I fondi di sviluppo e coesione sono la principale misura per la crescita dei territori, in particolare nel Mezzogiorno. Dopo la riforma della governance restano due problemi: eccessiva frammentazione degli interventi e mancanza di meccanismi di verifica.
Autore: Piero Rubino
Economista, ha lavorato presso l’ISCO, il Servizio Studi della Banca d’Italia, l’Autorità per l’Energia (oggi ARERA), il Dipartimento delle Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio. Collabora con l’Università di Urbino “Carlo Bo”.
La neonata e lungamente attesa Autorità dei trasporti non può iniziare il proprio lavoro perché i membri designati dal Governo non hanno ancora ottenuto il gradimento del Parlamento. La causa sono i veti incrociati espressi dai gruppi maggiori su due dei tre nomi. Si rischia così di pregiudicare una scelta che avrebbe dovuto scuotere dal torpore un settore infrastrutturale cruciale. Forse il presidente del Consiglio dovrebbe adottare anche in questo caso il “metodo Rai”, opponendosi alle pressioni dei partiti e facendo prevalere il bene comune. Nell’interesse primario degli utenti.
Alti prezzi finali, vulnerabilità delle reti, insoddisfacente qualità del servizio sono i sintomi del malessere del sistema energetico italiano. La riforma avviata nei primi anni Novanta è ancora incompiuta. Occorre quindi mitigare il potere di mercato degli ex-monopolisti per favorire l’entrata di nuovi operatori. E rilanciare le funzioni di regolazione indipendente. Il controllo proprietario di entrambi gli operatori di rete andrebbe poi attribuito alla Cassa depositi e prestiti. Che per evitare conflitti di interesse dovrebbe cedere le sue quote di Enel ed Eni.