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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 43 di 87

MA IL LAVORO DEI NOTAI È UTILE PER IL PAESE *

“Quei notai che lavorano gratis per il bene del Paese” di Andrea Zorzi sulla nuova srl per i giovani, è imbarazzante. A parte che lÂ’atto notarile non sarà “apparentemente gratis” ma veramente gratis, la forma libera per costituire una srl, avrebbe smentito i moderni modelli statuali che per proteggere la sicurezza pubblica economica delegano a pubbliche funzioni guardiane nel ruolo di “sensori avanzati” sul territorio, il monitoraggio delle migliaia di operazioni che la pubblica amministrazione non è più in grado di controllare. Vero che la Germania con la riforma delle s.r.l. nel 2008 prevede uno statuto su modulo standard. Ma Zorzi non ricorda che: “Inizialmente si era pensato di eliminare la necessità dell’atto notarile. Ma poi si è deciso di soprassedere data l’importante funzione della consulenza e dell’avvertimento notarili.” (1). Senza controllo pubblico notarile si sarebbe aperta una voragine nel sistema antiriciclaggio: il conservatore del Registro Imprese non ha obblighi di verifica della clientela, né di due diligence su scopo e natura dellÂ’operazione e sul suo profilo di rischio (2). Senza questi controlli svolti dai notai, avremmo affrancato la società semplificata a responsabilità limitata dal sistema antiriciclaggio, varando vascelli fantasma, ottimi per ogni finalità opaca o illecita, vere società off-shore di diritto italiano! E adieu sicurezza pubblica economica, salvaguardia del mercato e tutto ciò che mette a repentaglio valori collettivi di rilevanza pubblicistica, essendo risaputo che questo tipo di società raccoglie ricchezze enormi che sarebbero state rese assai “volatili” e sostanzialmente anonime. Cosa ci sarebbe voluto a usare documenti di un under 35 rubati, o di un morto?
Questa petulante richiesta di abolizione del notariato, tocca il tema delle modalità dell’immissione delle vicende giuridiche nel circuito della legalità economica: l’ordinamento italiano prevede la verifica ex ante per mezzo di una autorità pubblica quale “organo di validazione” terzo e neutro. In termini economici, questo è una completa “infrastruttura di certezza” che consente la libera azione degli interessi delle parti, in un contesto regolato e arbitrato da chi interessi propri non ha.

IL RISCHIO DEGLI ABUSI NEL SISTEMA DI AUTO-CERTIFICAZIONE

La forma autentica è cruciale nel mondo moderno anche ai fini della certezza dell’identità delle parti e della filiera rappresentativa nelle persone giuridiche. Lo dimostra negli USA il boom di truffe, di identity frauds e identity thefts. Un rapporto Fbi (3) parla di una crescita del 71 per cento dal 2008 al 2009 delle frodi, e di prestiti fraudolenti per 14 miliardi di dollari. E’ la dimostrazione che un sistema di auto-certificazione si presta ad abusi, fino a falsificare documenti.
Negli USA si sta sviluppando l’idea che ci debba essere un soggetto terzo e imparziale che certifica chi sia l’utente: un sistema di controlli molto simile a quello notarile italiano. Sta passando quindi anche negli Usa lÂ’idea che nelle “società aperte” siano necessari dei pubblici soggetti intermediari che diano garanzie specifiche e con responsabilità ben determinate. Poter commettere furti di identità è un potente “mantello di anonimato” per criminali e terroristi e un pericolo per la sicurezza nazionale. La Federal Trade Commission (Ftc) nel 2006 stima che 8,3 milioni gli utenti americani (3,7 per cento della popolazione adulta), sono rimasti vittime di furto di identità nel 2005. Questo, a prescindere dal fatto se sia preferibile un ordinamento a matrice legale inquadrata in valori generali di giustizia e di ordine pubblico, che pretende di validare una nuova situazione giuridica, prima che entri nel circuito della legalità con effetto di verità legale verso tutti: un ordinamento che sia “spazio di giustizia” può consentirla solo se supera un preventivo test di legalità, svolto da un organo sovrano di validazione, terzo super partes.

L’AFFIDABILITÀ DEL SISTEMA NOTARILE

Andiamo pure ai luoghi comuni sul notaio. Chi dice di non aver bisogno che qualcuno gli dica che lui è lui, dice un’ovvietà, che capirà quando qualcun altro gli ruberà la casa perché nessuno verificava chi fosse. In Italia questo problema sociale è inesistente. Si chieda a un italiano se è sicuro di essere proprietario di casa sua; risponderà di sì perché possiede il rogito. La risposta sarà la stessa se si chiede ad un italiano se ha timore che qualcuno usi il suo nome per ipotecargli casa per prendersi un mutuo e sparire lasciandogli il debito. Ma il rogito non è un prodotto naturale del mercato, che non lo produce affatto, perché anzi produce i fallimenti allÂ’americana (subprime; esecuzioni immobiliari sospese in 23 stati per l’incertezza sui  proprietari e per un’infinità di frodi anche da parte delle banche che firmavano per conto dei clienti con il pantografo c.d. robo-signing). Il sistema notarile della certezza della titolarità dei beni e della loro circolazione è, in Italia, così affidabile, da far sembrare che esso sia nella natura delle cose, mentre è il frutto di un fortunato equilibrio sostenuto dal sapiente modello legale infrastrutturale fra notai e pubblici registri.
Maggiore è la certezza giuridica, più sono tutelati i rapporti economici e la sostenibilità sociale. Perciò, se si guarda all’intero arco di vita di un rapporto giuridico, e non solo all’istante della firma davanti rogito, il costo del controllo notarile preventivo di legalità sostanziale è efficiente, perché è minore della spesa a posteriori per ricostruire altrimenti la certezza del diritto. Invece, vedo solo luoghi comuni, e mai la seria analisi costi/benefici di un modello alternativo al notariato. Forse perché i servizi legali di certezza del diritto fanno gola a certe strutture di stampo anglosassone; o perché un mercato ormai compulsivo deve sbarazzarsi della dellÂ’infrastruttura di civica sussidiarietà che da secoli ha il compito sociale di riempire con i propri saperi gli spazi di protezione dei cittadini, altrimenti soli alla mercè dei poteri “forti”. Il pubblico guardiano non è fattore di distorsione del mercato, ma garante del level playing field della concorrenza. Allora, vogliamo cominciare ad affrontare seriamente la questione, almeno?

* Di Cesare Licini, notaio

(1) Il Sole 24 ORE , 1 ottobre 2008
(2)
C.2 dellÂ’art. 10, D.Lgs n. 231/2007
(3)
Mortgage Fraud Report 2009

LA FUNZIONE DEL NOTAIO IN MATERIA SOCIETARIA

La lettera del notaio Licini è soprattutto una violenta invettiva diretta non al mio articolo, ma a chi vorrebbe abolire il notariato, tra i quali non mi iscrivo. Invito i lettori a vedere, oltre alla nota 1 dell’articolo, la mia Risposta ai commenti, in cui esprimo il convincimento della perdurante utilità del notariato nell’ambito della circolazione della proprietà immobiliare.  Non ho nulla da dire sulle frodi immobiliari americane, posto che – appunto – riguardano immobili, non società.
Ho anche già chiarito che ritengo essenziale identificare univocamente fondatori e amministratori delle società (ciò accade, peraltro, anche in legislazioni considerate “lassiste” come quella inglese). Ma non mi sembra necessario che questo ruolo sia svolto solo dal notaio.
Mi sembra invece che proprio i notai stessi, ormai, vedano la loro utilità in campo societario pressoché soltanto in funzione antiriciclaggio. La loro funzione tipica e tradizionale in ambito societario, ovvero quella della verifica della compatibilità tra le opzioni delle parti in ordine al contenuto dello statuto e il “tipo” (ovvero lo schema astratto) disegnato della legge (il controllo, cioè, che ha preso il posto della “omologazione” giudiziaria), invece, è decisamente passata in secondo piano. Faccio presente che in nessun commento, né in questo, né nei precedenti fatti su lavoce.info o in altri siti nei quali l’articolo è stato “postato”, si è sostenuta l’essenzialità di questa funzione.
Può darsi che l’antiriciclaggio sia la nuova frontiera del notariato. Ma continuo a non vedere l’utilità  di costringere senza eccezione gli operatori economici a rivolgersi a uno specifico professionista perché questi svolga la (sola?) funzione di identificazione dei contraenti e segnalazione di operazioni sospette. Se davvero lo Stato desidera delegare alcune funzioni di polizia ai notai, almeno si potrebbero selezionare le tipologie di operazioni da sottoporre al vaglio notarile. Inoltre, poiché queste funzioni sono svolte anche da molti altri soggetti (banche, intermediari finanziari, avvocati, commercialisti, ecc.), allora – se fosse questo il proprium della funzione notarile in materia societaria – allora tutti questi dovrebbero poter svolgere gli stessi compiti che oggi spettano ai notai in materia societaria.
Per una s.r.l. di persone fisiche italiane residenti in Italia continuo a credere che l’identificazione da parte del funzionario preposto al registro delle imprese sia sufficiente (e se poi hanno i documenti falsi, rubati, o di un morto, se ne occuperà la polizia).

PROFESSIONISTI, FIGLI DI TANTO PADRE

Perché riformare gli ordini professionali è così difficile in Italia? Perché le professioni si tramandano di padre in figlio? Con quali svantaggi per i consumatori? A queste domande risponde il libro di Michele Pellizzari e Jacopo Orsini “Dinastie d’Italia. Gli ordini tutelano davvero i consumatori?” (Università Bocconi Editore, 160 pag., 18 euro). Invece di garantire qualità e trasparenza ai consumatori, gli ordini si sono trasformati in corporazioni al servizio degli associati. E le connessioni familiari che facilitano l’accesso alla professione rivelano il diffuso nepotismo. Anticipiamo alcuni brani del libro.

A2a, PIÙ CHE IL DOLOR POTé IL DIGIUNO

Simili al Conte Ugolino, gli azionisti di a2a (i comuni di Milano e di Brescia) si buttano sulla loro impresa in pessime condizioni finanziarie e la spolpano per saziare la loro fame.
La notizia è di quelle curiose. Abbiamo un’impresa quotata in borsa (a2a, una delle maggiori multi-utility italiane), che presenta i conti per il 2011, conti caratterizzati da un utile netto negativo per 420 milioni. Questo risultato è  dovuto a 168 milioni di utile sulla gestione ordinaria, vanificati purtroppo da oltre 600 milioni di svalutazioni, soprattutto legate alla chiusura della pessima operazione Edison (conclusasi infatti con una minusvalenza) e allo sventurato investimento in Montenegro (che continua a generare perdite). A fronte di queste perdite cosa fanno gli azionisti di controllo (i comuni)? Deliberano di distribuire dividendi.
Si ricordi – ma i nostri lettori questo ben lo sanno – che i dividendi rappresentano quote di utile che, invece di essere reinvestite, vengono distribuite agli azionisti come parziale remunerazione del loro investimento. “Quote di utile”, non di perdite…  E invece gli azionisti constatano le perdite, e distribuiscono dividendi che non sono bruscolini, parliamo di circa 40 milioni di euro.
Per certi versi li capisco, intendiamoci. I bilanci dei comuni/azionisti, soprattutto per il comune di Milano, versano in uno stato anche peggiore di quello di a2a, così che spolpare lÂ’impresa delle sue risorse è uno dei pochi modi per tenere a galla i bilanci comunali. Ma questo comportamento impoverisce lÂ’impresa, ne diminuisce le capacità di investire, ne compromette la capacità di finanziarsi (se questo è il modo in cui gli azionisti tengono allÂ’impresa, cosa potranno pensarne i mercati?)  Si noti in particolare che a2a è molto presente in settori che hanno un bisogno disperato di investimenti (servizio idrico, rifiuti….) così che i comuni sicuramente rallentano processi di investimento dei quali il territorio ha bisogno. Si chiama depauperamento del patrimonio pubblico.
Il difetto sta nel manico. Mi ricorda qualche impresa ormai defunta nella quale il titolare ha passato la mano ai suoi numerosi eredi, i quali usano lÂ’impresa di famiglia per sostenere il loro tenore di vita. Se un azionista non ha soldi, e se utilizza lÂ’impresa per finanziare le sue spese correnti, siamo allÂ’inizio della fine.

UNA RAI SENZA STRATEGIE

Si torna a parlare di Rai. Ma per mettere mano al coacervo di problemi della televisione pubblica non basta cambiare il sistema di nomina degli amministratori. Da tempo la Rai è un’azienda paralizzata dai veti incrociati, bloccata dalle incertezze strategiche, dove ogni decisione importante viene rinviata. Mentre i cambiamenti intervenuti nel mercato televisivo richiederebbero scelte che investono il modello di servizio pubblico e sono spesso alternative tra loro. Da prendere sulla base di un orientamento chiaro dell’azionista di riferimento.

QUEI NOTAI CHE LAVORANO GRATIS PER IL BENE DEL PAESE

Nel decreto liberalizzazioni la vera novità in materia di srl non era il capitale da un euro, quanto la possibilità di costituire la società per scrittura privata, senza intervento del notaio. Gli emendamenti introdotti in sede di conversione ristabiliscono il controllo notarile, prevedendo però che il notaio debba lavorare (quasi) gratis. Un singolare caso di imposizione di oneri in natura a carico di una intera categoria professionale. Che ne è felice, perché avrà modo di rifarsi su altri clienti obbligati a pagare per un servizio costoso e poco utile.

IL PESO DELLE COMMISSIONI SU PMI E FAMIGLIE

Forse, la proposta di vietare per legge l’applicazione delle commissioni bancarie è eccessiva. Ma negli ultimi mesi il 75 per cento delle Pmi italiane ha registrato un incremento dei tassi d’interesse, mentre per quasi il 65 per cento sono aumentate le commissioni bancarie applicate sui finanziamenti. Per quanto riguarda le famiglie, dal 2010 sono pressoché raddoppiate le commissioni bancarie applicate sui mutui immobiliari. Stesso discorso si può fare per il credito al consumo. E sono costi che crescono più in Italia che negli altri paesi europei.

RC AUTO: LA LIBERALIZZAZIONE QUI NON C’È

Inevitabile che il decreto “cresci Italia” si occupi delle assicurazioni auto, un settore caratterizzato ormai da anni da ingiustificati aumenti dei premi. Ma chi si aspettava interventi per accrescere la concorrenza, è rimasto deluso: quattro articoli su cinque colpiscono i comportamenti fraudolenti degli assicurati. Per avere più concorrenza, bisognerebbe agire sull’offerta e non sulla domanda. Cercando di favorire la nascita di agenzie plurimandatarie. Auspicabile anche una riforma dell’Autorità di vigilanza.

I MINI CAMBIAMENTI NELLE PROFESSIONI

I provvedimenti sui servizi professionali erano piuttosto deboli nel testo originale del decreto “cresci Italia” e non cambiano molto dopo il passaggio al Senato. Resta l’abolizione delle tariffe minime, ma gli ordini sembrano aver già trovato un grimaldello per aggirarla. Cancellato invece l’obbligo di fornire un preventivo al cliente. Il concorso notarile è previsto con cadenza annuale, ma senza indicazione del numero di posti da mettere a bando. Per rendere il sistema più concorrenziale, bisogna però cambiare gli ordini. E gli esami di abilitazione alla professione.

TRA LIBERALIZZAZIONI (PARZIALI) E DIRIGISMO

Il decreto “cresci Italia” doveva essere rafforzato nel passaggio parlamentare, estendendo e approfondendo le liberalizzazioni in modo da irrobustire gli effetti di sinergia tra le varie misure e dare così  un contributo sostanziale alla crescita dell’Italia. Stabilendo tempi brevi per la separazione fra Eni e Snam, cambiando la governance degli ordini professionali (separando il sindacato degli iscritti dalla tutela dei consumatori), intervenendo con più decisione su ferrovie, porti e aeroporti, nonché sulle banche e le assicurazioni con stimoli alla concorrenza anziché interventi dirigistici (come il divieto della discriminazione di prezzo o i conti correnti gratuiti per i pensionati). Ancora, bisognava togliere l’esclusiva alle farmacie nella vendita dei farmaci tipo C e abolire del tutto i vincoli al numero di farmacie e di notai. Ma forse era difficile aspettarsi che un parlamento con 341 fra avvocati, medici, ingegneri, commercialisti, architetti, notai, giornalisti e farmacisti (più di un terzo del numero totale di deputati e senatori) avrebbe liberalizzato di più del decreto.
C’è stata invece la diluizione del provvedimento: a leggere il testo del Maxi-emendamento presentato ieri e su cui il governo chiederà la fiducia al Senato, la X Commissione ha imposto alcune marce indietro significative. Il fatto più grave è la data fissata per la separazione fra Eni e Snam: settembre 2013, quando questo Governo non ci sarà più. Sappiamo bene che i provvedimenti lasciati a metà fra due legislature finiscono quasi sempre nel nulla. Perché non fissare allora come data limite il marzo 2013 che avrebbe comunque dato tempo sufficiente per completare l’operazione? Le altre diluizioni sono meno gravi. È stato varato l’incremento nel numero di farmacie ma in misura minore di quanto previsto dal decreto originario del governo, tolto l’obbligo di preventivo per gli avvocati e lasciato che siano i Comuni a decidere sul numero di licenze di taxi (previo parere, non vincolante, della nuova Autorità dei trasporti).  Sulle banche si rafforza ancora di più il dirigismo, abolendo qualsiasi commissione per la pratica del credito. La ratio è che, dato che ci sono tetti sui tassi di interesse, si vuole evitare che le banche per rifarsi aumentino le commissioni. Ma in questo modo si rischia solo di restringere ancora di più l’accesso al credito in un momento in cui il credit squeeze è marcato. Siamo all’antitesi delle liberalizzazioni. Di questo passo dovremmo tornare alle Bin, banche di interesse nazionale. La vera novità positiva è la decisione di istituire subito l’Autorità sui Trasporti (non rinviando a un futuro disegno di legge) e anzi di renderla operativa in breve tempo. Da essa ci si attende una regolazione più razionale e nuova propulsione alla concorrenza in un settore che ne ha molto bisogno.

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