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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 57 di 86

LA REPLICA DI BOITANI E SCARPA A FS

Federico Fabretti ha deciso di inviare a lavoce.info la sua lunghissima replica a un breve articolo pubblicato quasi un mese fa. La stessa prolissa missiva era stata inviata anche a Finanza & Mercati (3 giugno), che il 19 maggio aveva ripreso l’articolo che tanto dispiace a Fabretti. Qui di seguito, i lettori potranno trovare la nostra risposta, già pubblicata su Finanza & Mercati del 5 giugno.
Omettiamo di rispondere “a tono” e con la stessa estensione per non annoiare i suoi lettori. Ci limitiamo a osservare che, poiché il presidente dellÂ’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, Catricalà (1), dice sostanzialmente quanto diciamo noi – anche se in modo assai più articolato, data la natura del documento della Autorità – immaginiamo ci troveremo querelati al suo fianco.
I dettagli si possono trovare nel documento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, disponibili sul sito della stessa Autorità. In realtà, su certe cose l’Antitrust è stata assai più pesante di noi, anche perché il nostro intento non era certo di scrivere un atto di accusa complessivo a FS, ma di lamentarne alcuni specifici aspetti della comunicazione. Comunicazione che – detto per inciso – abbiamo letto su una intera pagina dedicata su un noto foglio della free press nazionale, che a quanto ci consta vive dei contributi dei suoi inserzionisti; a noi non pare che questi quotidiani siano da annoverare tra i “i media istituzionali” del gruppo FS.
Sulle gare, l’Autorità antitrust dice che il provvedimento da noi stessi richiamato finisce per “sottrarre ad ogni confronto concorrenziale il settore, ben oltre la data limite del 31 dicembre 2010 prevista dalla riforma dei servizi pubblici locali, di fatto almeno fino al 2015 – se non al 2021”, che è esattamente quanto dicevamo noi. Le ragioni per le quali finora le gare sono state poco efficaci sono ampiamente spiegate nello stesso documento, nel quale si chiede poi che venga riveduta la recente normativa approvata dal Senato e ora in discussione alla Camera, perché minaccia di rendere di fatto impossibile lÂ’adozione delle gare da parte delle regioni. Strano che FS – a suo dire tanto impegnata a favore del processo di liberalizzazione ferroviaria – non si lamenti pubblicamente per norme che, secondo lÂ’antitrust, minacciano seriamente di far scomparire la già pallida concorrenza nel settore.
Quanto al denaro pubblico versato a FS, ci limitiamo a sottolineare come il documento dell’Antitrust lamenti che questo denaro pubblico viene pagato a FS a fronte di servizi mal (o mai) definiti, tanto che non si escludono sussidi incrociati (“il riconoscimento di corrispettivi a fronte di una mancata individuazione del confine fra lÂ’ambito di mercato e quello del servizio universale … non esclude in linea di principio che Trenitalia possa trascinare parte dei sussidi a suo vantaggio nel mercato concorrenziale”). Allora, paghiamo questi soldi a FS come “contributi” o come “corrispettivi”? Come si vede, anche secondo l’antitrust il confine è assai labile. E comunque si tratta sempre di denaro pubblico che viene dato a FS, e dubitiamo che ai contribuenti italiani faccia una gran differenza che li si chiami “contributi” o che li si chiami “corrispettivi”. Tanto più che, in assenza di meccanismi competitivi di affidamento, nessuno sa se quei “corrispettivi” siano i minimi possibili, dato il servizio prestato. Allo stesso modo, la distinzione tra conferimenti di capitale e contributi in conto impianti (tanto cara al nostro interlocutore) è interessante dal punto di vista contabile (con evidenti riflessi sugli ammortamenti) ma poco cambia: è altro denaro pubblico che fluisce nelle casse di FS.
La cosa che veramente fatichiamo a capire è per quale ragione gli esponenti di FS si adombrino se qualcuno lo rileva. Non è colpa di FS se lo Stato e le regioni decidono di porre a carico dei contribuenti una parte del costo del servizio. È una decisione politica, non è di FS, e – detto per inciso – ci pare anche una decisione opportuna, che difendiamo. E che difenderemmo ancora di più se i soldi venissero dati, in modo trasparente, a chi ha vinto una gara realmente competitiva. Ma perché scrivere che FS non grava più sui contribuenti, se così non è?
Infine, sempre il documento dell’Autorità antitrust sottolinea ripetutamente come FS operi in un campo in cui le regole non sono bene definite, in cui non si capisce quale sia l’ambito del mercato e quello del servizio universale, e che – nelle more di tale definizione – tenga comportamenti che l’Autorità antitrust teme interferiscano con la concorrenza, danneggino i consumatori, coprano inefficienze. Ovvero, ci dice l’antitrust, abbiamo un pezzo dell’amministrazione pubblica (organizzato in forma di SpA controllata dallo Stato al 100%, e quindi da considerarsi un pezzo dell’amministrazione pubblica ai sensi di diverse Direttive Comunitarie) che opera senza chiare regole e senza che si sappia dove e se i soldi pubblici finanziano attività di servizio pubblico o attività “in concorrenza”. Difficile pensare a una definizione migliore di “Stato nello Stato”…
Il fatto che poi l’Autorità antitrust esprima anche timori che il comportamento di FS in realtà danneggi in vari modi la collettività aggiunge solo ulteriori preoccupazioni. Alla quale speriamo che FS vorrà rispondere con i fatti.
Per conto nostro, poiché FS è una impresa al 100% dello Stato e che gestisce miliardi di denaro pubblico, crediamo di avere il diritto, ma anche il dovere, di continuare a pretendere comportamenti e comunicazioni al pubblico che siano rispettose del denaro che i cittadini mettono in questa impresa.

(1) Segnalazione AS528 del 1 giugno 2009

 

STOCCAGGIO DEL GAS: QUI LA CONCORRENZA NON E’ DI CASA

Dopo la liberalizzazione, regole stabilite da Aeeg garantiscono l’accesso allo stoccaggio alle imprese che vendono gas. Ma la burocrazia blocca i nuovi concessionari. Le riserve disponibili sono perciò insufficienti, mentre lo stoccaggio continua a essere monopolizzato di fatto da una controllata di Eni. Si potrebbe ricorrere al razionamento mediante asta. Permetterebbe una redistribuzione a favore dei concorrenti di Eni, purché si pongano limiti alla quantità massima di stoccaggio per singolo operatore. Un intervento necessario anche per l’avvio di una borsa del gas.

MARCHIONNE E LE AUTO BLU

Il progetto di Fiat su Opel è più delicato di quello su Chrysler. Il momento è già bruttissimo. E nel breve periodo è ragionevole pensare che la fusione aumenterebbe la disoccupazione. Ma nel lungo periodo, se tutto funziona, sarebbe un bene anche per i lavoratori. E’ poi curioso che queste imprese vengano vendute da governi che non le possiedono. Mentre lo Stato italiano, che tanti aiuti ha garantito in passato a Fiat, oggi sta a guardare. Ma forse è meglio così.

FS: QUI L’INFORMAZIONE DERAGLIA

La campagna di comunicazione di Fs racconta che oggi le “Ferrovie dello Stato oggi non gravano più sulla collettività”. La verità è che Fs resta l’ultimo monopolista non regolato. Dal 2000 in media ha ricevuto in conto corrente circa 3 miliardi di euro all’anno da Stato e Regioni. Oltre naturalmente ai contributi in conto capitale per la realizzazione della rete ad alta velocità. Quanto ai biglietti low cost, si tratta di una vera presa in giro. L’aumento dei prezzi non serve a coprire costi che sono comunque dello Stato. Serve solo a far quadrare un bilancio.

SE 50 ANNI DI COPYRIGHT VI SEMBRAN POCHI

La Commissione Europea dovrà presto esaminare un testo di direttiva che allunga da cinquanta a novantacinque anni i diritti d’autore di musicisti e case discografiche. Non è una buona idea. In primo luogo perché a beneficiarne sarebbero la majors della musica e non gli artisti. E non ha neanche giustificazioni economiche: in altri settori, come il farmaceutico, dove gli investimenti sono ben più rilevanti, il copyright è inferiore ai venti anni. Oltretutto, così facendo si rinuncia a esplorare le nuove opportunità e i nuovi modelli economici offerti dal digitale.

UN ANNO DI GOVERNO: PRIVATIZZAZIONI

 

I PROVVEDIMENTI

Privatizzazioni? Argomento fuori moda un po’ in tutto il mondo, in questo periodo, e l’Italia non fa eccezione.
L’unica operazione "rilevante" è quella di Alitalia. È vera privatizzazione? In un certo senso, no; l’impresa è fallita, non è stata venduta. In un altro senso, sì; alcuni asset di Alitalia sono infatti passati dallo Stato (attraverso il commissario straordinario Augusto Fantozzi) ai privati. Lo Stato ha incassato 1,05 miliardi di euro per cedere (omettiamo i dettagli e gli oggetti di minore importanza) 64 aeromobili, tutti i diritti di atterraggio e decollo e il marchio. Purtroppo il saldo è negativo, stante una massa debitoria, tuttora a carico dello Stato, molto superiore a quanto incassato.

GLI EFFETTI

La situazione della "Nuova Alitalia – Cai" è ancora in divenire. Nata come cordata italiana, AirFrance ha ora una quota che quasi le garantisce il controllo. I conti faticano a quadrare, ma anche questo non sorprende considerato il momento di mercato. Anche le lamentele per la qualità del servizio segnano una certa continuità con il passato.
Decollata in mezzo alla più profonda crisi dell’economia occidentale da 70 anni a questa parte, e con una nuova concorrenza da parte delle Fs, questa nuova impresa aspetta la ripresa dell’economia e dei traffici aerei.
I commenti sulla vicenda sono stati tanti e non possiamo che rinviare a quanto già scritto su questo sito.
Si noti che la compensazione di obbligazionisti e azionisti è ancora una partita aperta. È evidente che entrambe le categorie perderanno una parte rilevante di quanto investito, ma il quantum è ancora in fase di definizione.

OCCASIONI MANCATE

Quanto ad altre possibili privatizzazioni, resta aperta la questione di Tirrenia, per la quale a novembre si era cercato di passare alle Regioni interessate le diverse società del gruppo: Caremar alla Campania, Toremar alla Toscana, eccetera. Ma la situazione di Tirrenia è tale che, nonostante l’offerta fosse a titolo gratuito, nessuna Regione ha "abboccato" e la società resta ancora in mano dello Stato.
Nel frattempo, a quanto pare, la Commissione parlamentare ha confermato che "gran parte dell’attività della società Tirrenia di navigazione spa può essere svolta come libera attività imprenditoriale, secondo condizioni di mercato" e che "le sovvenzioni a carico del bilancio dello Stato rappresentano una quota rilevante delle entrate del gruppo Tirrenia e i costi operativi risultano mediamente più elevati rispetto a quelli delle società private del settore".
In attesa che si capisca come conciliare il necessario miglioramento dell’efficienza con il desiderio (che trapela sistematicamente) di non scontentare troppo i lavoratori, la privatizzazione resta nell’agenda, ma in concreto ancora nulla è successo.
Il Dpef 2009-2013 aveva poi preannunciato altre cessioni, dalle Poste alla Zecca a Fincantieri. Dato il momento dei mercati finanziari, vendere oggi significherebbe faticare a trovare un acquirente e verosimilmente accettare prezzi ridicolmente bassi. Quando sarà passata la tempesta, si vedranno le vere intenzioni del governo che oggi – qualunque esse fossero – non hanno potuto trovare attuazione.

PERCHÉ ALL’ORDINE NON PIACE LA CONCORRENZA

A più di due anni dal decreto Bersani, i servizi professionali appaiono ancora assai poco concorrenziali. La riforma è stata sostanzialmente annullata dall’azione degli ordini, che hanno utilizzato i codici deontologici per ridurre al minimo i cambiamenti, soprattutto sulla disciplina delle tariffe e la pubblicità. Ma mettere all’indice i minimi tariffari ha un valore più simbolico che di sostanza. In ambito legale, la regola da smantellare è quella che determina l’onorario degli avvocati secondo il numero degli atti svolti. Per passare alla parcella a forfait.

SI FA PRESTO A DIRE AMERICA

L’accordo di Fiat con Chrysler non è privo di rischi, ma si inserisce in un piano coerente di sviluppo di lungo periodo, in una fase di profonda ristrutturazione del settore. Se funziona, permetterà alle due imprese di sfruttare le economie di scala di R&S e di condividere le reti distributive. Se non funziona, i costi per la casa italiana saranno limitati, a patto che la partnership non duri a lungo. Ma per Fiat rappresenta solo un passo, seppur importante, del processo di riposizionamento. Che richiederà altri capitali, finanziari e manageriali.

UNA NUOVA FRONTIERA TRA STATO E MERCATO

Obama ha annunciato che non lascerà fallire Gm e Chrysler. Ma il salvataggio non è senza condizioni, anche se negli Usa resta forte l’avversione verso la gestione pubblica delle imprese. Diversa la situazione in Europa, dove i cittadini sono più abituati a un intervento statale nella sfera economica. Per questo sarebbe opportuno indicare limiti temporali precisi alla partecipazione pubblica nelle aziende in difficoltà. Perché sarebbe una vera beffa se il lascito più duraturo della crisi fosse il ritorno al vecchio capitalismo di Stato.

QUANDO IL PROTEZIONISMO E’ LEGITTIMO

A parole, i leader mondiali sono contro il protezionismo, memori dei danni che ha causato all’epoca della grande depressione. Tanto che dal secondo dopoguerra una serie di accordi internazionali pone precisi vincoli alla libertà dell’esercizio della politica commerciale degli Stati. Esistono però numerosi strumenti legittimi di protezione. Delle contraddizioni tra interessi nazionali e internazionalizzazione si parlerà a Trento nell’ambito del quarto Festival dell’Economia in programma dal 29 maggio al 1° giugno dedicato al tema “Identità e crisi globale”.

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