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Autore: Tullio Jappelli Pagina 5 di 6

jappelli E' professore di Economia Politica presso l'Università di Napoli Federico II e Research Fellow del CEPR. Ha conseguito il Ph.D. in Economia presso il Boston College. Ha trascorso periodi di ricerca presso la University of Pennsylvania, MIT e Princeton University e collaborato a progetti di ricerca del NBER, della World Bank, dell'Inter-American Development Bank, del CEPR, della Banque de France e della Banca d'Italia. Nella sua ricerca si occupa principalmente di scelte di risparmio, scelte di portafoglio delle famiglie e di economia bancaria. Redattore de lavoce.info.

I fondi pubblici per l’università

Sul principio che sia opportuno finanziare l’università con risorse pubbliche non sembrano esserci dubbi. Ma due ragioni rendono preferibile anche una fornitura pubblica del servizio: l’intervento pubblico dovrebbe comunque sussidiare la ricerca di base, e l’informazione sulla qualità dell’istruzione è molto difficile da misurare e percepire, specialmente durante una transizione a un nuovo regime. Incentivi, concorrenza e liberalizzazioni delle carriere del personale possono essere introdotti utilizzando i molti strumenti di cui già si dispone.

Meno risorse per l’accumulazione

Il nuovo fondo del Tfr per le imprese con più di cinquanta addetti istituito presso l’Inps agirà con regole basate sul principio della ripartizione. Non darà luogo ad accumulazione, ma sarà immediatamente destinato ad aumentare alcune voci di spesa pubblica. Il passaggio dal regime attuale al nuovo riduce lo stock di capitale privato dell’economia, senza garanzia che quello pubblico aumenti in eguale misura. Ma la capacità di accumulazione di capitale è condizione essenziale per la crescita: la riforma si trasformerà in un ulteriore elemento di freno?

La disinformazione nuoce al futuro pensionato

La scelta sul Tfr rappresenta non solo un’occasione per promuovere la crescita della previdenza complementare, ma anche per informare i lavoratori sui temi della previdenza e del risparmio. Ed elevare il loro livello di informazione finanziaria. Sarà opportuno che l’informativa dei datori di lavoro sia accompagnata da una specifica campagna perché ciascun lavoratore sia messo in condizione di conoscere la propria posizione previdenziale, come previsto dalla riforma Dini. Permettendo così di valutare le diverse opzioni finanziarie.

Una valutazione positiva

Si è concluso il primo ciclo di valutazione della ricerca. L’elevata qualità dei panel, la trasparenza delle decisioni e del metodo di valutazione rappresentano una novità importante e positiva per le università e gli enti di ricerca. In futuro, si potrà migliorare l’efficacia del processo accelerando i tempi e chiarendo in anticipo le conseguenze che la valutazione avrà sulla ripartizione delle risorse. Solo così si può sperare che orienti le scelte del corpo accademico, migliori la qualità della ricerca e stimoli la concorrenza tra università.

Un reverse mortgage per il consumo degli anziani

I reverse mortgage, autorizzati anche in Italia dal decreto fiscale, sono strumenti finanziari che sostengono il consumo degli anziani senza che essi si privino dell’abitazione di proprietà. L’ammontare del prestito concesso dipende da tre fattori: il valore dell’abitazione, il tasso di interesse e l’età del debitore. All’estero non hanno riscosso finora molto successo per i loro costi elevati. In futuro è possibile prevedere uno sviluppo di questo strumento finanziario, che però andrebbe incentivato riducendo i costi di transazione tipici di questo mercato.

La valutazione della ricerca – Intervista con Franco Cuccurullo, presidente del Civr

In questi mesi, università ed enti di ricerca si sono sottoposti a un complesso sistema di valutazione della ricerca, messo a punto dal Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca. Efficace solo se sono note con largo anticipo le conseguenze della valutazione sulla distribuzione delle risorse. Invece la comunità scientifica conosce poco l’attività del Civr e le conseguenze che i giudizi di valutazione avranno sulla ripartizione dei fondi del ministero. Cerchiamo di fare maggiore chiarezza sulla questione con questa intervista a Franco Cuccurullo.

Domande e risposte sull’Iit

Dopo le polemiche che hanno preceduto la sua nascita, dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) non si parla più. La fase di avvio delle attività sta per concludersi, ma poco si sa di quanto è stato fatto finora. Le uniche notizie riguardano alcune borse di studio per dottorati da usufruire presso altre sedi. Il forum di discussione del sito web è desolatamente vuoto. Poniamo dieci domande cui rispondono il commissario unico dell’Iit, Vittorio Grilli e il direttore scientifico, Roberto Cingolani.

Un provvedimento incoerente

Per aumentare la retribuzione d’ingresso dei giovani ricercatori universitari, il Consiglio dei ministri ha approvato una norma che prevede che la loro conferma in ruolo possa avvenire non più dopo tre anni, ma dopo un solo anno di servizio. Lo scopo, del tutto condivisibile, si sarebbe potuto raggiungere molto meglio adeguando direttamente le retribuzioni di ingresso senza abolire di fatto le procedure di valutazione. Con buona pace delle dichiarazioni sulla necessità di introdurre valutazione, concorrenza e qualche incentivo di merito nell’università.

Un taglio poco consumato

La riforma fiscale per sostenere l’economia italiana? Un’indagine de lavoce.info mostra che se fosse varata a partire dal 1 gennaio 2005, un terzo della riduzione di imposte si tradurrebbe in aumento dei consumi, ma la gran parte del reddito aggiuntivo servirebbe per incrementare il risparmio o ridurre i debiti. Perché la riforma è percepita come transitoria. E nel 2005 potrebbe dare una “scossa” iniziale di soli 2,6 miliardi di euro, cioè lo 0,2 per cento del Pil. Prima di attuare la manovra, il Governo farebbe bene a studiarne meglio i probabili effetti.

Dov’è finito il popolo delle formiche

Si dice che gli italiani non risparmino più. In realtà, il risparmio delle famiglie italiane rimane elevato. Perché le riforme delle pensioni degli anni Novanta hanno drasticamente ridotto il grado di copertura previdenziale, particolarmente per le nuove generazioni. E perché il timore di una caduta dei redditi ha frenato i consumi e favorito l’accumulazione. D’altra parte, il risparmio non è un indicatore di benessere o di povertà. Paesi con un reddito pro capite molto più elevato del nostro hanno tassi di risparmio molto più bassi. E viceversa.

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