Due gradi in più rispetto alla temperatura dell’era pre-industriale: è il limite indicato per evitare danni irreparabili dovuti al cambiamento climatico. Non è un valore puntuale, ma è ciò che serve per tenere le fila dei negoziati internazionali.
Autore: Stefania Migliavacca
Laureata in Economia a Pavia, ha conseguito un Master in Economia e Managment dell’Energia e dell’Ambiente presso la Scuola Enrico Mattei di ENI. E’ professore a contratto di Microeconomia presso l’Università di Pavia e insegna System Dynamics presso Eni Corporate University. I suoi interessi di ricerca sono legati alla modellazione con la Dinamica dei Sistemi e ai temi di economia dell’energia e dell’ambiente.
La direttiva europea 2019/904 mette al bando alcuni oggetti di plastica monouso. È apprezzabile, ma sembra un provvedimento preso sull’onda delle emozioni più che basato sui dati. La plastica è infatti lo 0,7 per cento dei rifiuti prodotti in Europa.
La stabilizzazione delle emissioni di CO2 è un segnale positivo. Ma non ha effetti significativi su ciò che influenza direttamente le variazioni della temperatura: la concentrazione in atmosfera. Ecco perché bisogna continuare a puntare sulle rinnovabili.
Due terzi delle emissioni climalteranti provengono dal settore energetico. Che infatti affronta una transizione epocale, da cui dipende il futuro dell’ambiente. Il banco di prova della conferenza di Parigi tra scelte dei due “sorvegliati speciali” e necessità di forti investimenti in rinnovabili.
Nel 2011 le emissioni di CO2 in Italia sono state pari a 393 milioni di tonnellate. E inaspettatamente siamo riusciti a rispettare i vincoli di Kyoto. Ma si tratta di un numero così grande che è persino difficile dargli un significato concreto. Per dire, equivale al peso di 78 milioni di elefanti.
Quasi 17 milioni di italiani devolvono il 5 per mille dell’imposta sul reddito ad associazioni e onlus. Ma l’efficacia dello strumento è messa in discussione da un quadro normativo confuso e dalla complessità delle procedure. Le donazioni vanno in particolare a volontariato e ricerca sul cancro.
Quanto vale il patrimonio artistico italiano? Un metodo originale, basato sui prezzi relativi, per stabilire il valore economico dei nostri capolavori. Esercizio tutt’altro che facile: parte della malinconia della “Grande Bellezza” sta proprio nell’impossibilità di ricavarne qualcosa.