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Autore: Stefano Toso

E' professore ordinario nella Scuola di Economia, Management e Statistica dell’Università di Bologna, dove insegna Scienza delle finanze. Ha studiato nell'Università di Bologna, dove ha conseguito la laurea in Scienze politiche (indirizzo politico economico) e il dottorato di ricerca in Economia politica, nell'Università di Warwick (UK), dove ha conseguito il Master of Arts in Economics, e presso la London School of Economics. Prima di assumere il ruolo attuale, ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna ed ha lavorato nel Servizio Studi della Banca d’Italia.

Due legislature, due sistemi di tax-benefit

Con un metodo di analisi molto semplice si possono verificare gli effetti sul reddito disponibile delle famiglie delle riforme attuate negli ultimi dieci anni. E’ possibile rintracciare una diversità nelle logiche di fondo che hanno ispirato le due esperienze di Governo: il centrosinistra è stato più attento al segno redistributivo delle riforme, concentrando le risorse a favore dei decili inferiori della distribuzione, mentre il centrodestra ha avuto come prioritario l’obiettivo della riduzione del carico fiscale, in modo percentualmente uniforme.

Il nome non fa il reddito

Abbandonato l’esperimento del reddito minimo di inserimento, la Finanziaria 2004 ha istituito il reddito di ultima istanza. Ma poco si sa delle caratteristiche che dovrebbe assumere e di come sarà finanziato. Sembra una pura e semplice delega di iniziativa agli enti locali e non è nemmeno chiaro se le Regioni saranno tenute a istituire la nuova misura. Il rischio è un passo indietro delle politiche di lotta della povertà, con il ritorno a misure, se non occasionali certamente discrezionali, per la disomogeneità di interventi che caratterizza storicamente il welfare locale in Italia e gli squilibri regionali tra aree ricche e aree povere.

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