Ormai vicina la ratifica russa, il Protocollo di Kyoto potrà finalmente entrare in vigore. E’ un fatto epocale, perché è uno dei pochi trattati internazionali che vincolano così tanti paesi e su una materia di grande rilievo come quella del clima, che tocca interessi economici rilevantissimi. E’ soprattutto un successo della parte ambientalista della burocrazia di Bruxelles. Pone le premesse per l’assunzione di più stringenti impegni nel futuro. E dunque sarà bene che anche in Italia si cominci a pensare seriamente a come rispettare gli impegni internazionali.
Autore: Marzio Galeotti
Professore ordinario di Economia politica presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli studi di Milano. Dopo la laurea in Discipline economiche e sociali presso l’Università Bocconi di Milano ha conseguito il dottorato in economia (Ph.D.) presso la New York University di New York. È Direttore della ricerca scientifica della Fondazione Eni Enrico Mattei, dopo essere stato in passato coordinatore del programma di ricerca in modellistica e politica dei cambiamenti climatici. È Fellow del Centre for Research on Geography, Resources, Environment, Energy & Networks (GREEN) dell’Università Luigi Bocconi e Visiting Fellow presso il King Abdullah Petroleum Studies and Research Center (KAPSARC). È Review Editor del capitolo 4 (“Mitigation and development pathways in the near- to mid-term”), Sixth Assessment Report (AR6), IPCC WGIII, 2021. È stato fondatore e primo presidente dell’Associazione italiana degli economisti dell’ambiente e delle risorse naturali, è membro del comitato scientifico del Centro per un futuro sostenibile e della Fondazione Lombardia per l’Ambiente. È componente del comitato di redazione de lavoce.info.
La folle corsa estiva del prezzo del petrolio, non ancora terminata, è stata seguita da vicino e tutti ne parlano. Il dibattito ha dimenticato o non ha sottolineato in modo sufficiente alcuni elementi, ad esempio che il prezzo reale del petrolio è molto minore oggi che nel 1973-74. Li offriamo al lettore in forma di pillole, più o meno indigeste, partendo dalle analisi tradizionali dei problemi delle risorse naturali fino a considerare il maggior costo del petrolio anche in relazione al sistema ambientale.
La probabile ratifica russa del Protocollo di Kyoto dà ulteriore forza e credibilità alliniziativa europea sul mercato dei permessi. Ma dalle indiscrezioni sui piani provvisori sembra che lammontare relativo dei permessi di emissione assegnati alle industrie sia troppo alto. E circolano dubbi sulla reale capacità della Commissione europea di sanzionare i piani troppo generosi. Intanto, negli Stati Uniti sono i singoli Stati a prendere iniziative per la riduzione delle emissioni di gas serra. Mentre si spera, forse ingenuamente, nellelezione di Kerry.
Nel 2001 lOcse ha varato un piano di intervento con due obiettivi primari: la salvaguardia degli ecosistemi e la fine della correlazione tra deterioramento dellambiente e sviluppo economico. A tre anni di distanza si tentano i primi bilanci. Nonostante alcuni miglioramenti, dovuti anche a cambiamenti strutturali delle economie, per raggiungere i risultati previsti servono politiche ben più coraggiose. Per esempio, preoccupano gli ancora troppi sussidi allagricoltura e la continua crescita del settore trasporto.
Servono o no i blocchi domenicali? Calcoli approssimati indicano che equivalgono a una riduzione media del 10 per cento al giorno delle polveri inquinanti. Senza dimenticare che le domeniche a piedi hanno anche un valore educativo, segnalano i costi di un uso eccessivo dellauto. Ma una soluzione permanente al problema del congestionamento da traffico passa per gli strumenti del mercato, come listituzione della tariffa dingresso nelle città, utile anche per far quadrare i bilanci dei comuni in tempi di tagli ai trasferimenti statali.
Nel dibattito sulle elezioni europee ci si deve occupare anche del rilancio della trattativa sul Protocollo di Kyoto dopo lesito inferiore alle attese del Cop9. Su questi temi presentiamo un contributo di Marzio Galeotti e Alessandro Lanza e uno di Edoardo Croci.
Cop9, la conferenza sul clima svoltasi a Milano il mese scorso ha viaggiato su due binari paralleli: l’attività negoziale e i side events. Se i risultati della prima sono scarsi, assai più significativo è il contributo di tavole rotonde e seminari che hanno affrontato i veri nodi del negoziato sui mutamenti climatici. Ciò che è apparso chiaro è che Kyoto e il suo Protocollo restano ancora al centro del dibattito: non vi sono sul tavolo alternative a questa base da cui occorre partire o, meglio, ripartire.
Dodici giorni per discutere di cambiamenti climatici e di gas serra. Lagenda ufficiale della conferenza prevede che siano trattati temi importanti come le penalità per chi non rispetta il programma di mitigazione delle emissioni e la questione dei permessi di inquinamento legati a progetti di tecnologia pulita nei paesi in via di sviluppo. Ma aumenta il numero di coloro che pensano già al dopo-Kyoto, perché il Protocollo è stato svuotato dei suoi contenuti originari e perché rischia di non entrare mai in vigore.
Se il Protocollo di Kyoto verrà ratificato, i paesi industrializzati dovranno avviare riduzioni delle emissioni di gas serra con costi ingenti. Daltra parte, i mutamenti di clima, tra piogge intense, inondazioni e ondate di caldo, hanno un impatto economico e sociale forse ancora più alto. La definizione delle politiche ambientali globali o locali non può perciò prescindere dalla valutazione economica di eventuali vantaggi e svantaggi delladozione di interventi di mitigazione delle emissioni o adattamento ai cambiamenti climatici.