetti dello tsunami è come vedere il film degli effetti del riscaldamento globale a velocità accelerata.

Petrolio senza alternative

Nonostante la più diffusa consapevolezza ambientale, è ancora l’aumento del prezzo del petrolio il maggior fattore di risparmio energetico. Mentre in questo campo scendono gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo, le fonti rinnovabili resteranno relativamente insignificanti almeno per i prossimi vent’anni. Anche perché nessuno dei nuovi sistemi energetici sembra in grado di sostituire le fonti fossili in termini di costi e quantitativi. E l’ipotesi idrogeno procede con gli stessi tempi del volo umano su Marte.

Un futuro di gas, carbone e nucleare

Negli scenari energetici futuri, il carbone torna a essere una possibile alternativa al petrolio, grazie a nuove tecnologie che ne riducono l’impatto ambientale e rendono più vantaggiosa la sua estrazione. Ma sono in molti a puntare anche sul nucleare. Remota la possibilità di nuove Chernobyl, resta però la preoccupazione per alcuni paesi nei quali dalla produzione di energia si potrebbe facilmente passare a quella di armamenti. Infine, si guarda al gas naturale, dalle riserve meno concentrate geograficamente, più pulito e meno costoso.

Il Protocollo al via

Ormai vicina la ratifica russa, il Protocollo di Kyoto potrà finalmente entrare in vigore. E’ un fatto epocale, perché è uno dei pochi trattati internazionali che vincolano così tanti paesi e su una materia di grande rilievo come quella del clima, che tocca interessi economici rilevantissimi. E’ soprattutto un successo della parte ambientalista della burocrazia di Bruxelles. Pone le premesse per l’assunzione di più stringenti impegni nel futuro. E dunque sarà bene che anche in Italia si cominci a pensare seriamente a come rispettare gli impegni internazionali.

Petrolio: le cose non dette

La folle corsa estiva del prezzo del petrolio, non ancora terminata, è stata seguita da vicino e tutti ne parlano. Il dibattito ha dimenticato o non ha sottolineato in modo sufficiente alcuni elementi, ad esempio che il prezzo reale del petrolio è molto minore oggi che nel 1973-74. Li offriamo al lettore in forma di pillole, più o meno indigeste, partendo dalle analisi tradizionali dei problemi delle risorse naturali fino a considerare il maggior costo del petrolio anche in relazione al sistema ambientale.

L’alba del giorno prima

La probabile ratifica russa del Protocollo di Kyoto dà ulteriore forza e credibilità all’iniziativa europea sul mercato dei permessi. Ma dalle indiscrezioni sui piani provvisori sembra che l’ammontare relativo dei permessi di emissione assegnati alle industrie sia troppo alto. E circolano dubbi sulla reale capacità della Commissione europea di sanzionare i piani troppo generosi. Intanto, negli Stati Uniti sono i singoli Stati a prendere iniziative per la riduzione delle emissioni di gas serra. Mentre si spera, forse ingenuamente, nell’elezione di Kerry.

Pochi progressi nel conciliare crescita e ambiente

Nel 2001 l’Ocse ha varato un piano di intervento con due obiettivi primari: la salvaguardia degli ecosistemi e la fine della correlazione tra deterioramento dell’ambiente e sviluppo economico. A tre anni di distanza si tentano i primi bilanci. Nonostante alcuni miglioramenti, dovuti anche a cambiamenti strutturali delle economie, per raggiungere i risultati previsti servono politiche ben più coraggiose. Per esempio, preoccupano gli ancora troppi sussidi all’agricoltura e la continua crescita del settore trasporto.

Una tariffa per fermare il traffico

Servono o no i blocchi domenicali? Calcoli approssimati indicano che “equivalgono” a una riduzione media del 10 per cento al giorno delle polveri inquinanti. Senza dimenticare che le domeniche a piedi hanno anche un valore educativo, segnalano i costi di un uso eccessivo dell’auto. Ma una soluzione permanente al problema del congestionamento da traffico passa per gli strumenti del mercato, come l’istituzione della tariffa d’ingresso nelle città, utile anche per far quadrare i bilanci dei comuni in tempi di tagli ai trasferimenti statali.

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