Poche settimane fa, quando Alessandro Profumo ebbe a dire che l’opposizione della fondazione capeggiata dalla Mansi all’aumento immediato di capitale del Monte dei Paschi di Siena poteva avere conseguenze sulla stabilità di Mps e di riflesso su quella del sistema bancario italiano, andò incontro alla censura di Giuseppe Guzzetti, presidente del cartello delle fondazioni italiane. Definì l’affermazione di Profumo “avventata e destituita di ogni fondamento” .
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Sulla valutazione della riforma Fornero si sono concentrate, giustamente, molte aspettative da parte dell’opinione pubblica, dei policy maker e della comunità scientifica. I motivi sono molti.
Si tratta di una delle riforme più controverse del nostro passato recente. È stata promossa e implementata da un’economista molto conosciuta, che nella legge di attuazione ha voluto che si introducesse formalmente e per la prima volta in Italia un esercizio di valutazione.
Furbo Berlusconi a trovare nell’Imu l’argomento per rilanciare una campagna elettorale che sembrava senza speranza. Furbo Letta a promettere, sapendo di non poter mantenere, la eliminazione dell’imposta assieme al taglio del costo del lavoro. Furbo Brunetta a mantenere per 6 mesi il governo sulla graticola, impedendo qualunque accordo sensato sull’imposta e mostrando così di essere il vero dominus del governo.
“Il nostro non è un atto di sfiducia nel management, ma dobbiamo badare alla nostra sopravvivenza”. È questa la dichiarazione resa da Antonella Mansi, presidente della Fondazione Mps, dopo aver votato contro il piano di ricapitalizzazione del Monte Paschi messo in piedi da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, attuali amministratori di Mps.
Da fonti di stampa, apprendiamo che la commissione Finanze del Senato ha introdotto modifiche significative al decreto-legge sulle quote di proprietà della Banca d’Italia.
Italo è in crisi. Da tre giorni ha febbre, mangia poco e sta perdendo peso. Essendo debilitato, lavora anche poco e male. E la malattia non accenna a sparire. In realtà, a pensarci bene, era già da parecchi giorni che al lavoro le cose non sembravano andare tanto bene. La sua produttività era calata, ma certo adesso Italo sta molto peggio.
È davvero sconsolante leggere Alberto Quadrio Curzio pontificare sulle privatizzazioni come ha fatto ieri sul Sole-24 Ore. Sostenere che la Cassa depositi e prestiti è una azienda privata di mercato e così pure l’analoga istituzione tedesca, la KfW detenuta al 100 per cento dallo stato, e che quindi cedere asset in capo al Tesoro a queste aziende è privatizzare, significa negare il senso stesso delle parole.
La Bce ha risposto con una prontezza inattesa ai dati più recenti sui prezzi: il brusco calo dell’inflazione (0,7 per cento a ottobre contro l’1,1 per cento di settembre) segnala il pericolo che la zona euro si avvii verso la deflazione: un calo generalizzato dei prezzi che, se dovesse entrare nelle aspettative, potrebbe causare una riduzione dei consumi e aggravare ulteriormente la fase già negativa del ciclo economico. Il taglio di un quarto di punto porta il tasso di policy al minimo storico dello 0.25 per cento.
Il Presidente Letta ha sostenuto che “14 euro non c’è scritto da alcuna parte”. Ipotizziamo che questa affermazione sia riferita alla rimodulazione della detrazione per lavoro dipendente in sede Irpef.
Grazie all’aumento della detrazione per lavoro dipendente, lo sgravio medio per i dipendenti, secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato su lavoce lo scorso venerdì, sarà di 121 euro all’anno, pari a 10 euro mensili. Quindi, se la cifra di 14 euro era riferita all’anno Letta ha ragione, se invece si riferiva al mese ha torto.
Leggo, nell’intervento del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco del 7 ottobre 2013 (alla presentazione del Rapporto Fondazione Rosselli), la seguente frase assolutamente condivisibile: “Spesso le banche italiane, oltre a erogare credito, partecipano direttamente al capitale delle aziende. In alcuni casi il legame partecipativo ha distorto le scelte di erogazione del credito, dando luogo ad atteggiamenti collusivi o finalizzati a ritardare l’emersione di situazioni di difficoltà aziendale.