Come ragiona chi decide di non vaccinarsi contro il Covid? Considera la sua decisione come una “scommessa” a probabilità note e il vaccino come una scelta a probabilità ignote. Solo un’adeguata informazione può fargli capire i rischi che corre.
Autore: Riccardo Cesari Pagina 2 di 3
Membro del Consiglio dell'IVASS dal 1° gennaio 2013. Dal 2001 è professore ordinario di Metodi Matematici per l'Economia e le Scienze Attuariali e Finanziarie dell'Università di Bologna.
Nel 1994, dopo aver conseguito il D.Phil all'Università di Oxford, è professore associato dell'Università di Lecce e, dal 1996, dell'Università di Bologna. Dal 1984 al 1994, dopo aver vinto la Borsa di studio "Giorgio Mortara", opera in Banca d'Italia prima presso il Servizio Studi e poi presso le sedi di Bologna e Trieste.
È laureato in Scienze Statistiche ed Economiche presso l'Alma Mater - Università di Bologna (1983). Ha diretto un Corso di Alta Formazione in Economia e Diritto della Previdenza Complementare ed è stato responsabile scientifico di un Master universitario di II livello e di una Laurea Magistrale in Quantitative Finance.
Ha svolto attività di ricerca nel campo finanziario e assicurativo, con particolare riferimento alla struttura per scadenza dei tassi d'interesse, alla valutazione dei titoli strutturati, all'analisi dei fondi comuni e dei fondi pensione, ai modelli previsivi dei mercati finanziari e di allocazione finanziaria ottimale strategica e tattica, alle garanzie implicite nei contratti assicurativi e ai problemi di solvibilità nelle assicurazioni.
Anche nei Giochi paralimpici il medagliere ufficiale propone una classifica incentrata sul numero di ori. Se invece si guarda al numero totale di medaglie, pesandole, i risultati cambiano. Le condizioni che servono per un confronto corretto fra paesi.
Gli Stati Uniti hanno vinto il medagliere dei Giochi della XXXII Olimpiade, ma il modo in cui viene calcolata la graduatoria finale lascia poco spazio al peso di argenti e bronzi e non considera i fattori demografici e socio-economici che possono essere alla base di questo successo.
Considerare i quant come principale colpevole della crisi non rende giustizia alla realtà dei fatti perché la categoria ha fatto parte di una complessa macchina da soldi per pochi e da rischi per tutti. Ma non c’è bisogno di una matematica nuova per la finanza, basta un uso intelligente degli strumenti quantitativi, anche sofisticati, che la finanza matematica acquisisce e sviluppa. Per esempio, il Regolamento emittenti della Consob fa esplicitamente il ricorso alle metodologie dei quant per la quantificazione del grado di rischio degli strumenti offerti ai risparmiatori.
Tutti si chiedono quando finirà la crisi. Si dice anche che se i problemi sono iniziati sul mercato delle case degli Stati Uniti, è probabile che sia lì che finiranno. Dal 2006 sul Chicago Mercantile Exchange viene quotato un contratto future sull’indice S&P Case-Shiller, costruito per quel mercato. Dagli andamenti delle sue quotazioni si ricava che la discesa continuerà fino a metà 2010 accumulando una perdita del 35 per cento.
Dopo anni di deregulation e decenni di scarsi controlli, di sfiducia nei sistemi di prevenzione e di vigilanza sugli intermediari, la crisi del credito è scoppiata negli Stati Uniti e da lì si è estesa a tutto il mondo sviluppato. Le origini del problema sono dunque chiare. Il piano approvato dal Congresso punta a rimediare agli effetti e non alle cause della crisi. Per essere efficace dovrebbe invece ri-regolare i mercati e aiutare le famiglie incapienti con mutui. Tanto più che un programma di agevolazioni immobiliari alle famiglie avrebbe molteplici effetti positivi.
L’approvazione del nuovo Regolamento emittenti della Consob rappresenta un salto di qualità assai significativo verso regole efficaci di correttezza e trasparenza dei mercati e per la prevenzione di incomprensioni, inefficienze e persino vere proprie crisi di fiducia. Dovrebbe essere interesse degli stessi intermediari finanziari, attenti alle esigenze dei clienti e alla creazione di rapporti di lungo periodo, favorire l’adozione di criteri regolativi che in ultima analisi si rivelano strumenti di salvaguardia e solidità anche sul lato dell’offerta.
Criteri, divieti e limiti agli investimenti dei fondi pensione sono regolati da un decreto di dieci anni fa. Nel frattempo molto è cambiato nei mercati finanziari per la deregolamentazione, la globalizzazione e l’innovazione finanziaria. Ecco perché il ministero dell’Economia ha pubblicato un documento di consultazione con le possibili linee guida di una nuova regolamentazione, da emanare entro la metà del 2008. Numerosi i temi caldi, dal controllo e gestione dei rischi all’estensione delle possibilità di investimento, alle regole contabili.
Una simulazione sui quattro diversi modi di adesione alla previdenza complementare disponibili per i lavoratori italiani mostra che il risultato ottenuto con i fondi pensione è generalmente superiore a quello conseguibile con il Tfr per tutti gli orizzonti d’investimento. I benefici della previdenza complementare possono però essere pesantemente decurtati, e in taluni casi annullati, dalle commissioni sopportate dai lavoratori. E nella scelta si dovrebbe anche tener conto della disponibilità ad accettare rischi sugli investimenti previdenziali.
I lavoratori italiani non sembrano percepire il trattamento fiscale particolarmente favorevole attribuito alla previdenza complementare. I calcoli mostrano che già dopo dieci anni di contribuzione al fondo pensione il valore dell’investimento supera del 14,2 per cento quello ottenibile con una pensione “fai da te” conseguita acquistando titoli. Dopo trenta anni lo scarto è del 23,8 per cento. Il risparmio d’imposta è tanto più alto quanto più elevata è l’aliquota marginale Irpef. L’unico rischio è che in futuro questo regime venga rivisto.