In un’editoriale intitolato “La Spagna ci impartisce una lezione di democrazia”, il Financial Times chiede una maggiore cooperazione, in tema di lotta al terrorismo, tra europei, americani e mondo arabo. E ribadisce che, nell’affrontare crisi come quella dell’11 marzo, i leader politici hanno bisogno non solo di convinzioni e determinazione, ma anche della fiducia dei propri elettori. Una fiducia che Aznar, con il probabile depistaggio delle indagini, ha perso senza appello. Perché “i risultati elettorali sono imputabili all’indignazione popolare per la cattiva gestione della crisi da parte del governo; in particolare, ad Aznar è stata rimproverata l’ostentata certezza nell’attribuire all’Eta la colpa del massacro.” Sulla stessa linea d’onda è anche l’altro pilastro della stampa economica britannica, il settimanale The Economist, per cui il motivo più importante dietro la sconfitta del Partito Popolare sono stati “i tre giorni in cui il governo e i mezzi di comunicazione di stato, pesantemente influenzati da Madrid, hanno insistito con la responsabilità dell’Eta negli attentati”. E’ di Morgan Stanley uno dei primi giudizi sull’impatto economico degli attentati di Madrid. La banca, in occasione della pubblicazione di alcuni dati trimestrali, ha dichiarato che la strage spagnola ha minato la fiducia tanto dei propri clienti istituzionali quanto di quelli privati. Come ha riportato il già citato Financial Times, Stephen Crawford, responsabile amministrativo di Morgan Stanley, ha evidenziato “l’effetto psicologico” degli attacchi. Secondo Crawford “rispetto alle settimane antecedenti agli attentati, oggi le persone mostrano meno fiducia nei confronti dei mercati finanziari”.
Secondo il Wall Street Journal, il quotidiano finanziario americano per eccellenza, “uccidendo centinaia di innocenti i terroristi sono stati capaci di annientare uno dei pilastri della coalizione occidentale contro il terrore”. Restando nella Grande Mela, il New York Times ha accusato la Casa Bianca di trasformare le elezioni americane del prossimo novembre in una questione di sicurezza nazionale e in un referendum sul terrorismo; mentre i cittadini statunitensi dovranno invece decidere tra due uomini e due linee politiche.
Ritornando in Europa, il britannico Daily Telegraph ritiene che gli spagnoli abbiano disonorato i propri morti, permettendo ai terroristi di disarcionare il governo di una primaria democrazia dell’Occidente. Attraversando la Manica, per il francese Le Monde Gorge Bush ha perso molto di più dell’appoggio di Aznar: con le elezioni spagnole sono cambiate le intere relazioni tra Stati Uniti ed Europa. Più ironico è invece Liberation: con la partecipazione alla guerra in Iraq Aznar voleva che la Spagna contasse di più nel mondo; e la nazione, esprimendosi il 14 marzo, ha dimostrato che, in effetti, la propria opinione conta davvero negli equilibri planetari.
In Germania l’agenzia di stampa Dpa-AFX sostiene che sia stata la mancanza di un chiaro mandato elettorale (i socialisti non dispongono della maggioranza assoluta in parlamento) ad aver spiazzato la borsa spagnola subito dopo le elezioni. Ma il cambio di governo non dovrebbe portare a rilevanti novità nella politica economica di Madrid, perché Zapatero sta formando una squadra di economisti dal programma liberale e pare non essere intenzionato ad interferire in un’economia in pieno boom. E se il turismo non risentirà più di tanto dell’effetto-attentati, come spiegato da Jesus Martinez Millan dell’associazione nazionale di settore, a poter subire qualche cambiamento sono i vertici delle ex aziende di stato. Dopo la privatizzazione, infatti, il governo Aznar aveva nominato persone di fiducia alla guida di Telefonica, Repsol YPF ed Endesa. Ma i socialisti hanno già respinto, per ora, l’ipotesi di un gito di vite dei superdirigenti.
E in Spagna? Il quotidiano più importante, El Pais, ha ammonito il nuovo governo di Zapatero, ricordandogli che non potrà sperare nella classica luna di miele con la stampa nei primi cento giorni di lavoro. Entro il 30 giugno, infatti, dovrà esserci la disdetta della presenza militare in Iraq, a meno che l’Onu non prenda il comando delle operazioni. Anche in economia ci sono alcune questioni urgenti: dall’avvio di un dialogo con i sindacati sulla riforma del mercato del lavoro al ripristino delle normali condizioni di tranquillità e fiducia nei mercati finanziari.
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Che noia, che fastidio a leggere i giornali Il canovaccio è scritto, lo recitan contenti , Ci toccherà ascoltare che evadere le tasse Un gregge di serventi ripeterà convinto Domenica mattina di scena il tormentone Lo spazio il lunedì è tutto per Tremonti Il martedi alla sera, riforma federale, Mercoledì va in onda la serata culturale, Fini si è visto dare la fascia preserale Vorrei una cortesia, trattengo un po’ il respiro
Come mangiare in mensa lo stesso piatto triste
Persi nelle cosucce meschine e un po’ banali
Che accadono in cortile, già risapute e viste.
va in scena fino a Giugno tra urla, insulti e cori
non valgono scusanti o impegni precedenti
con obbligo di firma siam tutti spettatori
Rispetta la morale del padre di famiglia
Che deve pur difendere le proprie magre casse
Dall’esattore odioso che invece gliele artiglia
la par condicio è iniqua e inutile barbarie
Che vuol rinchiuder Lui in un piccolo recinto
Per non farlo parlare dal Volga alle Canarie.
Sui giudici faziosi e il loro accanimento
A reti unificate andrà in televisione
E guai a chi oserà tener lo schermo spento
Risolverà i problemi durante una diretta
Di chi sarà la colpa se vanno male i conti?
Dell’Euro, della Cina, al più di Gianni Letta!
conta la voce roca, non certo gli argomenti
se poi ne esce un Frankenstein istituzionale
un brindisi lo stesso, che i Celti son contenti.
il lucido Follini ha un fuoco che lo brucia,
si chiede, un po’ stupito della stima personale,
perché sulla Gasparri abbiam votato la fiducia?
Così potrà spiegare al proprio elettorato
Come la verifica gli sia riuscita male
Finendo a mani vuote, cornuto e un po’ mazziato.
Visto che queste cose tanto le so già
Potrei scender per tempo e andare a fare un giro?
(Sperando che sia meglio l’Italia che verrà)
E si è concluso il Gennaio bisesto, Era iniziato con vera sorpresa Nato e cresciuto in quel di Collecchio E invece no, sorriso curiale Il giro stretto, compagni di banco Noi sian cresciuti vedendo Totò, Ormai non bastan le cose nostrane I vecchi amici e i figli in carriera, E nel bel mezzo di questo marasma Finchè si scopre che per oltre un mese Quando ritorna il suo look balza all’occhio Però lo spirito è sempre gagliardo, Mio presidente, da oggi stia attento
denso di drammi e di qualche storiella,
spero non dica di un anno funesto
per un Paese che gira in stampella
Quando si è vista la doppia natura
Uomo del Nord, uomo di Chiesa
Il pio Calisto, una vera sventura
grassa pianura che suda ricchezza
Ogni mattina il latte nel secchio
Sveglia alle cinque, nessuna stranezza
La voce bassa, quel modo di fare
Forse all’inizio era qualche cambiale
Poi la valanga che non sai più fermare
Con cui è cresciuto e ha iniziato gli affari
E poi anche i figli, a coprire ogni ammanco
Grande finanza, veri magliari
il Colosseo venduto al turista
ma non pensavo giungessimo a ciò
tutti gabbati da un illusionista
Meglio lo scanner che la scolorina
Conti un po’ a Parma e un po’ alle Caimane
Fiumi di bonds a celar la rovina
i luoghi esotici e il club di pallone,
Che confusione, in questa bufera
parliam di latte o di televisione?
Giunge un silenzio di la dal mare
Il Presidente diventa un fantasma
Solo in pochissimi lo vanno a trovare
Mentre noi siamo in braghe di tela
Lui si riposa sereno e cortese
Corse, ginnastica, verdure e una mela
L’hanno rifatto, pelle di raso
Ma c’è un problema, novello Pinocchio
Sembra gli sia cresciuto un po’ il naso.
tutto va bene, vi veglierò io.
Parlando a braccio il suo vecchio bardo
confonde Silvio con il buon Dio.
Ci dica il vero, consulti gli appunti,
Io non vorrei che a un certo momento
Il naso si allunghi e le cedano i punti.
Tanto rumore per nulla
Antonio D’Amato, presidente di Confindustria, ha esposto al nostro giornale l’urgente bisogno italiano di un sistema più forte di controllo sulle aziende, soprattutto se quotate in borsa. Ha inoltre invocato maggiori verifiche a livello internazionale sul lavoro di revisori e analisti finanziari, soprattutto quando questi ultimi operano in conflitto di interessi. Tuttavia nella storia mondiale recente le richieste post-scandalo di una più decisa supervisione di banche e mercati azionari non hanno quasi mai portato a dei sostanziali miglioramenti. E la cosa sembra valere anche per il caso Parmalat, da cui è nato solo un grande “liberi tutti”, in un confronto tra politici e operatori che è più emotivo che lucido e razionale. Per arrivare a una soluzione è importante rendersi conto che legislatori e controllori devono disporre di poteri effettivi, e non pro-forma.
Da “Parmalat scandal underscores the need for solid overhauls”, Wall Street Journal Europe, 12 gennaio 2004, http://online.wsj.com/public/europe
I baroni rampanti
“E’ dura la vita a Firenze per l’uomo ricco”, scriveva Lorenzo de’ Medici nel 1473, “a meno che non controlli i poteri dello stato”. E’ una strategia, quella di utilizzare l’autorità pubblica per ossigenare gli interessi privati, che Lorenzo perseguì nei 23 anni in cui si trovò a gestire la banca di famiglia. Molti commentatori ne fanno un paragone con Berlusconi, altri con le complicità e connivenze politiche che hanno tenuto in piedi Parmalat negli ultimi dieci anni. Sta di fatto in ogni caso che nello scandalo Parmalat ci sono delle peculiarità tipicamente italiane, come la figura del barone (Calisto Tanzi) di città, adulato spesso senza ritegno. Come già lo è stato Gianni Agnelli, con le interminabili agiografie seguite alla sua morte e per la totale assenza di considerazioni oggettive sulla sua effettiva abilità imprenditoriale, in opposizione alla sua capacità di ottenere sussidi pubblici. Tutto questo dimostra quanta presa tali figure abbiano sull’immaginario popolare italiano. E il non plus ultra, la manifestazione più eclatante e frequente del potere di questi baroni, è il possesso della squadra calcistica cittadina: Tanzi con il Parma, Cagnotti (Cirio) con la Lazio e Cecchi Gori con la Fiorentina. A questo punto è chiaro come qualsiasi cambiamento nelle regole e nei controlli delle aziende sarà irrilevante di fronte a una dinamica psico-sociale così forte.
Da “Parmalat Now that’s Italian!”, The Wall Street Journal Europe, 19 gennaio, http://online.wsj.com/public/europe
Un 2004 sottotono per Piazza Affari
Con l’esplodere della bomba Parmalat, il Mib30 non ha riscontrato variazioni significative dall’inizio di dicembre, mentre l’indice Eurotop è salito del 4%. L’andamento deludente della borsa italiana rispetto ai principali concorrenti è destinato a perdurare, esattamente come è successo nel 2003 ai titoli olandesi dopo lo scandalo finanziario della società Ahold. L’anno scorso, infatti, l’indice AEX (Paesi Bassi) non si è mosso, mentre il resto dell’Europa registrava forti incrementi nei valori azionari.
Dalla rubrica “Breakingviews”, Wall Street Journal Europe, 12 gennaio 2004, http://online.wsj.com/public/europe
Meno regole, più efficienza
Ricorrere a nuove leggi e regolamenti per evitare futuri scandali finanziari non è spesso la soluzione migliore, per Parmalat oggi come lo è stato per Enron, WorldCom e Tyco ieri con la legge Sarbanes-Oxley. I nuovi vincoli giuridici, stilati e approvati velocemente dopo lo scoppio del bubbone, tendono a ridurre l’efficienza del sistema perché interferiscono con le libertà economiche. E aumentano i costi legali, portano a uno spreco di tempo per i consigli di amministrazione e scoraggiano le società dal quotarsi in borsa.
Da “The wrong way to avoid a corporate scandal”, Financial Times, 9 gennaio 2004, http://www.ft.com
La corsa delle parole in difesa del sistema
Dopo i miglioramenti degli ultimi cinque anni nella corporate governance delle imprese del Bel Paese, il caso Parmalat ha riacceso nel mondo i vecchi timori sull’affidabilità del sistema Italia. Tuttavia esperti e dirigenti delle grandi aziende italiane ritengono che le aziende del paese restino sopra la media europea in termini di controlli e diritti dei soci di minoranza. Per Erik Bomans, un avvocato specializzato nella tutela dei diritti degli azionisti, in Italia i detentori di quote di minoranza dispongono di alcuni poteri, ma devono imparare ad usarli. Tra i sostenitori della validità del sistema italiano c’è anche Corrado Passera, amministratore delegato di Banca Intesa, secondo cui le aziende italiane sono dotate di buoni controlli, e purtroppo nessun apparato di corporate governance al mondo avrebbe potuto fermare il dissesto di Parmalat.
Da “Rush to restore Italy’s corporate image”, Financial Times, 16 gennaio 2004, http://www.ft.com
Per un’Europa unita di fronte a Parmalat
La risposta europea al crack di Parmalat è finora stata molto debole, senza il vigore americano del dopo Enron. Molti osservatori infatti considerano il caso come un affare esclusivamente italiano. Dopotutto, sostengono, non è questo il paese del lassismo berlusconiano nei confronti del falso in bilancio? E, continuano, non è l’Italia un modello di disaffezione verso le regole per una corretta e trasparente gestione aziendale?
Ma al di là del contesto italiano, il problema deve essere inquadrato in un’ottica europea. Bruxelles ha infatti tutto l’interesse a ridurre le discrepanze tra le diverse legislazioni nazionali in tema di corporate governance, soprattutto in vista dell’allargamento a est, con l’inevitabile aggiunta di nuovi colori al già tanto variegato sistema legislativo dell’Unione. E i governi nazionali dovrebbero appoggiare ogni tentativo comunitario di armonizzazione, a cominciare dalle regole di contabilità e di revisione di bilancio.
Da “The pause after Parmalat”, The Economist, 17-23 gennaio 2004, http://www.economist.com
Se tardi non è meglio di mai
Anche se lo scandalo Parmalat è scoppiato solo a metà dicembre, alcuni segnali erano già emersi mesi prima, soprattutto da parte di analisti economici e rappresentanti sindacali. Molti sono quindi quelli che si chiedono come mai ci sia voluto tanto tempo prima di arrivare all’implosione finale ed esplicita dell’azienda emiliana. Il governo Berlusconi accusa la Banca d’Italia di non aver prestato abbastanza attenzioni alle forti esposizioni di alcune banche verso Parmalat. E la Banca d’Italia, a sua volta, punta il dito contro l’operato del ministro Tremonti. Infine, anche la Consob è sotto il mirino dei commentatori, perché normalmente non comincerebbe alcuna inchiesta senza che prima succeda qualcosa sui mercati finanziari, quindi spesso troppo tardi. In generale sembra che legislatori, controllori e investigatori abbiano riposto troppa fiducia sulla grandezza e sull’apparente successo dell’azienda di Tanzi.
Da “Italians wonder why it took so long to spot Parmalat’s problems”, International Herald Tribune, 15 gennaio 2004, http://www.iht.com
Parmalat, uno scandalo fra tanti
Il fallimento del gigante agro-alimentare italiano lascia un’impressione di “déjà vu” e mette la comunità finanziaria internazionale di fronte alle proprie debolezze, al di là delle specificità del sistema Italia. Alcuni fatti sono particolarmente inquietanti, o curiosi:
· Quando nel marzo del 2003 la banca Lehman Brothers aveva preavvisato i propri clienti sulle difficoltà di Parmalat, Calisto Tanzi sporse immediatamente denuncia per diffamazione di fronte alla Consob.
· Nonostante le pressioni di Londra, la dipendenza inglese delle isole Cayman continua a rifiutarsi di applicare la direttiva europea sul risparmio e contro le frodi fiscali.
· Per avere l’autorizzazione a girare alle isole Cayman il film tratto dal libro “Il socio” di John Grisham, una storia di riciclaggio di denaro sporco mafioso ambientata nel paradiso caraibico, la Paramount Pictures ha dovuto aggiungere tra le scritte di fine pellicola la frase “Questo lungometraggio non corrisponde assolutamente alla realtà”. Parmalat ha dimostrato il contrario.
Da “Parmalat, comme tant d’autres ”, Le Monde, 14 gennaio 2003, http://www.lemonde.fr
La grande illusione
Calisto Tanzi gestiva il proprio impero economico come la famiglia. Veniva informato su tutti i problemi e ne organizzava l’occultamento. Dietro di lui si scopre una rete di omertà mafiose, nepotismi, dirigenti senza scrupoli e banche accondiscendenti. E una forte somiglianza con gli altri casi all’estero, come evidenzia Marco Vitale, professore universitario e acuto conoscitore del mondo di “corporate Italy”. Perché, in Italia come per esempio negli Stati Uniti di Enron, le banche d’affari, le agenzie di rating e le società di revisione sono le stesse, come simili sono i meccanismi della grande truffa.
Da “Milchmann in Groessenwahn”, Handelsblatt, 12 gennaio 2004, http://www.handelsblatt.de
Politici conniventi
Secondo fonti giudiziarie l’inchiesta Parmalat sta concentrandosi sui legami dell’azienda con la classe politica, che avrebbe avuto un importante ruolo, insieme alle istituzioni finanziarie, nel consentire a Calisto Tanzi di ingannare gli investitori e occultare la verità sui propri conti. Si tratta della prima volta in cui il sistema della giustizia fa riferimento a una possibile implicazione politica nella frode parmense.
Da “La investigaciòn del caso Parmalat llega a la clase politica”, Expansiòn, 13 gennaio 2004, http://www.expansion.com
Consigliamo ai nostri i lettori il seguente esperimento. Vadano al sito www.google.it e inseriscano le parole “miserabile fallimento” o semplicemente “miserabile” o “fallimento” nel campo di ricerca.
Buon Natale Cavaliere
Che tempi cupi, mio buon Cavaliere
Con Costacurta che zappa le zolle
L’Unione ferma alle cento bandiere
E poi lo sgarro che giunge dal Colle
Sono sicuro che nella sua testa
In questo mese aveva pensato
Ad un tripudio, L’Italia s’è desta
E Lei già pronto per il settennato
Fatta l’Europa firmandola a Roma
Presa la Coppa più grande del mondo
Un po’ di boria a sto punto non stona
Si è immaginato un bel girotondo.
Ma quell’Aznar, che è pure un amico,
Ha continuato a scuoter la testa
Con il Polacco scopertosi ardito
Ha rovinato la sua bella festa
Poi son venuti quei morti di fame
Dall’Argentina, pien di livore
i suoi sembravano giovani dame
intimidite a calciare un rigore.
Che settimana piena di sgarri
Ma da concreto uomo del fare
Si era incassato la Legge Gasparri
Era in attivo tra il prendere e il dare.
Per celebrar con Fede il Natale
Non c’è che attendere il rito scontato
Di quella firma presidenziale
Sul suo decreto tanto agognato.
Quando le è giunta l’infausta novella
Che il Presidente non firma la legge
E che si oppone alla Grande Sorella
ha convocato in gran fretta il suo gregge.
Regola d’oro, se perdi rilancia
Devi restare sempre in regia
Quando ha studiato la storia di Francia
Napoleone gli ha dato la via
In fondo è solo così che mi piaccio
Sempre in trincea, proclamo e mi batto
Prendo l’esempio dal Corso di Ajaccio
E mi incorono da me Rete Quattro
Motivazioni per l’assegnazione del secondo posto nella sezione editoria. Giuria presieduta da Umberto Eco e composta da
Antonio Calabrò, Francesco Casetti, Giulio Ballio, Giampaolo Fabris, Giulio Giorello, Guido Martinotti, Severino Salvemini e Enrico Montangero.
Con Lavoce.info la Giuria ha voluto premiare la capacità di mettere in rete l’esperienza di numerosi ed eccellenti collaboratori in grado di produrre un’informazione critica e un dibattito animato sui temi della politica economica. In particolare la Giuria ha apprezzato il ruolo di osservatorio privilegiato rivestito dalla Voce.info, ampliamente utilizzata dalla stampa, dalla radio e dalle televisioni, che in breve tempo si è trasformata in un utile strumento per il cittadino e per chiunque si occupi di informazione.
Dalla recensione di Luigi Cavallaro al libro “www.lavoce.info, un anno di analisi di interventi e analisi dell’economia italiana” pubblicata da “il manifesto” il 10-12-2003: Il lettore è così messo in condizione di controllare la base su cui è costruito il ragionamento, seguire quest’ultimo nei suoi svolgimenti e, se non è d’accordo, impugnarlo, contrappondendovi altre sequenze casuali; il tutto però, proprio perchè oggetto degli articoli sono dei “fatti” à la Wittgenstein: rappresentazioni logiche d’un certo sussistere di stati di cose – e non veline di palazzo o di via dell’Astronomia.
Dalla recensione di Danilo Taino al libro edito da Laterza”www.lavoce.info, un anno di analisi di interventi e analisi dell’economia italiana” pubblicata dal “Corriere della sera” il 24-11-2003
…un anno di lavoce.info una cosa chiara e nuova la dimostra: in Italia c’è un pubblico interessato alle politiche, ai contenuti dell’amministrare e del governare, alle spiegazioni di quello che accade nel mondo superiore a quello che editori e giornalisti sembrano credere .
Legge Gasparri, voto compatto Il tema è noto, vuol gesti concreti, La soluzione è semplice e chiara, Ma il buon Gasparri, gran colpo a sorpresa Ha partorito il Sistema Integrato Cosa volete, nel grande canestro Fatta la legge il programma è compiuto Tutte le cose che premono al capo
Nuovo sistema per media e giornali
Con sguardo attonito prendiamo atto
Di cosa sian da noi i liberali
il pluralismo dell’informazione
soffoca e muore se tutte le reti
son controllate da un solo padrone
devi tagliare risorse ai più grandi,
che per le nuove tv non c’è gara
in un mercato così non ti espandi
Per far sembrare i giganti dei nani
Ha allontanato la cinepresa
E li ha ripresi molto lontani
Un’accozzaglia di stampa e tv
Pubblicità e quant’altro ha trovato
Da Eugenio Scalfari a Piero Pelù.
Anche sforzando i nostri occhi stanchi
Le reti Fininvest, ad esser maldestro
Al più ci appaiono larghe di fianchi
Falso in bilancio e sistema dei media
Non dedicando nemmeno un minuto
A quel conflitto che pure ci assedia
Son sistemate, torniamo a votare
Ora scriviamo un contratto daccapo
Appuntamento da Vespa a firmare.