Il reddito di cittadinanza è stato molto criticato, spesso senza alcun riferimento a evidenze concrete. Ora un rapporto Inapp permette di tracciare un quadro più chiaro delle caratteristiche socioeconomiche delle famiglie che beneficiano della misura.
Autore: Massimo De Minicis
Ricercatore Inapp (Istituto nazionale l'analisi delle politiche pubbliche) nella struttura mercato del lavoro. PHD in corso presso il dipartimento di scienze sociali ed economiche dell’Università di Roma La Sapienza in Sociology & Applied Social Research. Si è occupato di lavoro, qualità dei servizi per l’occupazione e disuguaglianze sociali. Le sue analisi riguardano studi ed evidenze sul lavoro contingente e indagini sulla relazione tra le variazioni nelle istituzioni del mercato del lavoro, l’indebitamento privato e le disuguaglianze economiche.
Consigliere del Ministro del Lavoro (2000-2001). I suoi ultimi studi riguardano temi e ricerche legati alla relazione tra evoluzione tecnologica, lavoro e organizzazione produttiva, l'analisi degli strumenti e delle esperienze di allocazione pubblica reddituale generalizzata (minum income, basic income) a livello internazionale, lo studio sulla natura e organizzazione del lavoro nella piattaforme digitalizzate (Labour Platform). Approfondimenti sulla relazione tra soggettività precarie e forme populiste a livello internazionale. Link scholar: https://scholar.google.com/citations?user=3L3YCCsAAAAJ&hl=it&oi=ao.
Visto da vicino, il lavoro su piattaforma si discosta dalla narrazione di un processo produttivo capace di creare una libera economia della condivisione. Semmai si caratterizza come un modello di produzione controllato e che genera precarietà.
Il dibattito sul reddito di cittadinanza si è concentrato sulla scarsa capacità della misura di avviare i beneficiari al lavoro. L’analisi dovrebbe riguardare invece i percettori che un lavoro ce l’hanno, ma ben poco stabile e scarsamente pagato.
Il governo spagnolo ha raggiunto un accordo con alcune organizzazioni imprenditoriali sulla corretta classificazione del lavoro dei rider. Rientrano nella forma contrattuale generale del lavoro dipendente, senza ricorso a una nuova fattispecie giuridica.
Gli anni Duemila hanno già visto due crisi: la prima è quella finanziaria del 2008-2009, la seconda è quella sanitaria di oggi. Per sostenere il reddito dei lavoratori si è però fatto ricorso a misure diverse. Con riflessi nei dati sulla disoccupazione.
Nella crisi causata dalla pandemia il reddito di cittadinanza andrebbe trasformato in un reddito di base parziale. Si avrebbe così una semplificazione e una standardizzazione degli interventi, per garantire una rete di protezione costante nell’emergenza.
Forse non incentiva ad accettare un lavoro, ma il reddito di base parziale sperimentato in Finlandia ha dato risultati positivi. Migliora la salute fisica e mentale dei suoi beneficiari, così come la stabilità finanziaria e la fiducia, anche nei politici.
Le questioni sollevate dai lavoratori delle piattaforme digitali di intermediazione non si possono risolvere solo nei tribunali. Un nuovo campo di tutele e protezioni può essere recuperato proprio nel controllo e corretto utilizzo della tecnologia digitale.