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Categoria: Licenza Poetica Pagina 11 di 16

I poeti del dolce Pil novo

Tommaso io vorrei che tu, Vincenzo ed io
nel piatto mar del Pil s’andasse, al voler vostro e mio,
con il vasel della ripresa al vento,
che ci menasse al porto almen dell’un per cento,

sanza che Silvio e lobbie malcontente
a noi potessero recare impedimente.
Pure i’ vorrei, s’io fossi come son Romano,
che in quel di Bebbio mi feci castellano,

agli autoportatori (1), protervi e fannulloni,
di far bassar la fronte e li calzoni.
E tu Tommaso? S’i’ fossi foco il desavanzo lo incenerirei
e le pension d’ognuno le arderei.

Dimmi Vincenzo! S’io fossi Fisco come sono e fui,
subitamente e impavido, lasserei ad altrui
le imposte vecchie e ossute
e su autonmi e rendite i’ mi torrei le giovani e pasciute.

O meo Romeo (2), sonci pur io Pier de Bersani
e se foss’i’ acqua o meglio uno tsunami
vorrei affogare panattier e speziali,
pur notari, mercatanti e tutte l’arti dei professionali.

Me canta la ballata del flor di Ballarò
e le cooppe, gli enti, le municipali neppur le bagnerò:
i grassi indipendenti avranno punizione
ai magri dipendenti, invece, si lasci il guiderdone.

Care, dulci rime sù non siate lasse,
nel dir del mio disio che il Pil presto s’alzasse
e dite a Cecco e a Polo, vieppiù a Tito e a Turano (3)
di non saziarsi ad alzar laude verso di me, Romano.

Liberali di panna montata

I tassinari che fan la serrat
Urla e proclami contro Bersani
Ira funesta, la voce strozzata
Una gran voglia di usare le mani

Piazza Venezia che sembra un rodeo
I giapponesi scattan le foto
Mille auto bianche che fanno un corteo
Povero Cristo chi non ha una moto.

Questa piazzata non mi sorprende
Se vuoi toccare interessi robusti
Non puoi sperare che tolgan le tende
Che si dimostrino equanimi e giusti

Ma i liberali di panna montata
Chi col megafono, chi sui giornali
Sbucano fitti, la fronte aggrottata,
Pronti a mostrarsi tra i più solidali

Moratti e Croci qui da Milano
Dicon che non vareranno il decreto
Loro al tassista gli danno una mano
Mica lo mandano a Piazza Loreto

Quelli di AN son con la protesta
Boia chi molla, amici tassisti
Sarà il richiamo della foresta
Di quando erano ancora fascisti.

Leggo lo sdegno del buon Brunetta
Dietro lo sdegno non trovo un bel niente
Quella riforma me l’hanno scippata
Così non vale, in fondo ero assente!

E Berlusconi, lo sguardo tirato.
Con un riflesso un po’ pavloviano
Ecco che accusa il fisco affamato
Che cosa centri è un mistero assai strano

E’ un po’ confuso, perché lui sospetta
Ci fosse uno che ancor gli parlasse.
Poi trova il modo per chiederlo a Letta:
il nome tassista deriva da tasse?

Anche Ferruccio, che è uomo di mondo,
spinge a che tutti siano ascoltati
lascia i principi un po’ sullo sfondo
pensa ai suoi tanti lettori avvocati.

Anche il Maggini, poeta minore
Con cui a volte qui si fioretta
Si lascia andare senza pudore
A una tirata che grida vendetta.

Sembra una piece di Commedia dell’arte
Ruoli scambiati, toni allarmati
prevale sempre il richiamo di parte
oh, liberali di panna montata!

I cento giorni

Cento giorni stan passando
e se guardo al risultando,
pur munito di una lente,
cosa vedo: poco o niente.

C’è Mastella smemorato,
che l’Ovidio ha già graziato,
in Consiglio ne fan senza,
pel Clemente un c’è clemenza!

Un collega con gran scatto
ha ibernato la Moratto,
poi s’è fatto un sonnellino:
è un Fiorone o un fiorellino?

E la Bindi bella figlia?
Or le unioni fan famiglia!?
La Melandri è riapparita,
….sulla spiaggia e alla partita.

Per Rutelli sarà dura
di capir che la cultura
sta su in alto, con le stelle,
non in mezzo a palombelle.

C’è anche Mussi in confusione
tra la cellula e embrione,
poi D’Alema col Parisi
che a scappar si son decisi.

Quanto al Prodi deve dire,
e d’Aosta acconsentire,
se da Scilla oltre lo stretto,
si va in ponte o col traghetto.

Il Tremonti ha manovrato,
fu perciò scomunicato,
il Tommaso fa altrettanto
e lo fanno quasi santo!

Ed infin qui rendo onore
al Bersani innovatore,
lui scoprì, gran riformista,
che il problema…. è nel tassista!!

Io elettor dei CidielListri
dubbi avea su miei ministri,
ma a veder quei dell’Unione,
sì … aridatece er Puzzone!

La grande sete

Nel deserto il viaggiatore,
sopraffatto dal calore,
con la bocca ch’è un braciere,
cerca d’acqua, un bel bicchiere.

Ma più sete c’è lì a Roma,
è la sete di poltrona,
è la foga del dominio,
per bandiera ha il rosso-minio.

Che dell’acqua del potere
a sinistra voglion bere
e le sedie del comando
va l’Ulivo conquistando.

Tutti i posti hanno occupati;
pochi voti son bastati.
Le poltrone!? Sono men dei deretani,
per cui chiedono i divani!

Non c’è un posto nel loggione
siede sol chi vota Unione.
Roma, Napoli, Torino:
scusin, c’è per me uno strapuntino?

Si disseta chi ha potenza
di quel sidro non fan senza
assetate le sinistre:
bevon uomini e ministre!

Grande arsura ha Bertinotti,
prosciugar vuole le botti
e quel tale che è Mastella,
….di quell’acqua, a garganella.

Dalla fonte ecco il ruscello,
ci si specchia il bel Rutello,
anche lui brinda contento,
con la manca asciuga il mento.

Oh, elettor del CentroDestra
ben salata è la minestra
e or vorresti un poco bere,
dal zampillo del potere.

Ma quell’acqua hanno scolato
ed il pozzo s’é asciugato.
Orsù invoca il Berluscone,
che propizi un acquazzone!

Il premier in bicicletta: lettera a Michele Polo

Caro Michel ti scrivo,
ora che sei rimasto privo
del ritornello della tua canzone,
che sempre s’intonava al Silvio Berluscone.

Perché so già chi ti potrà ispirare
è il professor che ben sa pedalare,
con la tutina che fascia la pancetta
e ride, ride andando in bicicletta.

Dove ci porterà questo novello Gino
che ha già voluto Fausto sul sellino
e che per poco non tirò sul colle,
non un gregario, ma or chi nel cuor suo ribolle?!

Quanto tempo è passato dal tour nel Borgognone
quando una bici fermò l’insurrezione
e il fiorentin che trionfò alla tappa
mandò a sentir la radio, tutto il fattore kappa.

Caro Michel a te dunque la rima
sul tuo Roman che è arrivato in cima
e or scende veloce, giù sul tre per cento,
rischiando un rotolon sul pavimento.

Dovrà scalar del disavanzo il tasso,
quindi imbucar di ValdAosta il passo,
poi con il Pil arrampicarsi in vetta
ed alla Cina in corsa trovare la ricetta.

Dovrà inseguire in fuga l’evasore,
dare una spinta al fiacco imprenditore,
mentre dal ciglio l’applaude il pensionato
e viva evviva gli grida il sindacato.

Da Cuneo, la maglia ros(s)a giungerà a Milano
….a men che non l’addenti, vorace un caimano.
Forza Romano con la pedalata
….ma che succede, la ruota s’è forata!?

Irta è la strada di buche e di sorprese,
la Cidielle non sarà cortese!
Forte è il distacco da quei che sono in testa:
questo è il campion o schiappa un pò modesta??

Digli Michel di andare come il vento,
ma a me però mi sembra lento, lento!

Italians

Noi siamo quelli che sparano al vicino

Che aspettan solo la domenica del derby

Pronti a schierarci col Guelfo o il Ghibellino

In sala il busto di Uguccione de’ Monterbi.

 

Guardando indietro vedo un popolo rissoso

Appassionato a contese di cortile

Che si dirà profondamente religioso

Senza vergogna per l’ingiuria più incivile

 

In questa trama, un’unica eccezione

Con l’inclusione di tutte l’ali al centro

Della Balena Bianca la stagione

E i nostri umori a macerarsi dentro

 

Tolto quel tappo, caduto il triste muro

Con la stagione del maggioritario

Ci sentimmo moderni di sicuro

Ma sfoderammo il vecchio armamentario

 

Due mezze Italie arroccate su se stesse

L’un l’altra ostile, guardandosi in cagnesco

Pronte a emigrare, un piede sul calesse:

L’altrui vittoria ad accettar non riesco.

 

E la politica come cataclisma

Ognun si attende i barbari alle porte

Rozzezza estrema nella patria del sofisma

La vita che combatte con la morte.

 

Lo dico, ma io stesso son così,

passion politica come malattia

torcibudella, spirito maudit

col fiato corto e senza più allegria.

 

E so che mentre penso questa cosa,

di là si provan gli stessi spasmi urlati

come due specchi che rifrangon senza posa

una figura vista da due lati.

 

Come vorrei un paese più normale

Dove l’altro non ti evoca barbarie 

Dove il giorno dello spoglio elettorale

Non finisci a rischiar le coronarie.   

Ironia, ironia, per piccina che tu sia

Saranno i primi caldi, sarà la gran tensione
oppure un nuovo attacco di lombosciatalgia
e noi che non capiamo, ci ha dato del coglione
e non ne trovi uno che colga l’ironia!

No, il dibattito no!

Un uomo surreale, sull’orlo dell’abisso

Discute con passione di temi alquanto triti

Monologhi esaltati, lo stile un po’ prolisso

Cercando di animare spauracchi ormai ingrigiti

 

Incontra Diliberto, un vero comunista

Ma guarda che regalo, si frega già le mani

Stoccate assieme al solito sorriso che conquista

Vittoria assicurata, pensiamo già al domani

 

Ma poi si trova in studio un tipo che gli mostra

parlando di operai le loro buste paga

che quando lui propone la solita sua giostra

gli chiede una risposta, non qualche frase vaga.

 

Ritenta: comunista! Sei tu che grondi sangue!

E l’altro: dove sta il suo taglio delle tasse?

Balbetta, sembra incerto, lo sguardo appare esangue

E se nell’incalzare di colpo lui crollasse?

 

Poi ieri un altro giro, in casa di Rai3

I nervi a fior di pelle, domande irriguardose

Lui spiega all’Annunziata il come ed il perché

Durante il suo governo han fatto tante cose

 

Ma quella insiste ancora, mostrando tanti dati

Gli chiede pure conto di Biagi e di Santoro

Ma come si permette, ma guarda che sfacciati

Ti invitano e vorrebbero parlare pure loro!

 

Diluvio di commenti, agguato, onore leso,

ma a me quello che resta, la sintesi, la scheda,

è la fotografia di lui col braccio teso

di Silvio che si allunga, saluta e si congeda 

 

Si vede chiaramente la testa rimboschita

La gamba tesa libera l’enorme zatterone

Sul volto l’espressione perplessa e un po’ stranita

Di chi viene tradito perfino dal cerone.

Qualcuno gli dica qualcosa

Come certi ciclisti dilettanti,
Rimasti indietro mentre il gruppo allunga,
A rincorrer si buttava avanti
dimenticando che la tappa è lunga.

Spingendo forte, quasi forza del destino
Spremeva a fondo ogni sua risorsa
E il giornalista, servile e un pò meschino,
Dimenticava la testa della corsa.

Le cronache narravan solamente
Dell’eroica rimonta dell’eroe
Ai bordi della pista, la sua gente
Due file urlanti quasi fosser le sue boe.

Il telespettatore, un pò stupito
Perdeva il conto di qual’è il distacco
Ma lui ammiccava, alzando al cielo un dito:
Mezzo minuto, tra poco gli do scacco.

Come un arcangelo, mi spunteran le ali
Ma il gruppo continuava a non vedersi
E lui sbuffando lanciava i propri strali
Contro i cronisti che a lui son sempre avversi.

Poi, per decenza, una breve inquadratura
Col gruppo che pedala e prende fiato
La voce ambigua, con qualche forzatura,
ammette che il distacco era invariato.

Quando ho sentito del recente paragone
In mente mi è venuta questa storia
Oggi si accosta al gran Napoleone
E in più è più alto, lo dice senza boria.

Il giorno dopo, per volare basso
Delle elezioni è il novello Gesu Cristo
Rispetto a Prodi ha tutto un altro passo
Che quello è buono al più per “Chi l’ha visto”.

Ancor due mesi di campagna elettorale,
qual’altro esempio estrarrà dal suo cappello?
Abramo, Superman, forse i due Abbagnale,
lui contro i Mori sarà Carlo Martello?

Indovina chi viene a cena

Tra una campagna elettorale e l’altra, il pluralismo dovrebbe essere assicurato da un mercato televisivo sufficientemente articolato tra operatori diversi e indipendenti. Ma la riforma della regolamentazione del 2004 ha permesso che il sistema televisivo rimanesse estremamente concentrato. Tuttavia, un comma della legge Gasparri lascia aperta la possibilità di una valutazione dell’esistenza di posizioni dominanti e della predisposizione di misure correttive. Vedremo se l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni vorrà ritornare su questa materia.

 

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