Esistono varie forme di populismo, di destra e di sinistra. Perché si tratta di una tattica per generare consenso, non di una strategia di governo. In uno studio le differenti politiche adottate una volta al potere e le conseguenze sulla spesa pubblica.
Autore: Piergiuseppe Fortunato
Piergiuseppe Fortunato è un economista della Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) dove dirige programmi su catene globali di valore ed integrazione economica. É anche docente di politica economica presso l’ Université de Neuchâtel. Ha lavorato presso gli uffici delle Nazioni Unite sia a New York che a Ginevra oltreché per svariate università ed istituti di ricerca (Università di Bologna, Universitè de Paris I Panthéon Sorbonne, IAE Barcelona, etc.). Ha pubblicato in maniera estesa su riviste accademiche, collaborato con i governi di innumerevoli paesi in Asia, Africa ed America Latina ed è parte attiva nel dialogo sulla governance globale in varie sedi (WTO, OECD, etc.).
I valori e le convinzioni che modellano la nostra percezione della realtà possono avere un’influenza significativa sui comportamenti che interessano la salute pubblica. La conferma arriva da uno studio sulla campagna vaccinale anti-Covid negli Usa.
Le rivelazioni di Frances Haugen su Facebook hanno riportato al centro dell’attenzione il ruolo di internet e social media nel condizionare l’opinione pubblica. Uno studio ci aiuta a scoprire quali sono le categorie più esposte alla propaganda in rete.
La seconda ondata di Covid-19 ha riaperto il dibattito fra chi vorrebbe concentrarsi solo sul contenimento del virus e chi invece pensa si debbano limitare le già forti ricadute sul tessuto economico. Ma è un dualismo che i dati sembrano smentire.
Molti paesi hanno reagito al Covid-19 con misure volte a ridurre le interazioni sociali. Ma il loro impatto è stato tutt’altro che omogeneo. I dati sulla mobilità in Svizzera ci dicono come determinati tratti culturali possano spiegare le discrepanze.
Le recenti proteste popolari hanno risvegliato il mondo arabo da un pluriennale torpore. Ma quali sono le prospettive della democrazia in Nord Africa e Medio Oriente? L’evidenza storica suggerisce che i paesi meno dipendenti dalle risorse naturali e caratterizzati da una distribuzione della ricchezza più eguale hanno maggiori possibilità di cambiare sistema politico in maniera poco violenta e di arrivare a democrazie caratterizzate da una più ampia tutela delle libertà individuali. E ciò non fa ben sperare per i paesi arabi oggi coinvolti nei conflitti più violenti.