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Posso scendere?

Che noia, che fastidio a leggere i giornali
Come mangiare in mensa lo stesso piatto triste
Persi nelle cosucce meschine e un po’ banali
Che accadono in cortile, già risapute e viste.

Il canovaccio è scritto, lo recitan contenti ,
va in scena fino a Giugno tra urla, insulti e cori
non valgono scusanti o impegni precedenti
con obbligo di firma siam tutti spettatori

Ci toccherà ascoltare che evadere le tasse
Rispetta la morale del padre di famiglia
Che deve pur difendere le proprie magre casse
Dall’esattore odioso che invece gliele artiglia

Un gregge di serventi ripeterà convinto
la par condicio è iniqua e inutile barbarie
Che vuol rinchiuder Lui in un piccolo recinto
Per non farlo parlare dal Volga alle Canarie.

Domenica mattina di scena il tormentone
Sui giudici faziosi e il loro accanimento
A reti unificate andrà in televisione
E guai a chi oserà tener lo schermo spento

Lo spazio il lunedì è tutto per Tremonti
Risolverà i problemi durante una diretta
Di chi sarà la colpa se vanno male i conti?
Dell’Euro, della Cina, al più di Gianni Letta!

Il martedi alla sera, riforma federale,
conta la voce roca, non certo gli argomenti
se poi ne esce un Frankenstein istituzionale
un brindisi lo stesso, che i Celti son contenti.

Mercoledì va in onda la serata culturale,
il lucido Follini ha un fuoco che lo brucia,
si chiede, un po’ stupito della stima personale,
perché sulla Gasparri abbiam votato la fiducia?

Fini si è visto dare la fascia preserale
Così potrà spiegare al proprio elettorato
Come la verifica gli sia riuscita male
Finendo a mani vuote, cornuto e un po’ mazziato.

Vorrei una cortesia, trattengo un po’ il respiro
Visto che queste cose tanto le so già
Potrei scender per tempo e andare a fare un giro?
(Sperando che sia meglio l’Italia che verrà)

Gennaio

E si è concluso il Gennaio bisesto,
denso di drammi e di qualche storiella,
spero non dica di un anno funesto
per un Paese che gira in stampella

Era iniziato con vera sorpresa
Quando si è vista la doppia natura
Uomo del Nord, uomo di Chiesa
Il pio Calisto, una vera sventura

Nato e cresciuto in quel di Collecchio
grassa pianura che suda ricchezza
Ogni mattina il latte nel secchio
Sveglia alle cinque, nessuna stranezza

E invece no, sorriso curiale
La voce bassa, quel modo di fare
Forse all’inizio era qualche cambiale
Poi la valanga che non sai più fermare

Il giro stretto, compagni di banco
Con cui è cresciuto e ha iniziato gli affari
E poi anche i figli, a coprire ogni ammanco
Grande finanza, veri magliari

Noi sian cresciuti vedendo Totò,
il Colosseo venduto al turista
ma non pensavo giungessimo a ciò
tutti gabbati da un illusionista

Ormai non bastan le cose nostrane
Meglio lo scanner che la scolorina
Conti un po’ a Parma e un po’ alle Caimane
Fiumi di bonds a celar la rovina

I vecchi amici e i figli in carriera,
i luoghi esotici e il club di pallone,
Che confusione, in questa bufera
parliam di latte o di televisione?

E nel bel mezzo di questo marasma
Giunge un silenzio di la dal mare
Il Presidente diventa un fantasma
Solo in pochissimi lo vanno a trovare

Finchè si scopre che per oltre un mese
Mentre noi siamo in braghe di tela
Lui si riposa sereno e cortese
Corse, ginnastica, verdure e una mela

Quando ritorna il suo look balza all’occhio
L’hanno rifatto, pelle di raso
Ma c’è un problema, novello Pinocchio
Sembra gli sia cresciuto un po’ il naso.

Però lo spirito è sempre gagliardo,
tutto va bene, vi veglierò io.
Parlando a braccio il suo vecchio bardo
confonde Silvio con il buon Dio.

Mio presidente, da oggi stia attento
Ci dica il vero, consulti gli appunti,
Io non vorrei che a un certo momento
Il naso si allunghi e le cedano i punti.

Parmalat, una rassegna delle più recenti considerazioni pubblicate sulla stampa estera

Tanto rumore per nulla

Antonio D’Amato, presidente di Confindustria, ha esposto al nostro giornale l’urgente bisogno italiano di un sistema più forte di controllo sulle aziende, soprattutto se quotate in borsa. Ha inoltre invocato maggiori verifiche a livello internazionale sul lavoro di revisori e analisti finanziari, soprattutto quando questi ultimi operano in conflitto di interessi. Tuttavia nella storia mondiale recente le richieste post-scandalo di una più decisa supervisione di banche e mercati azionari non hanno quasi mai portato a dei sostanziali miglioramenti. E la cosa sembra valere anche per il caso Parmalat, da cui è nato solo un grande “liberi tutti”, in un confronto tra politici e operatori che è più emotivo che lucido e razionale. Per arrivare a una soluzione è importante rendersi conto che legislatori e controllori devono disporre di poteri effettivi, e non pro-forma.

Da “Parmalat scandal underscores the need for solid overhauls”, Wall Street Journal Europe, 12 gennaio 2004, http://online.wsj.com/public/europe

I baroni rampanti

“E’ dura la vita a Firenze per l’uomo ricco”, scriveva Lorenzo de’ Medici nel 1473, “a meno che non controlli i poteri dello stato”. E’ una strategia, quella di utilizzare l’autorità pubblica per ossigenare gli interessi privati, che Lorenzo perseguì nei 23 anni in cui si trovò a gestire la banca di famiglia. Molti commentatori ne fanno un paragone con Berlusconi, altri con le complicità e connivenze politiche che hanno tenuto in piedi Parmalat negli ultimi dieci anni. Sta di fatto in ogni caso che nello scandalo Parmalat ci sono delle peculiarità tipicamente italiane, come la figura del barone (Calisto Tanzi) di città, adulato spesso senza ritegno. Come già lo è stato Gianni Agnelli, con le interminabili agiografie seguite alla sua morte e per la totale assenza di considerazioni oggettive sulla sua effettiva abilità imprenditoriale, in opposizione alla sua capacità di ottenere sussidi pubblici. Tutto questo dimostra quanta presa tali figure abbiano sull’immaginario popolare italiano. E il non plus ultra, la manifestazione più eclatante e frequente del potere di questi baroni, è il possesso della squadra calcistica cittadina: Tanzi con il Parma, Cagnotti (Cirio) con la Lazio e Cecchi Gori con la Fiorentina. A questo punto è chiaro come qualsiasi cambiamento nelle regole e nei controlli delle aziende sarà irrilevante di fronte a una dinamica psico-sociale così forte.

Da “Parmalat – Now that’s Italian!”, The Wall Street Journal Europe, 19 gennaio, http://online.wsj.com/public/europe

 

Un 2004 sottotono per Piazza Affari

Con l’esplodere della bomba Parmalat, il Mib30 non ha riscontrato variazioni significative dall’inizio di dicembre, mentre l’indice Eurotop è salito del 4%. L’andamento deludente della borsa italiana rispetto ai principali concorrenti è destinato a perdurare, esattamente come è successo nel 2003 ai titoli olandesi dopo lo scandalo finanziario della società Ahold. L’anno scorso, infatti, l’indice AEX (Paesi Bassi) non si è mosso, mentre il resto dell’Europa registrava forti incrementi nei valori azionari.

Dalla rubrica “Breakingviews”, Wall Street Journal Europe, 12 gennaio 2004, http://online.wsj.com/public/europe

 

Meno regole, più efficienza

Ricorrere a nuove leggi e regolamenti per evitare futuri scandali finanziari non è spesso la soluzione migliore, per Parmalat oggi come lo è stato per Enron, WorldCom e Tyco ieri con la legge Sarbanes-Oxley. I nuovi vincoli giuridici, stilati e approvati velocemente dopo lo scoppio del bubbone, tendono a ridurre l’efficienza del sistema perché interferiscono con le libertà economiche. E aumentano i costi legali, portano a uno spreco di tempo per i consigli di amministrazione e scoraggiano le società dal quotarsi in borsa.

Da “The wrong way to avoid a corporate scandal”, Financial Times, 9 gennaio 2004, http://www.ft.com

La corsa delle parole in difesa del sistema

Dopo i miglioramenti degli ultimi cinque anni nella corporate governance delle imprese del Bel Paese, il caso Parmalat ha riacceso nel mondo i vecchi timori sull’affidabilità del sistema Italia. Tuttavia esperti e dirigenti delle grandi aziende italiane ritengono che le aziende del paese restino sopra la media europea in termini di controlli e diritti dei soci di minoranza. Per Erik Bomans, un avvocato specializzato nella tutela dei diritti degli azionisti, in Italia i detentori di quote di minoranza dispongono di alcuni poteri, ma devono imparare ad usarli. Tra i sostenitori della validità del sistema italiano c’è anche Corrado Passera, amministratore delegato di Banca Intesa, secondo cui le aziende italiane sono dotate di buoni controlli, e purtroppo nessun apparato di corporate governance al mondo avrebbe potuto fermare il dissesto di Parmalat.

Da “Rush to restore Italy’s corporate image”, Financial Times, 16 gennaio 2004, http://www.ft.com

 

Per un’Europa unita di fronte a Parmalat

La risposta europea al crack di Parmalat è finora stata molto debole, senza il vigore americano del dopo Enron. Molti osservatori infatti considerano il caso come un affare esclusivamente italiano. Dopotutto, sostengono, non è questo il paese del lassismo berlusconiano nei confronti del falso in bilancio? E, continuano, non è l’Italia un modello di disaffezione verso le regole per una corretta e trasparente gestione aziendale?

Ma al di là del contesto italiano, il problema deve essere inquadrato in un’ottica europea. Bruxelles ha infatti tutto l’interesse a ridurre le discrepanze tra le diverse legislazioni nazionali in tema di corporate governance, soprattutto in vista dell’allargamento a est, con l’inevitabile aggiunta di nuovi colori al già tanto variegato sistema legislativo dell’Unione. E i governi nazionali dovrebbero appoggiare ogni tentativo comunitario di armonizzazione, a cominciare dalle regole di contabilità e di revisione di bilancio.

Da “The pause after Parmalat”, The Economist, 17-23 gennaio 2004, http://www.economist.com

Se tardi non è meglio di mai

Anche se lo scandalo Parmalat è scoppiato solo a metà dicembre, alcuni segnali erano già emersi mesi prima, soprattutto da parte di analisti economici e rappresentanti sindacali. Molti sono quindi quelli che si chiedono come mai ci sia voluto tanto tempo prima di arrivare all’implosione finale ed esplicita dell’azienda emiliana. Il governo Berlusconi accusa la Banca d’Italia di non aver prestato abbastanza attenzioni alle forti esposizioni di alcune banche verso Parmalat. E la Banca d’Italia, a sua volta, punta il dito contro l’operato del ministro Tremonti. Infine, anche la Consob è sotto il mirino dei commentatori, perché normalmente non comincerebbe alcuna inchiesta senza che prima succeda qualcosa sui mercati finanziari, quindi spesso troppo tardi. In generale sembra che legislatori, controllori e investigatori abbiano riposto troppa fiducia sulla grandezza e sull’apparente successo dell’azienda di Tanzi.

Da “Italians wonder why it took so long to spot Parmalat’s problems”, International Herald Tribune, 15 gennaio 2004, http://www.iht.com

 

Parmalat, uno scandalo fra tanti

Il fallimento del gigante agro-alimentare italiano lascia un’impressione di “déjà vu” e mette la comunità finanziaria internazionale di fronte alle proprie debolezze, al di là delle specificità del sistema Italia. Alcuni fatti sono particolarmente inquietanti, o curiosi:

· Quando nel marzo del 2003 la banca Lehman Brothers aveva preavvisato i propri clienti sulle difficoltà di Parmalat, Calisto Tanzi sporse immediatamente denuncia per diffamazione di fronte alla Consob.

· Nonostante le pressioni di Londra, la dipendenza inglese delle isole Cayman continua a rifiutarsi di applicare la direttiva europea sul risparmio e contro le frodi fiscali.

· Per avere l’autorizzazione a girare alle isole Cayman il film tratto dal libro “Il socio” di John Grisham, una storia di riciclaggio di denaro sporco mafioso ambientata nel paradiso caraibico, la Paramount Pictures ha dovuto aggiungere tra le scritte di fine pellicola la frase “Questo lungometraggio non corrisponde assolutamente alla realtà”. Parmalat ha dimostrato il contrario.

Da “Parmalat, comme tant d’autres…”, Le Monde, 14 gennaio 2003, http://www.lemonde.fr

 

La grande illusione

Calisto Tanzi gestiva il proprio impero economico come la famiglia. Veniva informato su tutti i problemi e ne organizzava l’occultamento. Dietro di lui si scopre una rete di omertà mafiose, nepotismi, dirigenti senza scrupoli e banche accondiscendenti. E una forte somiglianza con gli altri casi all’estero, come evidenzia Marco Vitale, professore universitario e acuto conoscitore del mondo di “corporate Italy”. Perché, in Italia come per esempio negli Stati Uniti di Enron, le banche d’affari, le agenzie di rating e le società di revisione sono le stesse, come simili sono i meccanismi della grande truffa.

Da “Milchmann in Groessenwahn”, Handelsblatt, 12 gennaio 2004, http://www.handelsblatt.de

 

Politici conniventi

Secondo fonti giudiziarie l’inchiesta Parmalat sta concentrandosi sui legami dell’azienda con la classe politica, che avrebbe avuto un importante ruolo, insieme alle istituzioni finanziarie, nel consentire a Calisto Tanzi di ingannare gli investitori e occultare la verità sui propri conti. Si tratta della prima volta in cui il sistema della giustizia fa riferimento a una possibile implicazione politica nella frode parmense.

Da “La investigaciòn del caso Parmalat llega a la clase politica”, Expansiòn, 13 gennaio 2004, http://www.expansion.com

 

 

 

No comment


Consigliamo ai nostri i lettori il seguente esperimento. Vadano al sito www.google.it e inseriscano le parole “miserabile fallimento” o semplicemente “miserabile” o “fallimento” nel campo di ricerca.

Buon Natale Cavaliere

Buon Natale Cavaliere

Che tempi cupi, mio buon Cavaliere
Con Costacurta che zappa le zolle
L’Unione ferma alle cento bandiere
E poi lo sgarro che giunge dal Colle

Sono sicuro che nella sua testa
In questo mese aveva pensato
Ad un tripudio, L’Italia s’è desta
E Lei già pronto per il settennato

Fatta l’Europa firmandola a Roma
Presa la Coppa più grande del mondo
Un po’ di boria a ‘sto punto non stona
Si è immaginato un bel girotondo.

Ma quell’Aznar, che è pure un amico,
Ha continuato a scuoter la testa
Con il Polacco scopertosi ardito
Ha rovinato la sua bella festa

Poi son venuti quei morti di fame
Dall’Argentina, pien di livore
i suoi sembravano giovani dame
intimidite a calciare un rigore.

Che settimana piena di sgarri
Ma da concreto uomo del fare
Si era incassato la Legge Gasparri
Era in attivo tra il prendere e il dare.

Per celebrar con Fede il Natale
Non c’è che attendere il rito scontato
Di quella firma presidenziale
Sul suo decreto tanto agognato.

Quando le è giunta l’infausta novella
Che il Presidente non firma la legge
E che si oppone alla Grande Sorella
ha convocato in gran fretta il suo gregge.

Regola d’oro, se perdi rilancia
Devi restare sempre in regia
Quando ha studiato la storia di Francia
Napoleone gli ha dato la via

In fondo è solo così che mi piaccio
Sempre in trincea, proclamo e mi batto
Prendo l’esempio dal Corso di Ajaccio
E mi incorono da me Rete Quattro

Premio cenacolo

Motivazioni per l’assegnazione del secondo posto nella sezione editoria. Giuria presieduta da Umberto Eco e composta da
Antonio Calabrò, Francesco Casetti, Giulio Ballio, Giampaolo Fabris, Giulio Giorello, Guido Martinotti, Severino Salvemini e Enrico Montangero.

Con Lavoce.info la Giuria ha voluto premiare la capacità di mettere in rete l’esperienza di numerosi ed eccellenti collaboratori in grado di produrre un’informazione critica e un dibattito animato sui temi della politica economica. In particolare la Giuria ha apprezzato il ruolo di osservatorio privilegiato rivestito dalla Voce.info, ampliamente utilizzata dalla stampa, dalla radio e dalle televisioni, che in breve tempo si è trasformata in un utile strumento per il cittadino e per chiunque si occupi di informazione.

In un libro edito da Laterza, la storia di un successo senza precedenti.

Dalla recensione di Luigi Cavallaro al libro “www.lavoce.info, un anno di analisi di interventi e analisi dell’economia italiana” pubblicata da “il manifesto” il 10-12-2003:

Il lettore è così messo in condizione di controllare la base su cui è costruito il ragionamento, seguire quest’ultimo nei suoi svolgimenti e, se non è d’accordo, impugnarlo, contrappondendovi altre sequenze casuali; il tutto però, proprio perchè oggetto degli articoli sono dei “fatti” à la Wittgenstein: rappresentazioni logiche d’un certo sussistere di stati di cose – e non veline di palazzo o di via dell’Astronomia.

E’ una vocina ma si fa sentire

Dalla recensione di Danilo Taino al libro edito da Laterza”www.lavoce.info, un anno di analisi di interventi e analisi dell’economia italiana” pubblicata dal “Corriere della sera” il 24-11-2003

…un anno di lavoce.info una cosa chiara e nuova la dimostra: in Italia c’è un pubblico interessato alle politiche, ai contenuti dell’amministrare e del governare, alle spiegazioni di quello che accade nel mondo superiore a quello che editori e giornalisti sembrano credere….

Gasparri

Legge Gasparri, voto compatto
Nuovo sistema per media e giornali
Con sguardo attonito prendiamo atto
Di cosa sian da noi i liberali

Il tema è noto, vuol gesti concreti,
il pluralismo dell’informazione
soffoca e muore se tutte le reti
son controllate da un solo padrone

La soluzione è semplice e chiara,
devi tagliare risorse ai più grandi,
che per le nuove tv non c’è gara
in un mercato così non ti espandi

Ma il buon Gasparri, gran colpo a sorpresa
Per far sembrare i giganti dei nani
Ha allontanato la cinepresa
E li ha ripresi molto lontani

Ha partorito il Sistema Integrato
Un’accozzaglia di stampa e tv
Pubblicità e quant’altro ha trovato
Da Eugenio Scalfari a Piero Pelù.

Cosa volete, nel grande canestro
Anche sforzando i nostri occhi stanchi
Le reti Fininvest, ad esser maldestro
Al più ci appaiono larghe di fianchi

Fatta la legge il programma è compiuto
Falso in bilancio e sistema dei media
Non dedicando nemmeno un minuto
A quel conflitto che pure ci assedia

Tutte le cose che premono al capo
Son sistemate, torniamo a votare
Ora scriviamo un contratto daccapo
Appuntamento da Vespa a firmare.

 

La rottura in sede UE sul Patto di Stabilità e Crescita: le reazioni in Germania

Il fatto: i ministri finanziari della UE hanno sospeso la procedura per eccesso di deficit nei confronti di Francia e Germania, votando contro la proposta del commissario UE Solbes – appoggiata da Austria, Finlandia, Olanda e Spagna – di imporre maggiori risparmi aidue paesi (per il 2004 erano stati richiesti alla Germania 6 miliardi di euro aggiuntivi rispetto a quanto previsto, e 2 miliardi nel 2005). Il ministro delle Finanze tedesco Eichel, insieme al collega francese Mer, ha invece sottoscritto una dichiarazione d’intenti non vincolante, per cui i due Paesi vogliono ridurre i deficit nei prossimi due anni secondo le loro forze, condizionando il rientro nel parametro nel 2005 ad una crescita sufficiente del pil (1,6% nel prossimo anno, 1,8% in quello successivo).

Secondo il compromesso raggiunto la Germania dovrebbe dunque abbassare il deficit 2004 dello 0,6%, depurato della congiuntura, e dello 0,5% nel 2005.

Le reazioni in Germania: i politici. Il compromesso sul deficit fra Germania ed UE ha creato ulteriore tensione fra governo rosso-verde e opposizione (Cdu-Csu e liberali); lo si è visto al Bundestag nella seduta di presentazione dell’equivalente tedesco della nostra finanziaria. Ciò fra l’altro renderà ancora più complesse le trattative in corso al comitato di mediazione, dove si stanno discutendo le riforme del mercato del lavoro e i cui risultati sono attesi a breve. Il cancelliere Schroeder ha difeso il compromesso, sostenendo che chi vi si oppone, tralascia l’opportunità di una maggior crescita nel prossimo anno. Il nome completo del patto è Patto di Stabilità e Crescita; per cui vi sono fasi in cui bisogna tenere in maggior considerazione il secondo obbiettivo. Schroeder ha poi definito l’accordo come un compromesso ragionevole fra ulteriore consolidamento e sostegno ai segnali di crescita. Se la Germania avesse accettato i risparmi imposti, ne sarebbe stata gravemente danneggiata l’economia e soprattutto la congiuntura interna. Per rafforzare gli impulsi di crescita in Germania è infatti necessario anticipare al 2004 la riforma fiscale prevista per il 2005 e ciò non sarebbe stato compatibile con i risparmi voluti dalla commissione UE. Sempre secondo il cancelliere la Germania avrebbe potuto adempiere alle richieste della Commissione, se avesse rinunciato ad anticipare lo sgravio fiscale. Schroeder ha difeso la violazione alle regole del patto davanti al Bundestag e ha definito il medesimo aperto a interpretazioni. Per il ministro delle finanze Eichel il Patto non è morto e va mantenuto così com’è, solo va applicato in modo sensato. Eichel ha suggerito di fare pressioni di consolidamento sugli stati nelle fasi di forte crescita, riprendendo un pensiero del suo collega e oppositore olandese Zalm.

Soddisfatti del compromesso si sono dichiarati anche i verdi e il sindacato DGB, mentre l’Unione (CDU-CSU) teme che la violazione del patto abbia effetti negativi sull’euro. E per bocca del capogruppo Merz sostiene che i ministri finanziari hanno violato nello spirito e nella lettera il patto. Non si tratterebbe, com’è stato presentato, di un compromesso, ma di una brutale decisione a maggioranza dalle conseguenze imprevedibili. Non è escluso che ben presto altri paesi chiederanno un trattamento speciale come la Germania e la Francia. Anche se nel breve periodo le conseguenze non saranno rilevanti, nel medio aumenteranno i deficit e a lungo termine vi saranno pesanti ripercussioni sul livello degli interessi ed anche sulla stabilità della moneta. Dello stesso parere la Csu: Stoiber vede nel comportamento del ministro Eichel la fine del patto e un segnale completamente sbagliato per i paesi candidati all’ingresso nella UE.

Le reazioni in Germania: economisti e commentatori

A sostegno della posizione di Eichel sono intervenuti alcuni esperti. Ad es. Selm di HWWA (Hamburgisches Welt-Wirtschafts-Archiv) vede nell’attuale sviluppo la possibilità che dal vecchio patto ne sorga uno nuovo. Questo Patto di stabilità II dovrebbe essere più completo del precedente, che prevede eccezioni solo in caso di recessioni reali. Al momento dell’attuazione del patto non si era calcolato la possibilità che ci fossero tre anni di stagnazione, sebbene le conseguenze per i bilanci pubblici siano simili a quelli di una forte recessione. Inoltre le nuove linee guida dovrebbero obbligare gli stati a consolidare di più nei periodi di boom che in tempi di crisi congiunturale. L’obiettivo dovrebbe essere quello di avere bilanci in pareggio nell’arco di un intero ciclo congiunturale.

Tuttavia la maggior parte degli economisti sono più critici: essi concordano sul fatto che il compromesso raggiunto a Bruxelles segna lo smantellamento del patto, e uno dei 5 saggi, Wolfgang Franz, mette in guardia da una perdita di fiducia e da un forte aumento degli interessi a lungo termine come conseguenza della decisione presa. Per l’esperto monetario Neumann il patto è praticamente morto, se lo si mette fuori gioco nel momento del bisogno. Anch’egli tuttavia sostiene che il patto non era stato concepito per una stagnazione continua, in quanto si orientava al ciclo congiunturale noto fino a quel momento. Tuttavia la stagnazione non si affronta con deficit persistenti, bensì con cambiamenti strutturali tempestivi, cosa che né Germania né Francia hanno fatto.

Per molti commentatori non si tratta solo di valutare in che misura soffrirà la futura stabilità dell’euro, se viene data dispensa per una politica di bilancio deficitaria: in discussione è il modo brutale in cui il governo francese e tedesco si sono imposti sulla Commissione europea e sui piccoli stati membri. Non esistono dunque regole uguali per tutti, e ciò che viene concesso alla Germania, il Portogallo se lo può ancora per un pezzo sognare. Nessuno dovrebbe sottovalutare le devastanti conseguenze di un simile fatto; sia che si tratti della futura Costituzione europea che di politica estera o di difesa comune molte belle idee provenienti da Berlino o da Parigi saranno da ora in poi guardate con sospetto, in quanto possibili portatrici di interessi occulti. Per questo trionfo effimero di Schroeder e di Eichel su Bruxelles pagherà la Germania, quando il governo rosso-verde sarà solo storia. Conseguenze visibili saranno in tempi non troppo lontani più elevati deficit di bilancio non solo in Germania e in Francia, bensì anche nell’eurozona. Senza la Germania a difesa della cultura della stabilità, i ministri finanziari dei paesi che si sforzano ancora seriamente per il pareggio di bilancio, si troveranno ancora più in difficoltà nell’affrontare le forti lobby politiche che esercitano pressioni sulle finanziarie. La rottura del patto diminuisce le opportunità di una crescita più elevata e quindi di più posti di lavoro e maggior benessere per tutti i cittadini. Ma i politici sanno bene che l’importo di queste perdite a medio termine non è quantificabile, mentre gli effetti congiunturali ottenibili con il denaro distribuito nel breve periodo può aiutare a vincere in un’elezione o nell’altra, ad esempio nel 2005 nel Nordreno Vestfalia. Per consolidare il suo potere il cancelliere ha gettato al vento anche il monito dei più strenui controllori del patto, e dunque non indugerà a fare pressioni politiche sulla Banca centrale europea, se questa per i deficit crescenti si dovesse vedere costretta ad aumentare gli interessi.

Il presidente del Consiglio degli esperti per la valutazione dello sviluppo economico, Wolfgang Wiegard, nel presentare il 12 novembre il rapporto annuale sull’economia, ha sollecitato il governo a rispettare il patto; un nuovo superamento del deficit nel prossimo anno, senza che vengano applicate sanzioni, rischia di smantellare il patto stesso, che è invece necessario anche per il consolidamento interno. Per il presidente della Bundesbank Welteke, fra i compiti principali di un’assennata politica pubblica vi è quella di avere i conti in ordine e a questo servono le norme del patto di stabilità.

Anche per Hundt, presidente di BDA (Confederazione federale delle associazioni tedesche dei datori di lavoro) la decisione dei ministri finanziari rappresenta lo smantellamento del patto di stabilità; particolarmente fastidioso risulta il fatto che proprio chi ha voluto il patto contribuisca ora alla sua fine.

Per la maggior parte degli analisti la decisone dei ministri finanziari non avrà gravose conseguenze sul corso dell’euro; ieri non vi è stata quasi variazione. Anche per il DIW (istituto di ricerca economica) il compromesso non dovrebbe portare ad un ulteriore aumento dell’euro; il patto di stabilità non lo influenzerebbe quasi. I mercati avrebbero già recepito il conflitto e la soluzione adottata non è poi una grande sorpresa, ha dichiarato Horn, capo di DIW-congiuntura. Il conflitto era inevitabile ed è buona cosa che si sia arrivati al compromesso. Finché gli stati europei possono bloccare l’inflazione, si avrà un euro forte. Il legame fra gli adempimenti dei criteri di stabilità dell’euro e la forza della moneta comune è minimo. Se si arrivasse ad una situazione come quella Argentina, allora sarebbe diverso, tuttavia sia la Germania che l’Europa ne sono ben lontane. Decisiva per la forza dell’euro è la crescita dei prezzi; tuttavia l’inflazione non è prevista nel patto di stabilità e Horn, che si è sempre dichiarato molto critico nei confronti del patto, vede confermata la sua opinione in merito alla necessità di riformarlo, prendendo in considerazione le influenze congiunturali.

Anche Rolf Elgeti di Commerzbank Securities ritiene che il mercato ha già da tempo recepito un ammorbidimento del patto; tuttavia ciò ha causato danni strutturali per quanto riguarda la stabilità della moneta sul lungo periodo. Per il momento sul mercato azionario le conseguenze saranno positive: un euro forte è certamente il rischio più temuto dal mercato azionario stesso; un euro forte assottiglia i profitti delle imprese europee esportatrici e il mercato tedesco e belga dovrebbero essere quelli che traggono maggiori benefici dall’attuale situazione, in quanto è massima la loro dipendenza dall’export. Le imprese che hanno debiti o costi in dollari e le cui attività di bilancio o i fatturati sono nell’eurozona saranno invece quelle più penalizzate dall’ euro debole

Comunque la Germania deve risparmiare di più, questo è il monito che l’economista Wurzel dell’Ocse ha lanciato alla presentazione della nuova previsione di crescita; egli invita a non finanziare l’anticipo della riforma fiscale attraverso i debiti: la riforma dovrebbe avera una quasi totale copertura, in modo particolare attraverso il taglio delle sovvenzioni. Secondo l’Ocse la Germania non raggiungerà neppure nel 2005 l’obiettivo posto dal patto di stabilità; nel 2003 il deficit sarà di 4,1, per l’anno successivo del 3,7% e nel 2005 di 3,5%.

 

 

 

La rassegna stampa si basa su articoli apparsi in: Financial Times Deutschland, Handelsblatt, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Sueddeutsche Zeitung, Tagesspiegel-online

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