È surreale la scelta dei nomi per la nuova tassa sugli immobili. Il guaio è che dietro ad ogni nuova sigla c’è un diverso modo di calcolare l’imposta. Che quasi nessuno vorrebbe ma è vitale per il finanziamento dei comuni. Cerchiamo di ricostruirne la tormentata storia.
Autore: Massimo Bordignon Pagina 13 di 24
Si è laureato in Filosofia a Firenze e ha svolto studi di economia nel Regno Unito (MA, Essex; PhD, Warwick). Si occupa prevalentemente di temi di economia pubblica. Ha insegnato nelle Università di Birmingham, Bergamo, Brescia, Venezia e come visiting professor negli USA, in Svezia, Germania e Cina. Attualmente è professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l'università Cattolica di Milano, dove ha diretto anche il Dipartimento di Economia e Finanza e la Doctoral School in Public Economics. Ha svolto e svolge tuttora attività di consulenza per enti pubblici nazionali e internazionali ed è stato membro di numerose commissioni governative, compresa la Commissione sulla Finanza Pubblica presso il Ministero del Tesoro nel 2007-8. È attualmente membro dell'European Fiscal Board, un comitato di consulenza del Presidente della Commissione Europea e Vicepresidente esecutivo dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica.
Il decreto varato martedì dal Governo prevedeva la reintroduzione della tassazione in sede Irpef (al 50 per cento) delle rendite catastali degli immobili non locati e dava a imprese e professionisti la possibilità di dedurre il 50 per cento dell’Imu pagata sugli immobili strumentali dalle imposte sul reddito. Nel giro di tre giorni tutto è cambiato e, nella versione pubblicata ieri in Gazzetta ufficiale, non c’è nessuna di queste misure. Non c’è la deduzione per le imprese perché non c’è la copertura, che appunto doveva essere garantita dalla reintroduzione della tassazione in sede Irpef. Naturalmente, secondo il governo la colpa del pasticcio è tutta dei commentatori che si sono basati su “illazioni”, benché le illazioni fossero appunto la bozza del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri.
Le misure sull’Imu varate ieri dal Governo sono state dettate da esigenze politiche, poco sensate sul piano economico. Restano molte incertezze sulle coperture e sui finanziamenti ai comuni. E la service tax che entra in vigore dal 2014 è avvolta nelle nebbie di decisioni ancora tutte da prendere.
Il problema strutturale delle imprese italiane non è tanto la mancanza di credito, quanto la carenza di capitali. Il settore assicurativo ha i capitali e spesso anche le competenze necessarie per la valutazione della qualità dei crediti societari. Perché non favorire un suo maggiore intervento?
L’idea di eliminare l’Imu sulla prima casa suscita molti entusiasmi. Ma è una tesi populista. Perché bisognerebbe indicare con chiarezza dove trovare le risorse per recuperare il gettito perduto. O quali spese si intendono tagliare. E queste somme non potrebbero avere utilizzi più proficui?
La decisione di pagare alle imprese parte dei debiti accumulati dalle amministrazioni pubbliche potrebbe rappresentare la più grande manovra di rilancio dell’economia italiana attuata negli ultimi decenni. A patto che si tenga conto di alcuni elementi, decisivi per l’efficacia del provvedimento.
Il segretario del Pd ha lanciato l’idea di introdurre una patrimoniale sulle grandi ricchezze immobiliari per alleggerire l’Imu sulle famiglie meno abbienti. Si applicherebbe agli individui o alle famiglie? Per valori catastali o di mercato dell’immobile? Ecco alcuni calcoli per le diverse ipotesi.
Il rinnovato accordo tra Pdl e Lega prevede il pieno appoggio del partito di Berlusconi alla proposta Maroni di trattenere nella futura grande Regione del Nord il 75 per cento del gettito di tutti i tributi erariali localmente pagati. Impegni e idee che abbiamo già sentito in precedenti campagne elettorali. E impossibili da accettare da un Parlamento nazionale.
Se non si creano istituzioni federali, l’Europa rischia l’implosione. Lo sostiene Massimo Bordignon, intervistato da Sergio Levi, nel nuovo libro della serie de lavoce.info in collaborazione con Il Mulino: “Europa: la casa comune in fiamme”. Eccone un estratto.
L’obiettivo prioritario è stato il riequilibrio dei conti pubblici. Ottenuto soprattutto attraverso l’aumento della pressione tributaria. Alcune misure risentono dell’urgenza con cui sono state disegnate e andranno riviste. Molto resta da fare: dalla riforma fiscale al riordino dell’intero sistema di finanza locale.