Scambiare, prevedere, aggregarci e innovare sono attività connaturate all’essere umano. Possono dar luogo a cambiamenti epocali, come la rivoluzione industriale. A volte, però, hanno bisogno di essere governate, come nel caso dell’intelligenza artificiale.
Autore: Maurizio Bovi
Più che di Piigs dovremmo parlare di Club Med. È vero che Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna sono tutte state colpite dalla crisi dei debiti pubblici. Ma l’Irlanda ne è uscita per prima. E un altro paese, il Belgio, con un’alta evasione e un’alta propensione a generare debito pubblico, è sempre riuscito a venire fuori da complicati processi di consolidamento fiscale. Forse la differenza sta nel diverso livello di efficienza della pubblica amministrazione. Perchè le nazioni con burocrazie fragili hanno anche problemi di crescita economica e di credibilità.
L’andamento del tasso di irregolarità nel periodo 1980-2009 suggerisce che esistono elementi particolarmente resistenti alle politiche anti-sommerso. Perché sono fattori di natura strutturale. Ma se siamo di fronte a un tasso sistemico di sommerso, solo con politiche e riforme a spettro e durata altrettanto ampia si può sperare di ottenere risultati visibili e persistenti. Tuttavia, se l’intento è lo sradicamento del lavoro nero, allora lo strumento migliore è la realizzazione di una pubblica amministrazione onesta e funzionale.
L’evasione fiscale è legata più alle imposte “tradizionali” o a quelle occulte, cioè alla congerie di regole inutili che gravano sul libero svolgimento dellazione economica dei privati? Se si guardano gli indicatori internazionali se ne deduce che almeno nel medio-lungo periodo, un euro investito per migliorare il sistema paese potrebbe ridurre il fenomeno più di quanto possa fare un euro in meno chiesto ai contribuenti. Inoltre, istituzioni pubbliche economiche più efficienti potrebbero attrarre capitali esteri e disincentivare la delocalizzazione.
Levasione e la pressione fiscale (il rapporto delle entrate pubbliche sul Pil) sono da sempre ingredienti fondamentali della politica economica. Le discussioni inerenti la legge Finanziaria, tanto per citare lattualità, non fanno altro che ribadire il concetto. Daltronde, limportanza attribuita dal legislatore a questi indicatori è ben meritata e si vuole qui porre laccento su certe loro interrelazioni che potrebbero aiutare a chiarire alcuni dei temi di politica fiscale sul tappeto. La pressione fiscale a carico degli “onesti” Il primo tratto comune che viene in mente è che le attività non dichiarate al fisco incidono su entrambi i fattori della pressione fiscale, poiché riducono sia il gettito sia il Pil (o, quantomeno, riducono laffidabilità della stima del Pil). La pressione consueta deriva dalla divisione del gettito incassato dalla pubblica amministrazione per il Pil complessivo. Per spiegare gli altri due indici, va detto che lIstat pubblica due diverse stime dellevasione: una minima, laltra massima. Questultima comprende, oltre allevasione minima, anche una somma che potrebbe non essere collegata a redditi irregolari. (2) Orbene, il denominatore delle misure “media” e “massima” è, rispettivamente, il Pil complessivo al netto della versione minima e massima della stima dellevasione. Chiaramente, a parità di Pil totale, il Pil regolare più basso è quello connesso allevasione massima e, altrettanto ovviamente, esso genera laliquota massima poiché il gettito è uguale per tutti gli indici. In altre parole, nellevento banale e limite in cui non esistesse evasione, allora sia il rapporto massimo che quello medio collasserebbero al valore consueto. Una crescita senza ostacoli Nella tabella 2 riporto i tassi di variazione del gettito e dellevasione (nelle due versioni, massima e minima, dellIstat). Scorrendo le colonne (b) e (c) ci si rende conto che, nonostante gli interventi e la tolleranza zero, la crescita dellevasione ha trovato pochi intralci. Non solo. La crescita complessiva (vedi ultima riga) ci informa che, negli ultimi dieci anni, una delle “industrie” trainanti del nostro sistema economico è stata proprio levasione fiscale; specie quella che, secondo lIstat, è certamente evasione. Vedasi la colonna (c). Confrontando evasione e gettito (colonne (a-b) e (a-c)), risulta che i primi anni Novanta sembrano essere stati un periodo particolarmente drammatico: levasione aumentava e il gettito non riusciva a tenerne il ritmo. In seguito qualcosa è migliorato, anche se il risultato consolidato nel corso del decennio permane negativo. La correlazione tra la crescita del gettito e quella dellevasione è positiva (molto, 65 per cento, nel caso dellevasione massima; poco, 19 per cento, nel caso dellevasione minima), il che a parole vuol dire che è risultato difficile implementare politiche in grado di perseguire, contestualmente, aumenti di gettito e riduzioni dellevasione. (1) Per saperne di più, cfr. Maurizio Bovi (2006), “Evasione e sommerso nella Contabilità nazionale”, in Guerra M.C. e A. Zanardi, Rapporto di Finanza Pubblica. Bologna, il Mulino.
Merita qui di essere ricordato che lIstat corregge il Pil aumentandolo dellevasione fiscale che, con varie tecniche, riesce a quantificare. (1) Cioè, il Pil ufficiale (che è anche una somma di redditi) contiene anche i redditi non dichiarati. Viceversa, i conti pubblici non sono corretti per levasione, per cui la pressione fiscale comunemente riportata e commentata (chiamiamola “consueta”), potrebbe non essere quella “vera”.
Questultima è molto probabilmente superiore a quella solitamente discussa poiché, evidentemente, le tasse sono pagate solamente dai redditi emersi. LIstat pubblica i dati del Pil dichiarato e non, può essere interessante perciò chiedersi qual è la pressione fiscale a carico dei contribuenti onesti. Loperazione è assai semplice: il gettito va diviso per il solo Pil regolare. La tabella 1 dà conto dei risultati, affiancando tre tipi di pressione fiscale.
Si può anche osservare che variazioni di gettito per motivi del tipo “aumento/diminuzione del senso civico” (nel secondo caso si può pensare alleffetto di condoni reiterati), dovrebbero impattare meno sul quoziente massimo che su quello consueto: a parità di mutamenti negli incassi fiscali, il denominatore “tutto dentro” di questultimo resta relativamente più stabile. Va poi considerato che i valori di cui alle colonne (b) e (c) sono una sovrastima dellaliquota “vera” poiché è più facile nascondere il reddito che il consumo. Cioè, parte delle imposte indirette è pagata dai redditi irregolari. In questo caso lindicatore consueto, tenendo conto anche dei redditi evasi, è meno impreciso degli altri due.
Ancor più singolare è limpatto sulla pressione fiscale dei redditi provenienti dalle attività illegali. Da un lato, vengono (almeno in parte) spesi nel circuito legale, in ciò incrementando le entrate pubbliche mentre, dallaltro, non entrano nel Pil totale stimato dallIstat. In entrambi i casi, leffetto è una sovrastima della pressione fiscale: una parte degli incassi della pubblica amministrazione deriva da redditi non conteggiati nel Pil ufficiale. Comunque, tutto considerato, è probabile che la percentuale “vera” sia situata allinterno dei due valori estremi riportati nella tabella 1 la quale, anche perciò, appare generosa di utili indicazioni.
Entrando nel merito delle cifre, sembra che il 1997 sia stato, fiscalmente parlando, un annus horribilis : tutti i valori segnano un massimo. Daltronde, quello, era lanno delleurotassa.
Forse ancora più intenso è limpatto, anche emozionale, dellaliquota che storicamente grava sui redditi dichiarati al fisco: non di rado si è superato il 50 per cento anche nella versione più conservativa di cui alla colonna (c). Infine, losservazione dei valori del decennio suggerisce che la pressione fiscale, specie nelle due versioni non consuete, è maggiore negli anni più recenti che nei primi anni Novanta.
Evidentemente, ed è la speranza di molti, non è detto che la storia debba per forza ripetersi. Tuttavia, in base a queste informazioni, si possono tentare due considerazioni di politica fiscale.
La prima riguarda i condoni degli ultimi anni che, se fatti con lintenzione di far emergere base imponibile in modo permanente, avrebbero dovuto produrre sia maggior gettito sia minore evasione. Nei dati aggregati qui analizzati, simili dinamiche non trovano riscontri.
La seconda interpretazione normativa è che in Italia la gestione delle entrate pubbliche appare particolarmente complicata. Dal lato emerso, devono confrontarsi con rigidi vincoli sovranazionali, con un debito abnorme, con una spesa (nel breve termine) sempre meno comprimibile e (nel lungo termine) sempre più decentrata; dal lato sommerso, sembrano subire vigorose reazioni ai tentativi di reperire incassi aggiuntivi.
Insomma, il quadro prospettato dovrebbe far intuire perché, nei dibattiti di politica fiscale, si sente spesso dire che i) la (più che trentennale) “stagione” dei condoni è ormai finita e che ii) la lotta allevasione fiscale è un prerequisito per la riduzione della pressione fiscale.
* Le opinioni qui espresse sono personali e non necessariamente impegnano lIsae.
(2) Il fatto è che lIstat non è in grado di discriminarne la parte che, con maggiore certezza, proviene da attività sommerse.
La situazione economia è al centro del dibattito politico. Ma come si formano le opinioni dei cittadini su questo tema? Gli aspetti psicologici giocano un ruolo tutt’altro che marginale, come mostra un’analisi sulle risposte dei consumatori nelle indagini europee di lungo periodo. Paradossalmente, in media, le persone sono portate a credere che la propria situazione sia migliore di quella media. Tendono poi a giudicare sistematicamente il passato in modo troppo pessimistico e a prevedere il futuro con troppo ottimismo.