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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 70 di 82

La faticosa riforma dei servizi idrici

Il servizio idrico integrato su area larga promette più efficienza e più equità, perché permette di sfruttare le economie di scala e tende verso una tariffa uniforme all’interno dell’ambito territoriale ottimale. Restano da superare però alcune difficoltà. In particolare, preoccupano le recenti fusioni tra aziende multi-servizio. Il problema sta nell’incoerenza tra l’idea del legislatore, che porta al superamento dei confini comunali e al passaggio di poteri da ciascun comune a un’entità superiore, e la permanenza dei singoli comuni come attori del processo.

Patti chiari, ma senza collusione

L’iniziativa di un consorzio di banche permette di confrontare i costi dei conti correnti. Senz’altro un vantaggio per i consumatori. Ma rendere pubblici i prezzi offerti può aiutare le imprese a verificare il rispetto di eventuali accordi collusivi, consentendo immediate ritorsioni verso chi pratichi sconti rispetto al prezzo di cartello. E dunque questa “operazione trasparenza” potrebbe finire con il favorire la collusione invece di stimolare la concorrenza. Soprattutto nel caso delle banche italiane, che non si sono certo distinte per attitudine a competere.

Il manifatturiero di Fazio

La strategia di Banca d’Italia è assicurare la stabilità del sistema bancario nazionale anche per consentire all’industria italiana di affrontare le crisi in cui si trova periodicamente coinvolta. Ma, a giudicare dai risultati di competitività e produttività del manifatturiero, il supporto dato finora non basta più, perchè quella attuale è soprattutto una crisi di efficienza produttiva. Le aziende manifatturiere italiane hanno bisogno di finanziamenti finalizzati a facilitare le necessarie ristrutturazioni, per crescere e per internazionalizzarsi.

Ci vuole un’Autorità europea

Le battaglie societarie sulle banche italiane dimostrano che una buona regolamentazione è fondamentale per il corretto funzionamento dei mercati e la tutela della stabilità degli intermediari. Ma è altrettanto importante avere “buone” Autorità che applichino quelle regole con efficienza e imparzialità. E in un mercato finanziario denominato in un’unica valuta, per una disciplina uniforme e libera da condizionamenti nazionali, sarebbe opportuna la centralizzazione delle competenze di vigilanza in una Autorità europea, “costruita” sull’esempio della Bce.

Al privato non si addice l’elettricità

La proprietà di Edison pare che sarà divisa tra Aem Milano e la francese Edf. Tramonta così la stagione dell’imprenditoria privata italiana nell’elettricità. In questo settore, vitale per l’economia moderna, abbiamo molto denaro pubblico, molto denaro estero e poche aziende. L’operazione, poi, consente al monopolista pubblico francese di controllare Edison in cambio di un doppio vantaggio per Enel: l’ingresso sul mercato francese e la partecipazione a un importante progetto di ricerca sul nucleare. Ma non ne trae guadagno la concorrenza. Né, probabilmente, il sistema paese.

Lo spettro di Bolkestein s’aggira per l’Europa

Il commercio di servizi nella Ue è frenato sia dal livello delle regolazioni nazionali che dalla loro eterogeneità. Ma l’assenza di un mercato integrato dei servizi è uno dei maggiori ostacoli alla crescita. E un grave danno per i cittadini europei perché il settore dei servizi è il principale, se non l’unico, fattore di crescita economica e occupazionale nei paesi avanzati. La sempre più diffusa opposizione alla “direttiva Bolkestein” si spiega solo con la scarsa lungimiranza dei governanti nell’avviare le riforme necessarie per uscire dalla stagnazione.

I rischi dell’eccessiva tutela

L’investitore non professionale deve ricevere sempre una informazione adeguata al tipo di rischio connesso ai diversi titoli e per lui comprensibile. E il disegno di legge approvato alla Camera la assicura. Ma c’è anche il pericolo di rendere l’emissione di obbligazioni ad alto rischio troppo costosa o impossibile. E’ un errore perché i titoli “spazzatura” svolgono una funzione utile sui mercati finanziari, come insegna l’esperienza di quelli più avanzati. Impedirne l’emissione dall’Italia servirebbe solo ad accentuare lo svantaggio competitivo dei nostri mercati.

Il fantasma del cda

Pur tra innegabili contraddizioni, il disegno di legge sulla tutela del risparmio ha il merito di introdurre alcune importanti novità nella corporate governance delle società quotate. La più coraggiosa è l’introduzione della figura dell’amministratore di minoranza. Una scelta che ha subito risvegliato l’antico timore sui pericoli di una degenerazione dei conflitti societari che potrebbe derivare da un eccessivo spazio riconosciuto alle minoranze. Al contrario, potrebbe invece incoraggiare gli investitori istituzionali a organizzarsi e essere presenti nei consigli.

Il gatto del protezionismo si morde la coda

Le misure invocate in difesa del made in Italy sono miopi e non tengono conto delle caratteristiche del processo di integrazione delle nostre imprese nel mercato internazionale. Il protezionismo non crea quasi mai le condizioni per il proprio superamento. E’ sbagliato condizionare gli incentivi al mantenimento di una quota “sostanziale” di attività in Italia. Perché la delocalizzazione ha fornito alle aziende più dinamiche un importantissimo vantaggio competitivo. Invece di favorire questo processo, lo seppelliamo di vincoli e ne aumentiamo i costi.

L’Italia che ignora le norme

Il dibattito sui dazi contro le importazioni di prodotti cinesi mostra che in Italia c’è scarsa conoscenza delle norme sul commercio internazionale. Per esempio, non a tutti è chiaro che la competenza legislativa sulla politica commerciale non spetta ai singoli paesi, ma alla Comunità europea. Che a sua volta deve rispettare gli accordi Wto. Anche per questo si fa fatica a capire che tutte le strategie commerciali devono confrontarsi con un sistema internazionale improntato su regole precise e condivise da gran parte degli Stati della comunità internazionale.

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