Il Consiglio di stato ha chiuso la lunga vicenda dei farmaci Avastin-Lucentis. Con due sentenze ha sancito l’interesse pubblico al risparmio di spesa se esistono valide alternative terapeutiche a cure molto costose. Ma se ne ricavano anche altri insegnamenti.
Autore: Nerina Dirindin Pagina 1 di 3
Docente di Scienza delle Finanze e di Economia e organizzazione dei sistemi di welfare presso l’Università di Torino. È Presidente del Coripe Piemonte. Ha ricoperto incarichi istituzionali: è stata Direttore Generale del Dipartimento della Programmazione del Ministero della Sanità (1999-2000) e Assessore della Sanità e dell’Assistenza Sociale della Sardegna (2004-2009). Senatore della Repubblica nella XVII legislatura. Redattrice de lavoce.info fino al 2013.
La sanità è stata il principale bersaglio nella ricerca della quadratura dei conti pubblici. Con altri tagli i cittadini sarebbero chiamati a pagare prestazioni ora a carico della fiscalità generale. I recuperi di efficienza vanno utilizzati per colmare le carenze più rilevanti del sistema.
Quella che il Governo ha chiamato “manutenzione straordinaria” al Ssn non è stata in grado di incidere, almeno nel breve periodo, sulle incertezze e sulle difficoltà che assillano operatori e assistiti. Apprezzabile l’attenzione a fenomeni come la ludopatia, peraltro non seguita da provvedimenti adeguati.
Si diffondono le iniziative per incoraggiare medici e cittadini a distinguere fra procedure diagnostico-terapeutiche necessarie e non necessarie. L’obiettivo è migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria, con l’utilizzo di interventi in grado di produrre salute a basso costo.
A chi erano rivolte le parole di Monti sulla sostenibilità futura del sistema sanitario nazionale? Il sistema non dà alcun motivo di allarme alla finanza pubblica e ogni ipotesi di modifica del finanziamento della sanità dovrebbe essere sottoposta al test dell’interesse generale.
La sanità è uno dei settori oggetto di pesanti tagli di spesa. Con il rischio che il doveroso contenimento delle inefficienze vada oltre, sacrificando i principi di fondo del nostro sistema: universalità della tutela e solidarietà nel finanziamento.
Il “decretone” sulla sanità in discussione in questi giorni in Consiglio dei Ministri contiene un variegato insieme di proposte, di portata più o meno rilevante, con le quali il ministro intende “promuovere lo sviluppo del Paese attraverso un più alto livello di tutela della salute”.
Per la sanità quella appena varata non è una spending review, ma una tradizionale manovra di riduzione della spesa. Impone le stesse misure a tutte le Regioni. Non interviene sulla qualità della spesa, rischiando di spostare semplicemente i costi dal bilancio pubblico alle tasche dei cittadini. Con il pericolo di tagliare ciò che serve e costa poco. Si rinuncia a muoversi sulla base delle più recenti evidenze scientifiche internazionali che mostrano come si possa risparmiare aggredendo l’inefficacia di molti trattamenti ancora ampiamente diffusi nei paesi sviluppati.
Nella cura di una malattia dell’occhio relativamente diffusa nei grandi anziani, il trattamento con un farmaco innovativo costa 70 volte meno di quello con il farmaco di riferimento. Il medicinale meno costoso, però, non può essere prescritto a carico del Ssn perché la casa farmaceutica che lo produce non ha mai chiesto l’autorizzazione per quella patologia. Ora una sentenza del Tar dell’Emilia Romagna riconosce l’interesse delle Regioni alla prescrizione off-label. E il caso offre qualche suggerimento anche su spending review e prezzi di riferimento.
Si parla di un possibile superamento dell’attuale sistema di ticket ed esenzioni nel Sistema sanitario con l’introduzione di una franchigia basata sul reddito. La manovra del luglio 2011 prevede infatti 2 miliardi di aumento delle entrate da ticket dal 2014. Ma la proposta sembra debole sotto il profilo della fattibilità, delle ricadute sociali e delle scelte di politica sanitaria. Piuttosto vanno attenuate alcune incongruenze, garantendo comunque i soggetti più deboli. Ma i ticket devono mantere il ruolo di mera responsabilizzazione degli assistiti sul consumo di prestazioni sanitarie.