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Il soufflè

Se uno prova ad alzare un po’ la testa
Dal concitato succedersi di eventi
Che in queste ore tra sgarbi e ira funesta
Stanno agitando il sonno dei potenti

Se uno prova a comprendere Follini
Da cui tu non ti aspetti certi azzardi
Tutto impegnato, su invito di Casini,
Ad espiantare dal Governo il Giovanardi

Se uno prova a farsi una ragione
Del perché Gianfranco è ancora al palo
Voce ferma ma eterna indecisione
Se il gioco è duro si fa triglia più che squalo.

Se uno prova a guardar con disincanto
La caduta degli Dei in tono minore
Il fuggi fuggi, lo sconcerto, a volte il pianto
L’ammiccare al futuro vincitore

Se uno prova a ascoltare il Cavaliere
Che farfuglia dei prossimi sondaggi
Mentre teme di accettare anche un bicchiere
Da chiunque gli si aggiri nei paraggi

Mi sorprendo perché adesso che è successo
Quel che mai avrei pensato così in fretta
Non esulto, non mi vien da fare il fesso
Suonare il clacson, disegnare una vignetta

Quell’alchimia da vero illusionista
Che univa la Padania e Miccichè
Dopo mesi di travaglio in bella vista
Si è sgonfiata quasi fosse un bel soufflè

Ecco da capo l’italica alternanza
Le coalizioni che non duran cinque anni
Vincono, litigano e lasciano la stanza
Senza concludere e lasciando anche dei danni

Una preghiera a quelli dell’Unione
Non vorrei una proposta accattivante
Non la pensate per la televisione
Non il cerone usate, ma il collante

Trovate un modo per stare tutti assieme
Che non vorrei nei tempi che verranno
Assistere a quello che uno teme
Parti invertite ma copione di quest’anno.

Tu quoque Bruno

 

Ma che gli fa al Berlusca il Bruno Vespa?
Ogni volta che lo ospita in salotto
Mentre sorveglia che la pace non si increspa
Finisce a combinare un quarantotto.

Il clima è da briscola tra amici
Ampie poltrone, un pubblico plaudente
Suona Apicella e tutti son felici
E non è ammesso il quesito impertinente.

Bruno si aggira con aria compiaciuta
Che il suo salotto ospita il Monarca
Con l’espressione servile ma anche astuta
Sorride e la schiena gli si inarca

E quello si rilassa e si racconta
Le prime palazzine su in gran fretta
Le tv che ti introducono a chi conta
Presidente, la sa una barzelletta?

Tutto procede in un grande minuetto
Assieme a Bruno, novello cicisbeo
Bianco di cipria, stretto nel corpetto
Che di autentico gli rimane solo il neo.

Ma qui giace l’insidia più nascosta
Che non ti aspetteresti, a tradimento.
Mentre reciti l’ennesima risposta
Ti nasce dentro uno strano sentimento

Vorresti ricambiar la cortesia
Di chi è tanto fedele e comprensivo
Potresti dedicargli una poesia
Vorresti essere ancora più espansivo

Ma poi ricordi che Bruno è un giornalista
Lo so, non sembra, ma questo è il suo mestiere
Qual è il regalo che certo lo conquista?
Uno scoop che varca le frontiere!

E’ presto fatto, la fantasia non manca
Serve in diretta il grande patatrac
Annuncia che l’Italia è troppo stanca
E a Settembre si ritira dall’Iraq

Il risveglio è stato una tragedia
Presidente, c’è George che l’ha cercata
Tony ha chiesto se è vero o è una commedia
E pure Ciampi aspetta una chiamata

E va beh, lei dice “ero distratto”
Ma Santo Dio, non è la prima volta
Firmò da Vespa, maledetto, quel contratto
Ma tanto quando è lì Lei non mi ascolta!

Banche: i costi della mancata concorrenza

Gli ultimi dati aggiornati da Cap Gemini confermano che in Italia i costi dei servizi bancari sono più alti rispetto agli altri paesi Ocse. Riproponiamo ai nostri lettori un intervento che documentava i costi della mancata concorrenza in Italia e alleghiamo le nuove tabelle tratte dallo studio Cap Gemini.

Lettera a Michele

LETTERA A MICHELE

Carissimo signor Michele Polo
tu scrivi molto, ma in un verso solo,
ché la tua penna mai si sente stanca
di correr lesta, declinando a manca,

mentre s’intinge a più e più non posso
in un inchiostro che s’intona al rosso.
Le rime tue s’attengono a un copione
in cui primeggia l’onesto Buttiglione

e la tua strofa d’ironia s’offusca
quando le tasse va a detassar Berlusca.
Il Polo vien dal Polo afflitto,
pure Gianfranco si merita il dispitto,

nessuno esenta l’impietosa rima,
la destra futile non merita la stima.
Tutto va male, non c’è nulla ammodo,
sono cresciuti i prezzi pur dell’ovo sodo:

Noi qui a Firenze siam tutti residenti
nella famosa strada di Via de’ Malcontenti
e ognuno aspetta d’ire in Piazza del Bengodi
appena l’urna ridarà il responso a Prodi.

Ma al Leopardi del sinistro canto.
adesso voglio dir che cessi dal suo pianto
e provi appunto a verseggiar sul Prode
di cui vorrei vedere quale sarà il fragor dell’ode

e poi mi spieghi come fa Rutello
a accompagnarsi con falce e con martello.
Anche una rima o due si merita Fassino
che assiem a Walter e al triste Massimino

scordò d’aver avuto la tessera marxista
per dichiararsi da sempre laburista.
Or qui mi fermo, verbo più non scrivo
e ti saluto gran vate dell’Ulivo,

ma se poi questo va a mutar di nome
io qui saluto anco’l vate dell’Unione.
E a noi destrorsi che siam fessi e tardi
dedica un carme pur sul Pacho Pardi.

MAURIZIO DEL POLO
Febbraio 2005

‘na tazzulella e cafè

Infine c’è riuscito, puntando entrambi i piedi
Nel cuore della notte l’accordo si è trovato
Pazienza se dovranno vendere anche  gli arredi
Il taglio delle tasse è legge dello Stato

Dopo una sarabanda di cifre e coperture
La nebbia cala e spunta la nuova Finanziaria
Ancora alquanto informe, necessita di cure
Non state così addosso, lasciatele un po’ d’aria!

Preso da tanta attesa guardo a quel che ha fatto
I tagli corrispondono a quasi mezzo punto
Un euro al giorno e via, contento e soddisfatto
Ma in cuore mi rimane un lieve disappunto

 Forse non sto capendo, ma per tagliar le tasse
Si porta a copertura l’aumento delle accise
Si allungano i condoni per rimpinguar le casse
Basta trasferimenti al Veneto e al Molise.

In pratica le tasse da un lato le riduce
Per aumentarne altre  da mettere da parte
Chissà se poi Bruxelles, con quella faccia truce
S’accorgerà del gioco, quello delle tre carte.
 
Ma questi son dettagli, che oggi si festeggia
Siam tutti un po’ più ricchi, la mano al portafogli
Certo che fatti i conti al più qui si galleggia
Le grandi aspettative son pallidi germogli.

Promessa mantenuta, prepara l’orazione
Bandiere tricolori a cinger tutto il palco
A reti unificate, messaggio alla nazione.
Di sfondo, faccia dubbia, si scorge Siniscalco

Però questa riforma mi sembra un poco strana
Anche se lei la vende con splendida maestria
In pratica ci offre due caffè alla settimana
Vabbè la caffeina ma che scossa vuol che sia?

Le tasse

Ero arrivato a provare tenerezza
Per Berlusconi in bilico su un asse
Incatenato alla troppa leggerezza
Con cui promise di tagliar le nostre tasse.

Il  colpo di teatro era riuscito
Quel contratto firmato a Porta a Porta
Diventò dal quel momento  il suo vestito
La sua ricetta per l’Italia che è risorta.

Ma il vestito che fu la sua fortuna
Si è pian piano tramutato in un cilicio
Perché non puoi promettere la luna
Per poi sparar qualche fuoco d’artificio.

La gente è sempre pronta a dar fiducia
Ma certo non è fessa e non si illude
Ha pazienza, ma la volta che si brucia
Gira la testa e il credito ti chiude.

Il nostro Cavaliere lo ha capito
Coi rovesci delle ultime elezioni
Col suo stile gagliardo e colorito
Ha ripreso a parlar di riduzioni.

Per la riforma sono necessari
pochi giorni, no, forse qualche mese.
Ridurremo le tasse ai miliardari
Anzi no, alla casalinga di Varese!

Insomma, una scena imbarazzante
Un direttore che non viene più ascoltato
Da un’orchestra scomposta e petulante
Che a furia di parlare è senza fiato.

In mezzo a questa bolgia, Siniscalco
Con quell’aria di chi passa li per caso
Deve far della riforma il maniscalco.
Spero che almeno si turi un poco il naso.

Oggi ero pronto a provare tenerezza
Dimenticando le promesse un po’ avventate
Le avrei dato quasi una carezza
Che si perdona chi fa certe sparate

Ma poi leggo che alla Guardia di Finanza
E’ andato a dire che evadere le tasse
È segno di moralità e lungimiranza
Ch’eleva l’uomo al di sopra delle masse

Se le tasse non può ridurle a tutti
Sarà clemente almen con voi figlioli
Che stufi di questi lai senza costrutti
quel contratto lo attuate anche da soli.

Il ripensamento fiscale del governo Berlusconi

Il primo ministro italiano Silvio Berlusconi ha posticipato dal 2005 al 2006 i tagli alle imposte sui redditi (Irpef) degli italiani, nonostante le promesse fatte durante la campagna elettorale del 2001. Secondo l’International Herald Tribune (www.iht.com) i motivi dietro la decisione del governo sono semplici: le finanze pubbliche non lasciano sufficienti margini di manovra ed è comunque mancato l’accordo tra i partiti della coalizione. Il quotidiano si sofferma soprattutto sullo stato precario dei conti pubblici italiani, saliti alla ribalta della cronaca internazionale nel mese di luglio, quando l’agenzia Standard & Poor’s aveva abbassato il proprio rating sul debito del Bel Paese: era la prima volta dall’introduzione della moneta unica nel 1999 che una nazione dell’area Euro riceveva un downgrading. Per Standard & Poor’s l’abbassamento del rating era dovuto all’eccessivo ricorso di Roma a misure una tantum, efficaci solo nel breve periodo, per mettere un po’ di ordine nel bilancio statale.Il quotidiano inglese Financial Times (www.ft.com), invece, sottolinea come la decisione di Berlusconi sia in linea con le raccomandazioni del Fondo monetario internazionale per il riequilibrio dei conti pubblici. La testata inglese riporta anche le dichiarazioni di Piero Fassino (“L’opposizione sostiene da un pezzo che il taglio delle tasse non è un’opzione possibile, visto lo stato disastroso del bilancio statale”) e i commenti positivi di Luca Cordero di Montezemolo sulla riduzione delle imposte societarie. Per il presidente di Confindustria, infatti, il governo ha mandato “un segnale che noi imprenditori apprezziamo molto”. Anche El Pais (www.elpais.es) si sofferma sulla posizione di Montezemolo, per il quale il problema più urgente del sistema Italia resta la scarsa competitività delle aziende. E’ un tema che, come riporta il quotidiano spagnolo, Berlusconi ha affrontato direttamente, dichiarando: “Avrei preferito fare il contrario, vale a dire ridurre le tasse sui redditi delle persone fisiche già dal 2005 e spostare al 2006 i cambiamenti nelle imposte societarie. Tuttavia, quello che poi è stato fatto sembra essere più utile a promuovere la competitività”.La testata francese Le Figaro (www.lefigaro.fr) torna sull’importanza della posizione del Fondo monetario internazionale, che, raccomandando a Roma un maggiore rigore di bilancio, avrebbe contribuito al ritardo nell’implementazione delle riduzioni fiscali promesse in campagna elettorale. Con il rinvio all’anno successivo, come riporta il quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt (www.handelsblatt.com), i tagli alle tasse dei redditi delle persone fisiche si concretizzeranno solo nel gennaio del 2006, e cioè cinque mesi prima della fine dell’attuale legislatura.Ma la riforma del sistema fiscale non si trova solo nell’agenda di Berlusconi. Anche il presidente americano Bush, come scrive il Wall Street Journal (www.online.wsj.com), ha promesso novità a riguardo. Anzi, ha messo la riforma tra i punti fondamentali del programma del suo secondo mandato. Tuttavia, continua la testata della finanza Usa, molti economisti non condividono le scelte del presidente. Secondo un’inchiesta del giornale, infatti, per un terzo degli esperti d’economia d’oltre Atlantico la vera priorità d’affrontare è un’altra: il disavanzo del bilancio pubblico. Una percentuale minore, il 25%, condivide invece la decisione della Casa Bianca di mettere la revisione del sistema tributario in cima alla lista dei punti più importanti.

Lo so, non si dovrebbe

Lo so, non si dovrebbe, dovrei mostrarmi offeso
Il sopracciglio crespo, lo sguardo preoccupato
Dovrei risponder secco, con tono asciutto e teso
Non Rocco ma l’Italia avete voi bocciato.

Lo so, non si dovrebbe, in simili frangenti,
non c’è Destra o Sinistra, ma l’essere italiani
dovremmo essere uniti, stringendo assieme i denti
son schiaffi dati oggi per pungere domani

Lo so, non si dovrebbe, in fondo il Professore
È degno candidato di solida cultura
Parla diciotto lingue, è uomo di spessore
Forse un po’ medioevale, ma ama la lettura.

Lo so non si dovrebbe, e cos’avrà mai detto
In fondo non vuol mica eliminare i gay
Crede nel matrimonio, chiede maggior rispetto
E cosa c’è di male a consultarsi con la Cei?

Lo so, non si dovrebbe, ma quando ieri ho letto
Del nostro Professore respinto a quell’esame
Non ho potuto nulla, il riso è nato in petto
E rido e rido ancora coi giornali di stamane.

La faccia alquanto ottusa, lo sguardo un po’ stranito
Le accuse roboanti, la congiura dell’Ulivo
Ma io ricordo ancora che lo avevan definito
Un cronico e instancabile Cleropositivo.

Certo, non di fioretto stavolta hanno colpito
Ma cosa ci aspettiamo, che siano proprio tonti?
che abbozzino cortesi senza muover manco un dito
quando mandiamo Rocco ritirando Mario Monti?

La settimana lavorativa in Europa tra 35 e 40 ore

35, 36 o 40 ore a settimana? Maggiore flessibilità sul lavoro? L’argomento è di scottante attualità, tanto che il Financial Times vi ha dedicando l’intera pagina “Comment & Analysis” del numero di venerdì. Tutto è cominciato il mese scorso, quando la tedesca Siemens è riuscita a strappare ai sindacati un nuovo contratto, che ha allungato la settimana lavorativa da 35 a 40 ore. In cambio, l’azienda si è impegnata a non spostare all’estero alcuni livelli della produzione. Successivamente altre imprese, anche in Francia, hanno cominciato a considerare o a mettere già in pratica l’esempio di Siemens. Intanto le statistiche, continua il quotidiano inglese, sembrano dare ragione a chi, in Europa, propone di lavorare di più. Il “productivity gap” tra Stati Uniti e Vecchio Continente, infatti, è spiegato più dalla quantità (in ore) che dall’efficienza: il prodotto per lavoratore in Europa è solo il 70% di quanto realizzato oltre Atlantico, mentre il corrispondente prodotto per ora lavorata si attesta su un più accettabile 91% (in Francia, addirittura, è al 105%). Sono percentuali confermate dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, secondo cui “in quanto a Pil pro capite, i vantaggi degli Stati Uniti sull’Europa sono principalmente dovuti a differenze nel totale delle ore lavorate per persona, invece che ad un maggiore prodotto per singola ora lavorata”. Questa prima differenza, sottolinea l’Ocse, sta diventando un fattore importantissimo alla base dei diversi tassi di crescita tra le due sponde dell’Atlantico. Tornando in Germania, dove “tutto è cominciato”, il quotidiano Handelsblatt ripercorre tutti i casi aziendali che stanno sposando la settima lunga, con la benedizione della legge, che non impone il rispetto delle 35 ore. Dopo Siemens, le 40 ore hanno conquistato anche Thomas Cook (agenzie di viaggi) e Stihl (motoseghe). Inoltre, trattative in questo senso con i sindacati sono cominciate a Karstadt-Quelle (grandi magazzini). Dulcis in fundo, anche il nuovo accordo tra Daimler-Chrysler e sindacati prevede il ritorno alle 40 ore per i 20.000 dipendenti del ramo “ricerca e sviluppo”. Dal canto suo l’azienda, come ha riportato la Frankfurter Allgemeine Zeitung , ha garantito la sicurezza di migliaia di posti di lavoro e ha ridotto del 10% i compensi del management. Ma per Juergen Schrempp, numero uno della casa automobilistica, 5 ore in più non sempre sono la soluzione giusta. Piuttosto, è necessaria una maggiore dose di flessibilità in tutte le contrattazioni tra imprenditori e sindacati. Il presidente degli industriali tedeschi Ludwig Georg Braun, invece, insiste sulla validità universale dell’allungamento della settimana di lavoro. In un’intervista alla Sueddeutsche Zeitung , Braun ha sottolineato l’importanza dell’innovazione come fattore concorrenziale delle imprese tedesche. E per essere in grado di innovare bisogna lavorare tanto: 35 ore in sette giorni e 30 giorni di ferie all’anno sono troppo pochi per crescere e competere seriamente con l’estero. Dopo la Germania, l’onda della controriforma nell’orario di lavoro è arrivata anche in Francia. Prima Bosh e poi Doux (alimentari) e SEB (elettrodomestici) hanno rimesso in discussione l’opportunità delle 35 ore, che in questo paese sono garantite per legge. Secondo il quotidiano Le Monde , il dibattito nazionale è confuso e disordinato. Lanciata dal presidente Chirac e dal ministro dell’economia Sarkozy, la discussione sulla necessità di riforme manca ora di regole e obiettivi. Cittadini, lavoratori e operatori economici non riescono a capire quale indirizzo prenderà la questione, mentre alcune aziende agiscono in ordine sparso proclamando il proprio interesse, in sostanza, a non rispettare la legge delle 35 ore. Se quest’ultima deve essere riformata, tuttavia, dialogo e chiarezza sono fondamentali. Tutto il contrario di quello che sta succedendo, con colpi ad effetto di scoordinate iniziative imprenditoriali.

Il Subcomandante Marco

Acque agitate e tempesta imminente
Tolto Tremonti il governo si squaglia
Oggi assistiamo in un clima rovente
Ad una crisi o ad un fuoco di paglia?

Chi si è impegnato con piglio deciso
Per liberare quella poltrona
Ora tentenna con qualche sorriso
No, per quel posto non son io la persona

Ora che è arduo tagliare le tasse
Dopo aver messo i conti allo stremo
È mai possibile che in tutta la classe
Debba esser io quello più scemo?

Così assistiamo alla rara scenetta
Del fuggi fuggi da tanto potere
Sembrano tutti andare di fretta
Dopo di lei, ma mi faccia il piacere!

Questo mi sembra il segnale più chiaro
Che a quel contratto firmato in tivù
Per dare indietro un po’ di danaro
Al giorno d’oggi non credono più

Tra gli spintoni e le urla di scherno
Sgranando gli occhi dietro le lenti
Democristiano in stile moderno
Marco si è posto in cima agli eventi

Non le minacce di gogna sui media
Non le blandizie di un posto di rango
Le hanno tentate con rabbia ed invidia
Ma lui resiste sgusciando dal fango

E’ lui che guida la Resistenza
Contro le truppe azzurre e padane
Li sfida serio, con molta pazienza
Pieno di astuzie democristiane.

Certo che è strano doversi affidare
Ad un allievo del vecchio Arnaldo
Per liberarsi da guitti e fanfare
Che ci han ridotto a prezzi di saldo

Ma guarda un pò che strano Paese
dove ogni cosa è diversa da se
sempre animato da immani contese
pronte a comporsi davanti a un caffè

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