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Autore: Pietro Garibaldi Pagina 9 di 12

garibaldi Professore ordinario di Economia Politica presso l'Università di Torino, è Fellow e direttore del Programma Allievi della Fondazione Collegio Carlo Alberto e responsabile degli studi sul lavoro della Fondazione Debenedetti. È consigliere di sorveglianza (ed ex-vicepresidente) di Intesa SanPaolo. È stato Consigliere economico del Ministro dell'Economia e della Finanze nel 2004 e 2005, e consulente in materia di lavoro per il Dipartimento del Tesoro. Ha conseguito il Ph.D. in Economia presso la London School of Economics nel 1996. Dal 1996 al 1999 ha lavorato come economista nel dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale, ed è stato professore associato presso l'Università Bocconi dal 2000 al 2004. Redattore de lavoce.info.

Più tasse e più spese: la Finanziaria 2007 dopo il primo assalto alla diligenza

Sono passati due mesi dal varo della Finanziaria da parte del governo. Nel frattempo c’e’ stato, come previsto, l’assalto alla diligenza. Dopo l’approvazione della Camera e il voto del Senato sul decreto fiscale è il momento di fare il punto sulla composizione della manovra. Avevamo scritto a settembre che il rientro dal disavanzo eccessivo avveniva principalmente sul lato delle entrate. Adesso l’aggiustamento è unicamente basato su maggiori tasse e contributi. La spesa non solo non si riduce, ma potrebbe aumentare fino a 6,5 miliardi rispetto allo scenario a bocce ferme. Il contrario di ciò di cui il paese aveva bisogno.

Dal vicolo cieco alla stabilità

La manifestazione di sabato ha riportato al centro del dibattito di politica economica il mercato del lavoro e la sua regolamentazione. E rischia di acuirsi lo scontro sociale proprio mentre una complessa Finanziaria inizia il suo iter parlamentare. Si può evitarlo cercando di garantire alle imprese la flessibilità in entrata e ai lavoratori un percorso ben definito verso la stabilità. Attraverso un disegno complessivo che preveda un ingresso al lavoro in tre fasi (prova, inserimento e stabilità), salario minimo e contributo previdenziale uniforme.

Indovina chi siede al tavolo verde

Tra ospiti più importanti di altri e posti pre-assegnati come a una cena di gala, la concertazione italiana è un teatrino dove ciascuno recita un copione già visto. Molto meglio prendere esempio dalla Spagna. Il suo Consejo Económico y Social ha il compito di dare al parlamento un parere su ogni proposta di legge o decreto governativo di tema economico-sociale. Un ruolo che da noi potrebbe svolgere il Cnel. A patto di riformarlo radicalmente in modo da trasformarlo in una sede in cui si possa andare a fondo dei problemi, carte e dati alla mano. Perché il metodo è sostanza.

La politica economica ha bisogno di buona teoria

Edmund Phelps ha vinto il premio Nobel per l’Economia per aver definito in modo formale il concetto di disoccupazione di equilibrio. Secondo il quale esiste uno e un solo livello di disoccupazione che rende il mercato del lavoro in equilibrio, ovvero rende le aspettative e le richieste salariali coerenti con la capacità delle imprese a remunerare i lavoratori. Se la politica monetaria è oggi più efficace, e l’inflazione a due cifre un ricordo del passato, lo si deve al modello di Phelps, utilizzato da tutte le banche centrali.

Un rientro dal lato sbagliato

L’Italia ha un problema di spesa pubblica eccessiva. Nell’ultimo decennio quella primaria (al netto degli interessi) è cresciuta di 3 punti rispetto al Pil. Il Governo ne era ben conscio, e lo aveva indicato nel Dpef. Ma la Finanziaria varata dal Consiglio dei Ministri aumenta le entrate anziché tagliare le spese. Secondo le nostre stime, la copertura della manovra è composta fino all’84% da entrate aggiuntive. Servirà a farci rientrare nell’ambito dei parametri di Maastricht. Ma non eviterà che tra dodici mesi gli stessi problemi si ripresentino. Inquietante poi l’operazione sul Tfr

Se non ora quando?

Economia e finanza pubblica italiane hanno bisogno di riforme strutturali. Dopo aver indicato una rotta riformatrice con il Dpef, la politica economica italiana sembra ora in una situazione di stallo. Alimentata, paradossalmente, da una serie di buone notizie sullo stato dell’economia. Eppure, come dimostra l’esperienza dei paesi europei negli ultimi vent’anni, le riforme politicamente difficili, quelle che agiscono sul lato della spesa, riescono nei periodi di espansione. E sono anche le uniche che permettono di coniugare risanamento e crescita.

Un Dpef balneare?

Doveva essere un Dpef di legislatura, ma rischia di passare alla storia come un Dpef balneare. I segnali di ripresa economica e l’imprevisto aumento degli introiti fiscali hanno convinto il Ministro dell’Economia e delle Finanze che l’aggiustamento di finanza pubblica richiesto dal Dpef approvato a luglio vada ridimensionato. E’ un errore, anche perché il nuovo patto di stabilità impone che l’aggiustamento sia piu’ marcato quando le cose vanno bene. Speriamo che almeno sulle intenzioni di intervenire su enti locali, sanità, pubblico impiego e previdenza il Dpef riesca a superare l’estate.

Freno e acceleratore senza marce

Un Dpef di inizio legislatura può essere un documento molto utile perché può avere un orizzonte programmatico relativamente lungo. Ma bisogna riempirlo di contenuti. Non e’ il caso del Dpef approvato dal Consiglio dei ministri di venerdì 7 luglio. Speriamo che a settembre, quando presenterà gli interventi promessi ma non specificati, il Governo mostri lo stesso coraggio avuto col decreto sulle liberalizzazioni. Servirà per coniugare risanamento e crescita, freno e acceleratore. Altrimenti si rischia di inchiodare l’economia. Come quando si guida una macchina senza marce col piede sinistro.

L’onda lunga degli immigrati

Nel primo trimestre del 2006 l’occupazione totale in Italia è cresciuta dell’1,7 per cento. L’incremento interessa le donne, i giovani, i lavoratori ultra cinquantenni. E riguarda tutte le parti d’Italia, Mezzogiorno compreso. Ma più del 60 per cento dei nuovi lavori sono dovuti alla componente straniera. Sono individui a tutti gli effetti già occupati nel mercato del lavoro, lentamente evidenziati dalle statistiche nazionali. Comunque, i dati riflettono un mercato in salute e in continua crescita. Mentre il tasso di disoccupazione scende al 7,4 per cento.

Una ricognizione fra il tecnico e il politico

Tre i messaggi chiave del rapporto della Commissione Faini: la situazione dei nostri conti pubblici è molto difficile, e più grave di quella descritta nella Trimestrale di cassa; avrebbe potuto essere peggiore senza l’ombrello dell’euro; la Ragioneria generale dello Stato è un organismo troppo soggetto ai condizionamenti della politica. Bene, dunque, potenziare i servizi bilancio di Camera e Senato e dotarsi subito di strumenti per fare tagli selettivi della spesa delle amministrazioni pubbliche. Anche perché la manovra non deve essere solo sulle entrate. Discutibili, invece, la scelta della Commissione di valutare la fattibilità politica di alcuni interventi, e di formulare una forbice di valori per il tendenziale.

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