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Categoria: Concorrenza e mercati Pagina 80 di 82

Ide, molto rumore per quasi nulla

Investimenti diretti esteri e rapporto tra multinazionali e Paesi ospiti sono fra i temi in discussione a Cancun. Un accordo efficace dovrebbe prevedere un aumento della trasparenza delle regole come tetti per gli incentivi. E per le grandi imprese una maggiore tutela, ma anche codici di comportamento. La proposta europea lascia invece ampi margini di discrezionalità. Perché forse il vero obiettivo dei Paesi ricchi è distogliere l’attenzione da problemi per loro più spinosi.

Tre regole per non interrompere le emozioni

La pubblicità inserita nei film che passano in Tv è un prezzo da pagare. Ma è un prezzo che il consumatore-spettatore non conosce in anticipo e varia con il progredire della visione: più basso all’inizio per aumentare notevolmente verso la fine. Le emittenti dovrebbero perciò essere obbligate a annunciare il tempo totale di spot pubblicitari previsti e a distribuirli in modo uniforme. E per tutelare i titoli d’autore, divieto di pubblicità nell’ultimo 20 per cento di trasmissione.

Il digitale italiano, una rivoluzione a metà

La Legge Gasparri realizza una transizione a metà perché affida il controllo del processo di trasformazione da analogico a digitale ai due duopolisti, Rai e Mediaset, e consente loro di acquisire una posizione dominante nella fase di avvio. Non garantisce la convergenza al piano digitale elaborato dall’Authority, non moltiplica i programmi a disposizione degli utenti, marginalizza i broadcaster analogici nazionali e locali e lascia invariato lo squilibrio nella distribuzione delle frequenze.

La calda estate del protezionismo

È stato rilanciato dal ministro Tremonti che invoca “spirito pratico” in tema di commercio internazionale. Ma gli effetti del protezionismo sono noti a tutti: si sussidia l’industria di una nazione e se ne tassano i consumatori. Invece, il nostro sistema industriale dovrebbe liberarsi dai sussidi e non cercarne di nuovi. Quanto alla competitività dei prodotti cinesi, non è dovuta ai bassi salari dei lavoratori, ma alla ricchissima cultura industriale che pervade il Paese asiatico.

Quel silenzio assordante sulle liberalizzazioni

Perché le parole “privatizzazione” e “liberalizzazione” sono bandite dal Documento di programmazione economico-finanziaria? L’assenza di linee guida su questi argomenti è stupefacente. Se non un governo di centro-destra chi dovrebbe compiere significativi passi avanti nell’affidarsi maggiormente al mercato, liberalizzando e privatizzando?

Per un Codice delle comunicazioni

Occorre autoregolazione ex-ante e controllo antitrust ex-post degli operatori con posizione dominante nel settore delle telecomunicazioni. Le osservazioni inviate in materia al Parlamento da Assonime propongono una forma di regolazione “leggera” in cui forme di autoregolazione degli operatori dominanti possono anticipare un intervento regolatorio d’autorità.

Una semplice regola da copiare

Sulla scia del caso Cirio, sarà forse rivista la normativa sulle obbligazioni emesse da società. Per tutelare i singoli risparmiatori basterebbe riprendere lo spirito dell’americana “rule 144”. Impone agli investitori professionali di non cedere i bond acquistati su mercati non regolamentati almeno per un anno: un forte incentivo a valutare con rigore il merito di credito da assegnare all’emittente e evitare i titoli più rischiosi.

Il declino italiano e le “colpe” dei cinesi

Il ministro Tremonti ha individuato nella “apertura troppo violenta dei mercati” a Paesi come la Cina la causa del declino economico italiano. Ma le ragioni del declino sono piuttosto addebitabili ai mancati investimenti in infrastrutture, nella ricerca, nei sistemi formativi, nelle grandi reti di servizio. Con i risultati che vediamo. Insomma i cinesi non devono servire a coprire responsibilità politiche.

Attenzione al protezionismo USA-UE

Stati Uniti ed Europa hanno la principale responsabilità nell’assicurare che il sistema multilaterale degli scambi sia sempre più aperto ed efficiente. Per questo devono evitare nuove possibili spinte protezionistiche che rischiano di compromettere la ripresa commerciale e la crescita mondiale.

Vendita SME: il prezzo era giusto?

Riproponiamo ai nostri lettori lo studio ripreso dall’Economist del 31 luglio. Trae spunto dal fatto che oggi si confronta spesso l’offerta di De Benedetti a Prodi per l’acquisto della Sme nel 1985 e il ricavato dalla vendita tra 1993 e 1996, raffrontando cifre molto lontane nel tempo e tra loro non comparabili, a meno di non attualizzarle in modo adeguato

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