“L’Italia ha bisogno di un governo in grado di dare un calcio alle zuffe interne, per concentrarsi sulla riduzione del debito pubblico e sulla riforma di pensioni, sanità e mercato del lavoro. Ma, al momento, le probabilità che tutto questo accada sono molto basse”. Sono le parole del quotidiano economico inglese Financial Times, subito dopo il declassamento del debito italiano da parte di Standard & Poor’s. Il giornale rosa salmone non usa mezzi termini anche quando dà del “ridicolo” alle liti nell’alleanza di centro-destra tra chi vuole ridurre le imposte per 14 miliardi di euro e chi, invece, chiede che il fiume di sussidi che da Roma scende al Mezzogiorno continui senza interruzioni.
Per l’americano Wall Street Journal, il declassamento di Standard & Poor’s non poteva capitare in un momento peggiore, attribuendo maggiore risalto ai problemi di Berlusconi nel dare forma a una qualche politica economica e nel tenere unito e in piedi il governo. Inoltre, il downgrading è probabilmente più dannoso di un “early warning” da Bruxelles, perché Roma dovrà così pagare un onere maggiore per il debito, spingendo nuovamente verso l’alto il deficit. Quali, invece, le cause del declassamento del rating? Per Giovanni Zanni, economista di CSFB a Londra, “dietro la decisione di Standard’s & Poor’s, oltre alla crisi politica, c’è la mancanza di chiarezza nei conti pubblici italiani”. Ma non solo. A rincarare la dose ci pensa l’Economist, la bibbia dei settimanali economici mondiali: sono le tante, troppe misure una tantum ad aver spinto l’agenzia di rating verso il giudizio AA- (da AA) sul debito del Bel Paese. Intanto, continua l’Economist, i provvedimenti strutturali scarseggiano, il primo ministro lavora per dipanare la matassa dei propri problemi legali e le audaci promesse elettorali sembrano dimenticate. Con il risultato che oggi l’Italia è in gara con la Germania per il titolo di “malato d’Europa”.
Anche la stampa dell’America latina non ha mancato di riportare e commentare la notizia. La testata argentina Mercado, per esempio, ironizza sul giudizio AA-, che mette l’Italia, quarta economia dell’Unione Europea, sullo stesso piano di Slovenia, Cipro e Andorra. E ancora, il declassamento di Standard & Poor’s è il primo per un paese del G7 dall’aprile del 2002, quando il Giappone era passato da AA ad AA-. E’ un paragone non felice per Roma, dopo i tanti e prolungati problemi di Tokyo, alle prese per anni con stagnazione e deflazione. Tutto questo, secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt, comporta una grossa perdita d’immagine per l’Italia, che, stando ai giudizi dell’agenzia di rating, è meno meritevole di paesi come il Portogallo. Restando in Germania, per la Sueddeutsche Zeitung il declassamento può aprire la porta a nuovi downgrading per altre capitali europee, tra cui la stessa Berlino.
Ma il problema, come evidenzia il francese Le Figaro, non è limitato al 2004. Anzi, la situazione potrebbe peggiorare nei prossimi due anni con un deficit al 4% del Pil, se i promessi tagli alle imposte saranno implementati senza ridurre anche la spesa pubblica.
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C’era un gran caldo, era il 4 di Luglio Perché non fare un piccolo sito Oggi spegniamo due candeline Ma soprattutto ci riempie di orgoglio Cari lettori, oggi non parlo Cari lettori, oggi mi taccio, Oggi festeggio la nostra avventura Oggi ho un bel dubbio che corre veloce
Quindici amici e un sentire comune:
l’informazione, uno strano miscuglio
di propaganda, censura e lacune.
Per ragionare fuori dal coro?
Questa sarà la proposta d Tito:
Proporre idee con rigore e decoro.
Un po’ sorpresi di quel che è successo
I nostri autori sono molte decine
Veniam citati sempre più spesso.
Esser seguiti da tante persone
Cercar di essere un piccolo scoglio
D’intelligenza e di viva passione.
Di Buttiglione, di Fini e Tremonti.
Povero Giulio, che pena a guardarlo
Redde rationem, per lui niente sconti.
neanche un accenno a Berlusconi,
un po’ patetico, quasi mi spiaccio,
per le bugie son finiti i condoni.
Quanti argomenti, che ritmo infernale.
Soddisfazione, ma a volte, che dura!
Siamo finiti a fare un giornale.
Al Direttore un quesito sereno:
Quando ha inventato il sito la voce
Oltre al volante ha previsto anche il freno?
Test Audio
I primi versi di un giovane studente,
interessan il politico e il docente!
Trattan tema oggigiorno assai importante,
che dà luogo a dibattito incessante.
La riforma delle tasse sbandierata,
in soffitta con il resto fu mandata,
per far spazio alle tasse successorie
e alle ormai tanto famose rogatorie.
Ma a giugno si profilan le elezioni,
“mala tempora” aspettan Berlusconi,
che per batter il gruppo di Romano,
al progetto precedente mette mano.
Grazie a Giulio, amico assi fidato,
sforna tosto un documento collaudato:
“due scaglioni”! È la magica ricetta,
per aver la fiscalità perfetta.
Sbava già il pubblico ammaestrato,
non sapendo di essere gabbato,
ed è pronto a votar per Berlusconi,
ascoltando le sirene-cartelloni.
La riforma di stampo liberista,
si fa un baffo del principio progressista,
favorendo chi guadagna fior di milioni
toh che caso! Financo Berlusconi.
Su “La voce” ne ha parlato anche Baldini,
attenzione ai risparmi malandrini!
A goder dei tagli dichiarati,
saran solo i noti fortunati!
Il salario minimo deve esclusivamente proteggere le categorie più a rischio di emarginazione e sfruttamento e non rappresentate. I salari di imprese operanti nel medesimo settore, ma in regioni diverse potrebbero così differenziarsi maggiormente in base alle condizioni del mercato del lavoro e ai livelli di produttività, favorendo l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno e l’uscita dal sommerso. Non deve essere usato invece come surrogato di altri strumenti contro la povertà, che nel nostro paese colpisce soprattutto chi un lavoro non ce l’ha.
Lo sviluppo dei paesi poveri è un tema che si presta a molti commenti, che variano dallo sdegno alle accuse e alle proposte. Ma a volte un fatto di cronaca può essere altrettanto interessante e significativo. Come, per esempio, la notizia riportata a fine aprile dal quotidiano economico inglese Financial Times: per la prima volta nella quarantennale storia delle estrazioni petrolifere in Nigeria due lavoratori stranieri sono stati uccisi in un’imboscata. I due dipendenti di ChevronTexaco, assassinati insieme ad altre cinque persone, potrebbero essere stati attaccati con lo scopo di rubare le armi che portavano con sé. Oppure per protestare contro i piani dell’azienda americana di estendere le proprie estrazioni nel paese. Sono solo supposizioni, che certamente non fermano ChevronTexaco, ma possono essere indicative di un certo risentimento locale verso alcuni tipi di investimenti esteri. D’altronde, il disagio sociale è più diffuso e la crescita economica è più ridotta proprio nei paesi che maggiormente dispongono di risorse naturali, soprattutto se minerarie o petrolifere. A sostenerlo sono Desmond Tutu e Jody Williams, premi Nobel rispettivamente nel 1984 e nel 1997, in un articolo di commento pubblicato dall’International Herald Tribune. È il “paradosso dell’abbondanza” o “maledizione delle risorse naturali”, che ha portato a una lunga guerra civile in Angola e a livelli incredibili di corruzione in Nigeria. In quest’ultimo paese negli anni ’90 si sarebbero volatilizzati nel nulla quasi 4 miliardi di dollari di proventi del greggio. Per questo, concludono gli autori, è opportuno che la Banca Mondiale indirizzi i propri investimenti solo dopo un attento esame dei governi locali e, in ogni caso, in regioni senza guerra o violenze etniche. Un altro importante intervento è l’analisi di John Kufuor, presidente del Ghana, sulle pagine del Financial Times: “Per lo sviluppo economico l’Africa ha bisogno di maggiore assistenza finanziaria e accesso ai mercati mondiali”. In breve: più soldi per crescere e rafforzarsi in casa e meno protezionismo, da parte dei paesi ricchi, per giocare e vincere nel mondo. E le ambizioni non mancano: Ghana, Nigeria, Sierra Leone, Gambia e Guinea hanno stabilito dei criteri di convergenza per un’unione monetaria prevista per luglio dell’anno prossimo. A livello internazionale, intanto, i paesi in via di sviluppo hanno segnato un importante punto nella lotta ai sussidi garantiti dalle nazioni occidentali a consistenti settori delle proprie economie. L’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc), infatti, ha stabilito che gli aiuti concessi da Washington ai 35.000 produttori nazionali di cotone sono contrari alle regole del libero commercio mondiale. Secondo il francese Le Figaro, la Casa Bianca si opporrà con ogni mezzo alla decisione. Anche perché tra qualche mese si svolgeranno negli Stati Uniti le elezioni presidenziali, e George W.Bush cerca di assicurarsi il sostegno dei tanti stati del sud, produttori di cotone e fedeli alla causa repubblicana. Il Wall Street Journal, invece, pone l’accento sugli scenari futuri che si aprono dopo la sentenza dell’Omc. I paesi in via di sviluppo, infatti, potranno fare riferimento alla decisione dell’organizzazione per rafforzare la propria posizione liberoscambista all’interno dei round negoziali di liberalizzazione dei commerci. E sempre dall’Organizzazione Mondiale del Commercio è arrivata negli ultimi giorni una dichiarazione significativa, riportata sul Financial Times, a tutto vantaggio di Cina e India. Un funzionario senior dell’Omc si è espresso contro la proroga del regime delle quote nel mercato nei prodotti tessili. La prossima liberalizzazione, ora quindi più probabile, aprirà già dal 2005 nuove fette di mercato ai produttori cinesi e indiani, fortemente avvantaggiati dai bassi costi di produzione e dall’efficiente e sistematica organizzazione dei processi produttivi. Una ricerca Usa prevede che Pechino si aggiudicherà tre quarti del mercato statunitense, con la chiusura di 1.300 stabilimenti americani e la perdita di 650.000 posti di lavoro. Contemporaneamente, 200 miliardi di dollari di “fatturato tessile” si sposteranno sulla Cina nei prossimi anni, almeno secondo le stime della Banca Mondiale. Per il settimanale The Economist è stato lo sviluppo del capitalismo in molte nazioni asiatiche, come nelle già citate Cina e India, a rendere più competitive e ricche le rispettive economie. L’analisi del prestigioso periodico contiene anche alcune considerazioni ottimistiche: dagli anni ’70 la percentuale di coloro che vivono con meno di un dollaro al giorno è calata. Nell’articolo sono citati due studi, uno dei quali sotto l’ombrello della Banca mondiale, che confermano, dati alla mano, questa tesi. Anche le ineguaglianze, continua l’Economist, sono cresciute tra ricchi e poveri all’interno di Cina e India. Tuttavia, lo sviluppo disordinato e mal distribuito dei due paesi dimostra, se paragonato all’Africa più povera, che ci sono cose peggiori delle ineguaglianze economiche e sociali. Milano, 4 maggio 2004
LAZIO-ROMA: LE MOTIVAZIONI DEL GIUDICE SPORTIVO (…..) è quindi necessario, assumere come base essenziale, ai fini di ogni valutazione e conseguente decisione, quanto riferito dall’Arbitro nel suo rapporto, che risulta preciso, circostanziato e dettagliato. Egli ha scritto che: al 2° minuto del secondo tempo, mentre il giuoco era temporaneamente interrotto per consentire la rimozione di fumogeni lanciati in campo, alcuni calciatori della Roma dopo aver parlato con persone presenti nel campo per destinazione, si avvicinavano all’Arbitro e gli comunicavano in particolare il capitano Totti di aver saputo che un tifoso della Roma era morto e che loro non si sentivano nelle condizioni per proseguire la partita. La notizia della morte di un tifoso si diffondeva anche tra i calciatori della Lazio ed anch’essi, per bocca del capitano Mihajlovic, manifestavano la volontà di non proseguire l’incontro. I calciatori delle due squadre facevano esplicito riferimento al rischio di un’invasione di campo da parte dei tifosi, qualora la partita fosse ripresa, con conseguente pericolo per la loro incolumità. Identica opinione esprimevano i dirigenti delle due squadre presenti in campo, che concordavano con l’intento dei calciatori di non continuare la gara per evitare violente reazioni ad opera dei tifosi. La notizia della morte di un sostenitore della Roma veniva smentita dal Questore il quale esprimeva l’avviso all’Arbitro che la partita ricominciasse. Attraverso lo speaker dello stadio veniva più volte ripetuto il comunicato sulla falsità della notizia. Nonostante ciò i calciatori di entrambe le squadre confermavano a parole e con i fatti la loro intenzione di non riprendere il giuoco. In particolare, allorché l’Arbitro tentava di rimettere il pallone sul terreno per far ricominciare la partita, i calciatori lo allontanavano fuori del campo. La situazione non si modificava anche dopo l’intervento diretto del Prefetto di Roma: i tentativi dell’Arbitro di far riprendere il giuoco non sortivano alcun risultato. Alcuni calciatori della Roma, in particolare, venivano nuovamente “diffidati” dal riprendere il giuoco da tre sostenitori presenti a bordo campo, a pena di gravi conseguenze in caso contrario. Altri dirigenti di entrambe le squadre, sopraggiunti nel frattempo sul terreno, confermavano la volontà già espressa in precedenza di non riprendere la gara per paura di violente reazioni da parte dei tifosi. Un ulteriore tentativo dell’Arbitro di rimettere il pallone in giuoco non sortiva risultato perché, anche questa volta, la palla era subito lanciata fuori del campo. Due dirigenti delle due squadre informavano, a questo punto, l’Arbitro di aver comunicato anche al Presidente della Lega Nazionale Professionisti l’intendimento delle Società di non proseguire l’incontro, in considerazione dei pericoli connessi a tale eventualità. Il Presidente della Lega era ancora in contatto telefonico con uno di questi dirigenti, il quale consegnava all’Arbitro il telefono cellulare. Il Presidente della Lega, nella susseguente conversazione con il Direttore di gara, condivideva le preoccupazioni per rischi di invasione di campo se il giuoco fosse stato ripreso, con i connessi pericoli per l’incolumità sia delle persone presenti sul terreno di giuoco sia degli stessi spettatori. A questo punto l’Arbitro, preso atto di tutto il contesto che si era venuto a determinare, sospendeva definitivamente la gara rimandando le squadre negli spogliatoi. L’Arbitro, sentito dall’Ufficio Indagini, ha confermato tale versione dei fatti, aggiungendo come ulteriore circostanza l’aver notato, su sollecitazione dei calciatori, che a bordo campo erano presenti anche alcuni “capi tifosi”, uno dei quali si era avvicinato allo stesso Direttore di gara ribadendo il rischio di invasione di campo qualora la gara fosse proseguita. Del contenuto delle dichiarazioni raccolte da vari tesserati, ad opera dell’Ufficio Indagini, si darà conto laddove rilevanti nel corso della motivazione, segnalando sin d’ora che le risultanze inerenti gli incidenti avvenuti, a ridosso delle scalinate di accesso alla curva sud, nelle ore pomeridiane precedenti l’inizio della gara, non possono considerarsi utilizzabili perché attestate da soggetto non rivestito da funzioni ufficiali (Cragnotti Angelo, responsabile organizzazione stadio e biglietteria per la Soc. Lazio). Del pari non sono utilizzabili filmati per le ragioni già sopra esposte. La situazione verificatosi allo Stadio Olimpico può definirsi, senza dubbio, di paradossale anomalia, quale mai si era fino ad oggi riscontrata. Sulla base della falsa notizia della morte in circostanze drammatiche di un giovane tifoso della Roma (diffusa con criminale premeditazione? fatta circolare con irresponsabile leggerezza?) si è determinato un clima di forte tensione emotiva, di paura di invasione del campo ed altri incidenti, nel quale i calciatori di entrambe le squadre hanno a più riprese manifestato la decisione di non riprendere il giuoco, nonostante le rassicurazioni delle Autorità di pubblica sicurezza. Il Presidente della L.N.P., chiamato al telefono dai dirigenti delle squadre, dopo aver saputo della determinazione comune di abbandonare il campo e delle relative motivazioni, ha espresso al Direttore di gara un avviso favorevole alla definitiva sospensione della partita. Questo è il contesto sinteticamente esposto nel quale l’Arbitro ha fischiato la fine e rimandato le squadre negli spogliatoi (né egli poteva fare diversamente). Ricorrono nella fattispecie concreta quelle “circostanze di carattere eccezionale” che legittimano gli organi disciplinari, ex art. 12, comma 4, ultima parte CGS, ad annullare la gara disponendone la ripetizione. Infatti, quanto al rifiuto dei calciatori, non può certo parlarsi di scelta pienamente libera. L’autentico turbamento per la notizia della morte del tifoso, la paura di reazioni incontrollate e incontrollabili della folla risultano dagli atti ufficiali. L’intervento “personalizzato” di alcuni tifosi della Roma indebitamente presenti a bordo campo senza che nessuno fosse intervenuto ad impedire, prima, l’accesso e poi la permanenza prolungata ha certamente rafforzato, in quei momenti di grande emotività, l’opinione sulla veridicità della notizia e della conseguente effettiva pericolosità, oltre che in opportunità – di una prosecuzione della gara. Non può quindi, ricondursi la scelta dei calciatori che si fondava su valutazioni condivise anche dai rispettivi dirigenti – ad una violazione disciplinare, non essendovi nella decisione di non riprendere il giuoco quella cattiva intenzione (dolo) di sottrarsi volutamente ad un obbligo di sportività e correttezza, che deve invece sussistere per considerare punibile un rifiuto di un calciatore a proseguire l’incontro (art. 2 comma 1 CGS). Certo, sarebbe un mondo sportivamente migliore quello in cui – nel contesto dato i calciatori ed i dirigenti fossero riusciti loro a convincere i tifosi che la partita si poteva riprendere, e non come è invece accaduto il contrario. Ma l’aver scelto una strada non soddisfacente rispetto ai migliori modelli sportivi possibili non costituisce ancora, di per sé ed automaticamente, un’infrazione disciplinare. In altre parole, il rifiuto dei calciatori a riprendere il giuoco non chiama in causa date le concrete condizioni ambientali nelle quali è maturato una responsabilità disciplinare, e va quindi considerato come fattore eccezionale ostativo, senza colpa di tesserati e Società, alla ripresa del giuoco. Mentre il rapporto dell’Arbitro, ed il verbale da lui reso all’Ufficio Indagini, è assolutamente chiaro nel parlare di comune volontà dei giocatori di entrambe le squadre nel non proseguire il giuoco, e di altrettanto comune adesione a questa scelta da parte dei dirigenti di entrambe le squadre presenti in campo, i verbali delle dichiarazioni raccolte dall’Ufficio Indagini presentano sfumature diverse. In particolare il dirigente accompagnatore della Lazio, ha dichiarato di aver segnalato ai calciatori sia della propria squadra che della Roma “che non c’erano i presupposti per interrompere la gara fintanto che un dirigente responsabile della Pubblica sicurezza non gli (all’Arbitro ndr) avesse comunicato il venir meno della sicurezza stessa”. In generale dai verbali delle dichiarazioni rese dai tesserati della Lazio emerge la sottolineatura del fatto che i propri calciatori assecondarono una decisione, già manifestata dai calciatori della Roma, di non riprendere la partita. Va osservato, comunque, che si tratta di sfumature e di circostanze di dettaglio, che non modificano l’oggettività della situazione, ben fotografata dall’Arbitro, circa un consenso dei giocatori di tutte e due le squadre nel non proseguire l’incontro: consenso significativamente dimostrato, ad esempio, dal capitano della Lazio che, per evitare la ripresa del giuoco, ebbe a calciare lontano il pallone. In conclusione, il contenuto dei verbali raccolti dall’Ufficio Indagini non introduce elementi di sostanziale novità rispetto a quanto già refertato dall’Arbitro. Tali atti confermano, anche, che la decisione dei calciatori di non riprendere il giuoco fu assunta in un contesto nel quale molti di loro erano convinti della veridicità della notizia sulla drammatica morte di un giovane tifoso della Roma; non si sentivano nelle condizioni psicologiche idonee per proseguire l’incontro; avvertivano come effettivo e concreto il rischio di gravi incidenti, qualora la gara fosse ripresa; erano consapevoli della presenza indebita di persone non autorizzate a bordo campo: persone che avevano, da un lato confermato l’informazione sulla morte del ragazzo e dall’altro fortemente insistito affinchè i giocatori non riprendessero la gara. In altre parole, anche dalle risultanze dell’Ufficio Indagini emerge un quadro che fa considerare la volontà dei calciatori di non proseguire oltre come frutto non di una decisione serena ma di un contesto, oggettivamente di grande tensione e soggettivamente vissuto come drammatico, che pienamente corrisponde a quel concetto di eccezionalità previsto dall’art. 12 4° comma CGS. In questo stesso quadro va iscritto l’intervento del Presidente della L.N.P. La circostanza è assolutamente chiara sia quanto alle modalità sia quanto al contenuto del colloquio telefonico tra il Direttore di gara e il Presidente Galliani. Quest’ultimo, chiamato al telefono cellulare dal dirigente della Lazio Cinquini (all. 11) veniva richiesto, anche a nome dei dirigenti della Roma, di un consiglio sul da farsi, attesa la volontà dei calciatori di non riprendere il giuoco, il contesto di grande tensione, la paura di incidenti, l’invito delle Forze dell’ordine a ricominciare a giocare. Il Presidente Galliani parlava con Cinquini, poi con Baldini, direttore sportivo della Roma (all. 2), poi con Capello, allenatore della Roma (all. 4). Tutti i suoi interlocutori come risulta dalla dichiarazioni rilasciate all’Ufficio Indagini gli prospettavano una situazione di concreto e grave pericolo per i calciatori e per le persone presenti sul terreno, qualora la gara fosse incominciata: ciò per il rischio di invasione di campo o di violente manifestazioni di protesta sugli spalti (cfr. la circostanza notata dall’allenatore Capello su “movimenti sugli spalti, un grande fumo nero dalle bocche di uscite della curva sud”). A questo punto il cellulare veniva dato all’Arbitro Rosetti, al quale il Presidente Galliani rappresentava “i rischi legati alla continuazione della partita” (comunicato stampa della Lega Nazionale Professionisti n. 136 del 22 marzo 2004). Immediatamente dopo la fine del colloquio telefonico con il Presidente della L.N.P., l’Arbitro sospendeva definitivamente la gara. E’ sufficiente l’esposizione oggettiva dei fatti, senza alcuna sottolineatura, per constatare che l’intervento del Presidente Galliani è stato decisivo ai fini della valutazione arbitrale sulla proseguibilità o meno dell’incontro, ovviamente nel contesto di tutti quegli altri elementi di anomalia più volte menzionati. Non è questa la sede per discutere, in modo specifico e approfondito, se le carte federali prevedano o no interventi decisori del Presidente della Lega o di altre Autorità federali quanto alla continuazione o no di un incontro. Del pari, non è questa la sede per dibattere se la sospensione della gara, con le modalità date (e quindi anche grazie all’opinione espressa dal Presidente Galliani) sia stata opportuna o no sotto il profilo dell’ordine pubblico. Va comunque dato atto che, grazie all’elevata professionalità delle Forze dell’ordine, non si sono verificate conseguenze drammatiche per la sicurezza e l’incolumità di persone dopo la sospensione dell’incontro. Così come va dato atto che la situazione esistente, nel momento in cui il Presidente Galliani fu interpellato, era contrassegnata da oggettiva drammaticità ed una delle opzioni concretamente e seriamente adottabili, in quel momento, consisteva proprio nel sospendere una gara, che i calciatori e i dirigenti di entrambe le squadre non volevano più continuare, sotto la cappa di una notizia di morte che, pur smentita, inevitabilmente produceva sensazioni di tragedia incombente, incompatibili con un regolare svolgimento del giuoco. E sotto tale profilo non si può dubitare del fatto che l’indicazione fornita dal Presidente Galliani sia stata congrua rispetto alle circostanze che gli venivano rappresentate. In questa sede vi è da prendere atto che l’intervento del Presidente Galliani costituì un elemento di valutazione rilevante da parte dell’Arbitro, ai fini della sospensione della gara: tant’è che il triplice fischio fu emesso dopo il termine del colloquio telefonico. E certamente l’intervento del Presidente Galliani costituì un altro fattore eccezionale, che influì sulla definitiva sospensione della gara. Ritiene conclusivamente questo Giudice che i fatti sopra menzionati, e cioè il rifiuto dei giocatori di proseguire nell’incontro ed il decisivo avallo dato dal Presidente della Lega Nazionale Professionisti alla preferibilità di una scelta nel senso di interrompere la gara, abbiano rappresentato non solo fattori causalmente decisivi rispetto alla decisione arbitrale di fischiare anticipatamente la fine ma anche circostanze eccezionali, non riconducibili a responsabilità di tesserati e Società. Per tali motivazioni ritiene questo Giudice di dover disporre la ripetizione della gara Lazio- Roma ai sensi dell’art. 12 comma 4° ult. parte CGS. Rimane, ovviamente, da valutare quale debba essere la rilevanza sul piano disciplinare sanzionatorio dei fatti avvenuti quella sera e comunque ascrivibili a responsabilità oggettiva delle due società. Quanto alla Lazio, le risultanze ufficiali evidenziano un duplice profilo di responsabilità della Società. Il primo attiene al comportamento dei propri tifosi, principalmente collocati in curva nord i quali evidentemente sulla scorta di sollecitazioni ricevute dalla tifoseria romanista durante l’intervallo, hanno contribuito a creare quello stato di drammatica tensione che le squadre riscontrarono rientrando in campo per la ripresa, reso evidente sia dal ritiro degli striscioni sia, soprattutto, dai cori “infami, infami” e “Cellerino assassino”, che si levarono ripetutamente dopo l’inizio del secondo tempo e sino al momento nel quale l’Arbitro decise la definitiva sospensione della partita. Responsabilità, quella dei tifosi laziali, certamente inferiore a quella dei romanisti perchè i primi si “limitarono” ad assecondare il convincimento della morte drammatica di un tifoso della Roma e a far propria la violenta protesta contro i poliziotti, partita dalla curva sud. Un secondo profilo di responsabilità oggettiva è da ravvisare, poi, nell’insufficienza del servizio d’ordine interno al recinto di giuoco, che non soltanto non impedì lo scavalcamento e l’ingresso in campo di alcuni “rappresentanti” della tifoseria romanista, ma nulla fece per impedire la prolungata permanenza di costoro a bordo campo e sul terreno di giuoco, con relativo contatto con calciatori e addirittura avvicinamento all’Arbitro. Il fatto che in proposito non si registrò alcun intervento nemmeno da parte delle Forze di polizia non costituisce elemento scusante della responsabilità degli addetti alla sicurezza della Società Lazio, e conseguentemente della responsabilità oggettiva di quest’ultima. Tali profili di responsabilità oggettiva comportano come sanzione adeguata l’ammenda di 50.000,00: somma in assoluto elevata, ma certamente proporzionata in relazione alla gravità delle conseguenze che tali comportamenti, sia attivi che omissivi, provocarono nel creare quel clima di drammatica tensione di cui sopra si è ampiamente parlato (considerando qui ricompresi anche i lanci di fumogeni sul terreno di giuoco effettuati al 2° minuto del secondo tempo). Va poi aggiunta ulteriore sanzione di 1500,00 a carico della Società Lazio per lo scoppio fragoroso di due petardi al 7° ed al 10° del primo tempo (rapporto Quarto Ufficiale). Quanto alla Roma, i profili di responsabilità oggettiva per il comportamento dei sostenitori assumono connotazioni certamente assai più gravi, perché assai più grave è stata la responsabilità di questi ultimi. E’ nata senza alcun dubbio dalla curva sud la notizia falsa dell’avvenuta morte di un giovane tifoso investito da un’auto della polizia. Come già anticipato, questo Giudice non ha elementi conoscitivi, anche alla luce della relazione dell’Ufficio Indagini, per stabilire se tale notizia venne diffusa ad arte, per scatenare incidenti od altro, oppure se essa fu fatta circolare con irresponsabile leggerezza. Sta di fatto che da quella curva partì la notizia; da quella curva essa fu comunicata e propagata al resto dello stadio; da quella curva partirono i cori ingiuriosi contro i poliziotti e gli inviti a sospendere la gara. In secondo luogo va ricondotto a responsabilità oggettiva della Roma il comportamento di alcuni tifosi i quali, scavalcata la recinzione arrivarono a bordo campo, entrarono sul terreno di giuoco, intimarono ai giocatori della propria squadra, parlando soprattutto con il capitano Totti, di non riprendere la partita prospettando rischi di invasione di campo e di altri gravissimi incidenti. Come già risulta da tutta la motivazione precedente, questo Giudice è convinto che tali atteggiamenti intimidatori, così come i cori provenienti dagli spalti non ebbero effetto causale decisivo sulla sospensione della gara, che fu provocata, nella sua diretta immediatezza, da quel duplice fattore eccezionale prima illustrato. Ma è altrettanto vero che questi comportamenti contribuirono fortemente a creare quello stato di drammatica tensione nel quale maturò sia la scelta dei calciatori di non riprendere la gara sia l’invito del Presidente Galliani all’Arbitro a valutare la situazione così preoccupante da render preferibile la sospensione dell’incontro. Pertanto la condotta dei tifosi della Roma che scesero in campo e intimarono ai giocatori di non riprendere la gara appare fatto grave, meritevole di adeguata sanzione. L’insieme dei fatti riconducibili a responsabilità oggettiva della Roma comporta come sanzione adeguata, ad avviso di questo Giudice, la squalifica del campo per una giornata di gara, considerandosi ovviamente ricompressa in tale sanzione anche la punizione per il lancio di fumogeni al secondo minuto del secondo tempo. Non ritiene questo Giudice di dover accompagnare a detto provvedimento anche l’ulteriore misura, prevista dall’art. 11 comma 5 CGS, dello svolgimento della gara a porte chiuse per motivi di ordine pubblico. Si tratta di misura precauzionale, che si fonda su una prognosi negativa di possibili gravi incidenti da parte dei sostenitori della squadra sanzionata. Nel caso di specie non si può trascurare il fatto che, nel periodo successivo al derby Lazio- Roma del 21 marzo u.s., la Roma ha disputato due gare sul proprio terreno di giuoco, senza che i sostenitori si rendessero responsabili di atti violenti. Conseguentemente una valutazione prognostica, pur astrattamente possibile, di recidiva in comportamenti violenti da parte dei sostenitori della Roma, non è di fatto suffragata da quanto già avvenuto nelle gare immediatamente successive all’incontro del 21 marzo. Pertanto l’applicazione dell’ulteriore misura precauzionale della gara “a porte chiuse” risulterebbe non adeguatamente supportata da valutazioni concrete e quindi non giustificata: fermo restando ovviamente che le valutazioni sotto questo profilo del Giudice Sportivo si muovono all’interno di un’ottica esclusivamente legata al fatto agonistico, e non possono certo avere la completezza e l’autorità istituzionale che sono invece proprie delle valutazioni sui motivi precauzionali di ordine pubblico spettanti agli Organi statali di pubblica sicurezza. Alla sanzione della squalifica del campo và aggiunta un’ammenda di 3.000,00 per aver i tifosi della Roma fatto esplodere un petardo al 7° minuto del primo tempo e per aver esposto, al 25° del primo tempo striscioni di tenore offensivo nei confronti di un esponente politico e di un ex calciatore della Lazio. P.Q.M. delibera di: – annullare la gara Lazio-Roma del 21 marzo 2004 disponendone la ripetizione; – infliggere alla soc. Roma, a titolo di responsabilità oggettiva, per quanto esposto in motivazione, la squalifica del campo per una giornata effettiva di gara nonché l’ammenda di 3.000,00; – infliggere alla Soc. Lazio l’ammenda di 51.500,00.
Il Governo del carrello
Tre anni son passati da quella goleada
Quando giunsero a Roma in truppa numerosa
Eletti in ogni borgo, metropoli e contrada
Pronti a rifar l’Italia più ricca e vittoriosa
Imposte da ridurre, pensioni da aumentare
Ponti, trafori e strade per farci più moderni
L’inglese dalla culla, l’impresa da imitare
La nuova primavera dopo quei tristi inverni
A garantire il tutto l’uom dalle mille facce
Imprenditore, giudice, profeta e allenatore
E’ ormai finito il tempo di tante figuracce
Darà del tu ai potenti, è l’Unto dal Signore.
Oggi mi sembra il tempo per un primo bilancio
Tempo ne avete avuto, i voti li avevate
Tutte le condizioni per muoversi di slancio
E per tradurre in leggi promesse un po’ avventate.
Se oggi dovessi dire qual è la mia impressione
Senza pensarci su, parlando sul più bello
Vi evocherei di certo, scusate il paragone
Con una sola immagine: Il governo del carrello
Tra gli scaffali pieni dei nostri molti guai
Si aggirano i Ministri con l’aria incuriosita
Cercando qualche cosa che possa casomai
Tornar di utilità prima che sia finita
Il Silvio ha dato il la a tutta l’orchestrina
Con quelle leggi infauste cucite su misura
Votate a ranghi stretti, con grande disciplina
Ed ecco nel carrello TV e Magistratura
Guardando la riforma al voto in queste ore
Sembra di essere entrati nel sito della Destra
Dove si fa politica cliccando sul cursore
“Mettiamo nel carrello?” ti chiede la finestra
Sulla Grande Riforma la spesa è a molte mani
Maroni vuol comprare l’Italia Federale
Il Silvio vuole un Premier scelto dagli Italiani
Storace chiede spazio per Roma Capitale
Peccato che alla fine, percorsi i corridoi
Con quel carrello pieno di pezzi astrusi e strani
Si arriverà alla cassa, e lì guarderai noi
Chè tanto a pagare saranno gli Italiani.
Noi che…finivamo in fretta i compiti per andare a giocare a pallone sotto casa; Coraggio fratelli miei…. E’ solo il tempo che passa.
noi che…costretti alla regola di “portieri volanti” o “chi si trova para”,
noi che…”portieri volanti” e…”segnare da oltre centrocampo vale?” – Vale…vale tutto!
noi che…quando si facevano le squadre, se venivamo scelti per primi ci sentivamo davvero i più bravi, i più importanti;
noi che…l’ultimo che veniva scelto era sicuramente destinato ad andare in porta;
noi che…avevamo sempre un soprannome passibilmente infamante ma nessuno si offendeva;
noi che…chi arriva prima a dieci ha vinto;
noi che…mentre facevamo finta di non sentire il richiamo della mamma quando incombevano le tenebre, c’era sempre qualcuno che diceva: “chi segna l’ultimo vince” incurante del punteggio che magari era in quel momento 32 a 1,
noi che…abbiamo vissuto con terrore l’epoca delle “Espadrillas” con le quali ai piedi non si poteva giocare a pallone;
noi che…se avevamo ai piedi le Adidas Tampico ci sentivamo piu’ forti di Pelè;
noi che…invece avevamo ai piedi le Tepa Sport,
noi che…il pallone di cuoio sapevano come era fatto perché lo vedevamo in Tv esclusivamente ad esagoni bianchi e neri;
noi che…capivano il senso della seconda maglia quando in Tv bianco e nero mandavano le immagini del derby Milan-Inter
noi che…o il SUPER SANTOS (in mancanza d’altro) o l’ELITE (lo standard) o il TANGO DIRCEU se andava di lusso o nei giorni di festa
noi che… non potevamo sederci sul pallone altrimenti diventava ovale;
noi che…il proprietario del pallone giocava sempre anche se era una schiappa e non andava nemmeno in porta;
noi che…anche senza la traversa non avevamo bisogno della moviola per capire se era goal. “Goal o rigore” metteva sempre tutti d’accordo;
noi che…al terzo corner è rigore;
noi che…”rigore seguito da goal è goal” ;
noi che…”siete dispari posso giocare?” – “Eh non lo so, il pallone non è mio (nel caso in cui il pretendente fosse uno scarso)!”;
noi che…”mi fate entrare?” – “Si basta che ne trovi un altro sennò siamo dispari”;
noi che…riconoscevamo i calciatori anche se sulla maglietta non c’era scritto il nome;
noi che…”Una vita da mediano” (Oriali-Ligabue) era già una filosofia di vita;
noi che…il n° 1 era il portiere, il n°2 ed il n°3 i terzini destro e sinistro, il n° 4 il mediano di spinta, il n° 5 lo stopper il n° 6
il libero, il n° 7 l’ala destra, il n° 8 una mezzala , il n° 9 il centravanti, il n° 11 l’altra punta possibilmente mancina, il n° 10
la mezzala con la fascia di capitano perchè era inevitabilmente il piu’ bravo;
noi che…perché un giocatore entrasse in nazionale doveva fare una trafila di 2/3 anni ad alto livello;
noi che…gli stranieri al massimo 2 per squadra e li conoscevamo tutti; noi che…dormivamo con le figurine Panini sotto il cuscino;
noi che…quando aprivamo le bustine intonse pregavamo per non trovare triplone o quadriplone BODINI ;il 2°mitico portiere della Juve che non aveva mai giocato una partita per colpa di ZOFF;
noi che…avevamo in simpatia Van de Korput per il nome e Bruscolotti perché sembrava più vecchio di nostro padre
noi che…il calcio in Tv lo guardavamo solo la Domenica ed il Mercoledì;
noi che…il sabato mattina eravamo terribilmente stanchi perché la sera prima avevamo visto Cesare Cadeo dopo Premiatissima;
noi che…la Domenica alle 19,30 vedevamo un tempo di una partita di calcio;
noi che…vivevamo in attesa di 90° minuto e ci sentivamo protetti dalle figure paterne di Paolo Valenti, Necco da Napoli,
Bubba da Genova, Giannini da Firenze, Vasino da Milano, Castellotti da Torino, Pasini da Bologna, Tonino Carino da Ascoli, Strippoli “riporto” da Bari o Lecce
noi che…la Stock di Trieste è lieta di presentarvi…papapà…papapà…papapapaaaaaa…paparapà;
noi che…Ciotti:…”scusa Ameri,scusa Ameri….clamoroso al Cibali” (che nella nostra fantasia era piu’ famoso di Catania);
noi che…”tutta la squadra dell’Internazionale retrocede a protezione dei 16 m” (sempre Ciotti);
noi che…ci ricordiamo i festeggiamenti del n.1.000 della Domenica Sportiva;
noi che…alla DS potevamo vedere i servizi della serie A, i goal della serie B, il Gran Premio, il Tennis, il Basket e la pallavolo senza doverci sorbire ore di chiacchiere per vedere 4 goal;
noi che…Galeazzi l’abbiamo visto magro;
noi che…”il piede proletario di Franco Baresi” (Beppe Viola); “Maradona ha mano cucita sotto il piede sinistro” (Gianni Brera);
noi che…andavamo all’amica del cuore di quella che ci piaceva e le chiedevamo: “Dici a Maria se si vuole mettere con me?” Il giorno dopo tornava e la risposta era sempre la stessa: “Ha detto che ci deve pensare…”
noi che…Maria ancora ci stà pensando!
noi che…agli appuntamenti c’eravamo sempre tutti, anche senza telefonini;
noi che…oggi viviamo lontani, ma quando usciamo di casa e giriamo l’angolo speriamo sempre di incontrarci con il pallone in una busta di plastica;
noi che…oggi sorridiamo quando in Tv si inventano i più incredibili sondaggi tipo: “chi è stato il piu’ forte giocatore di tutti i tempi: Pelè o Maradona?” senza considerare che di Pelè abbiamo visto sempre gli stessi 4/5 goal;
noi che…se incontriamo per strada Biscardi vorremmo investirlo;
Voi che…questo giocattolo ce lo avete rotto… brutti bastardi!
Dedicato a tutti quelli che hanno vissuto il calcio vero….che oggi
non c’è più!!!! E soprattutto a quelli che leggendo le righe
sottostanti sospirano e fanno si’ con la testa….
In un’editoriale intitolato “La Spagna ci impartisce una lezione di democrazia”, il Financial Times chiede una maggiore cooperazione, in tema di lotta al terrorismo, tra europei, americani e mondo arabo. E ribadisce che, nell’affrontare crisi come quella dell’11 marzo, i leader politici hanno bisogno non solo di convinzioni e determinazione, ma anche della fiducia dei propri elettori. Una fiducia che Aznar, con il probabile depistaggio delle indagini, ha perso senza appello. Perché “i risultati elettorali sono imputabili all’indignazione popolare per la cattiva gestione della crisi da parte del governo; in particolare, ad Aznar è stata rimproverata l’ostentata certezza nell’attribuire all’Eta la colpa del massacro.” Sulla stessa linea d’onda è anche l’altro pilastro della stampa economica britannica, il settimanale The Economist, per cui il motivo più importante dietro la sconfitta del Partito Popolare sono stati “i tre giorni in cui il governo e i mezzi di comunicazione di stato, pesantemente influenzati da Madrid, hanno insistito con la responsabilità dell’Eta negli attentati”. E’ di Morgan Stanley uno dei primi giudizi sull’impatto economico degli attentati di Madrid. La banca, in occasione della pubblicazione di alcuni dati trimestrali, ha dichiarato che la strage spagnola ha minato la fiducia tanto dei propri clienti istituzionali quanto di quelli privati. Come ha riportato il già citato Financial Times, Stephen Crawford, responsabile amministrativo di Morgan Stanley, ha evidenziato “l’effetto psicologico” degli attacchi. Secondo Crawford “rispetto alle settimane antecedenti agli attentati, oggi le persone mostrano meno fiducia nei confronti dei mercati finanziari”.
Secondo il Wall Street Journal, il quotidiano finanziario americano per eccellenza, “uccidendo centinaia di innocenti i terroristi sono stati capaci di annientare uno dei pilastri della coalizione occidentale contro il terrore”. Restando nella Grande Mela, il New York Times ha accusato la Casa Bianca di trasformare le elezioni americane del prossimo novembre in una questione di sicurezza nazionale e in un referendum sul terrorismo; mentre i cittadini statunitensi dovranno invece decidere tra due uomini e due linee politiche.
Ritornando in Europa, il britannico Daily Telegraph ritiene che gli spagnoli abbiano disonorato i propri morti, permettendo ai terroristi di disarcionare il governo di una primaria democrazia dell’Occidente. Attraversando la Manica, per il francese Le Monde Gorge Bush ha perso molto di più dell’appoggio di Aznar: con le elezioni spagnole sono cambiate le intere relazioni tra Stati Uniti ed Europa. Più ironico è invece Liberation: con la partecipazione alla guerra in Iraq Aznar voleva che la Spagna contasse di più nel mondo; e la nazione, esprimendosi il 14 marzo, ha dimostrato che, in effetti, la propria opinione conta davvero negli equilibri planetari.
In Germania l’agenzia di stampa Dpa-AFX sostiene che sia stata la mancanza di un chiaro mandato elettorale (i socialisti non dispongono della maggioranza assoluta in parlamento) ad aver spiazzato la borsa spagnola subito dopo le elezioni. Ma il cambio di governo non dovrebbe portare a rilevanti novità nella politica economica di Madrid, perché Zapatero sta formando una squadra di economisti dal programma liberale e pare non essere intenzionato ad interferire in un’economia in pieno boom. E se il turismo non risentirà più di tanto dell’effetto-attentati, come spiegato da Jesus Martinez Millan dell’associazione nazionale di settore, a poter subire qualche cambiamento sono i vertici delle ex aziende di stato. Dopo la privatizzazione, infatti, il governo Aznar aveva nominato persone di fiducia alla guida di Telefonica, Repsol YPF ed Endesa. Ma i socialisti hanno già respinto, per ora, l’ipotesi di un gito di vite dei superdirigenti.
E in Spagna? Il quotidiano più importante, El Pais, ha ammonito il nuovo governo di Zapatero, ricordandogli che non potrà sperare nella classica luna di miele con la stampa nei primi cento giorni di lavoro. Entro il 30 giugno, infatti, dovrà esserci la disdetta della presenza militare in Iraq, a meno che l’Onu non prenda il comando delle operazioni. Anche in economia ci sono alcune questioni urgenti: dall’avvio di un dialogo con i sindacati sulla riforma del mercato del lavoro al ripristino delle normali condizioni di tranquillità e fiducia nei mercati finanziari.