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Autore: Paolo Santella

L’AZIONISTA E IL MANAGER DALLO STIPENDIO D’ORO *

Perché si discute tanto degli stipendi degli amministratori? Secondo i critici, stock option e altre forme di remunerazione sono un veicolo di espropriazione degli azionisti e indirizzano la gestione aziendale verso obiettivi di breve periodo. Ma una volta rimossi gli ostacoli legali alla vigilanza degli azionisti, è anche necessaria una loro maggiore partecipazione al voto in assemblea. E in Europa si guarda ancora con sospetto al passaggio da una gestione volta a tutelare gli interessi di tutti gli stakeholder a una più indirizzata a garantire dividendi agli azionisti.

AMMINISTRATORI IN CONDOMINIO *

Nel periodo 1998-2006 la grande maggioranza delle società quotate italiane è stata collegata in un’unica rete attraverso una piccola minoranza di amministratori. Un gruppo, questo, che mostra grande stabilità nel tempo e con componenti che spesso appartengono alle stesse famiglie. Assai alto il grado di connettività per le blue chips e in particolare per quasi tutte le principali società bancarie e finanziarie. Negli ultimi anni tende a ridursi il numero dei collegamenti, ma non delle società coinvolte, con una maggiore centralità di Mediobanca. E la concorrenza?

UN PASSO VERSO LA PUBLIC COMPANY *

La direttiva europea sui diritti degli azionisti rappresenta un’opportunità di ridurre i problemi di partecipazione degli azionisti che caratterizzano le società quotate italiane, attraverso un ricorso facilitato al voto per delega. Le disposizioni si possono applicare anche alle cooperative quotate e, dunque, alle banche popolari, che soffrono oggi di un deficit particolarmente grave di democrazia azionaria. Ma la raccolta delle deleghe è estesa agli amministratori: negli Stati Uniti è un meccanismo che ha permesso il funzionamento della public company.

Corporate governance bancaria, la madre di tutte le questioni

Quali sono state le determinanti degli scandali finanziari in Italia e nel resto d’Europa? Vi sono alcuni punti specifici del governo societario delle banche che dovrebbero avere un ruolo preminente nella lista delle iniziative di molti paesi europei, tra i quali il nostro. Anche perché un’efficiente governance bancaria è un presidio rispetto a comportamenti fraudolenti, ma anche verso i molto più diffusi casi di gestione aziendale inefficiente. In gioco non è soltanto la fiducia degli investitori nel mercato finanziario, ma l’efficienza del nostro sistema produttivo.

All’amministratore fa difetto l’indipendenza

La Commissione Preda è impegnata ad aggiornare il codice italiano di corporate governance. Intanto, i risultati di una recente ricerca rivelano che il codice non è solo inadeguato rispetto agli standard europei. E’ anche molto poco rispettato. Eppure, gli amministratori indipendenti sono uno dei principali strumenti per prevenire comportamenti in danno agli azionisti di minoranza, l’ostacolo principale per lo sviluppo del mercato azionario. Ma chi deve verificare quanto dichiarato dalle società quotate sulla indipendenza dei propri amministratori?

Lezioni dall’Asia

Il sistema finanziario e industriale italiano è al centro di un importante sforzo riformatore, attraverso la riforma del diritto fallimentare, del risparmio, e del Codice Preda. Dalla crisi asiatica degli anni Novanta possono venire interessanti insegnamenti. Intanto che si tratta di questioni interdipendenti. Poi che la legislazione fallimentare deve riservare ai creditori poteri direttivi nella procedura. Mentre va limitato l’interventismo delle autorità governative nelle crisi d’impresa. Ma il punto decisivo è la governance bancaria.

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