Il provvedimento sul Tfr in busta paga è un elemento importante della strategia complessiva per un rilancio della domanda aggregata e dei consumi. Certo, non mancano le criticità. Alcune simulazioni per chiarire gli effetti della misura nei diversi casi.
Autore: Stefano Patriarca
Esperto in politiche economiche, del lavoro e del welfare. Ha iniziato la sua attività di ricercatore dopo la Laurea in Scienze Statistiche alla Sapienza di Roma, collaborando come econometrico con il Prof. Paolo Sylos Labini presso l’Istituto di Economia della Facoltà di Statistica. Fino al 1996 ha diretto l’Istituto di Ricerca Ires Cgil, collaborando con Bruno Trentin e Giuliano Amato, e il Dipartimento Economico della Cgil nazionale; membro del Cnel. In seguito è stato Presidente del Formez e ha lavorato all’ Ufficio Studi dell’Inps. Ha contribuito alla definizione degli interventi di riforma del welfare partecipando a commissioni tecniche miste Governo e parti sociali, in particolare nel 1995 ha collaborato, in qualità di esperto, alla definizione della riforma Dini sulle pensioni. Tra il 2007 e il 2008 ha rappresentato il governo italiano nel Social Protection Commettee della Ue.
Il Governo starebbe studiando la possibilità di trasferire una parte del Tfr in busta paga. È una buona idea, purché si lasci al lavoratore libertà di scelta. Quanto agli oneri aggiuntivi per le imprese, il problema potrebbe essere risolto coinvolgendo nell’operazione il sistema bancario.
Niente scuse: è possibile chiedere un contributo di equità basato sulla differenza tra pensioni percepite e contributi versati, limitatamente a chi percepisce pensioni di importo elevato. Si incasserebbero più di quattro miliardi di euro, riducendo privilegi concessi in modo poco trasparente.
Ringraziamo lavoce.info e tutti i commentatori per le osservazioni molto utili al nostro articolo “Lo squilibrio nelle pensioni di anzianità“. Ci soffermeremo solo sulle principali osservazioni critiche, poiché l’articolo riferisce sinteticamente di un lavoro più ampio di chi scrive, in corso di pubblicazione, sul sistema pensionistico al quale si rimanda, come si rimanda alla lettura dei dati contenuti nel Bilancio Sociale Inps 2012.
L’iniquità del sistema pensionistico italiano ha le sue radici nei privilegi di alcuni settori, nelle pensioni (di anzianità) più alte, nel loro numero e nel sistema di calcolo retributivo. Abbiamo calcolato lo sbilanciamento tra prestazioni contributive e retributive dal 2008 al 2012.
Perché non bisogna aver paura della libertà di scelta dei lavoratori
Di Stefano Patriarca
il 14/10/2014
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